Doveva essere l’ultimo punto della riforma e invece l’articolo 18 è l’elemento regolatore dell’iniziativa del governo. Ecco quindi che abbiamo selezionato 18 domande che aiutano a spiegare le modifiche in programma.
1. È vero che l’articolo 18 varrà per tutti?
Il governo dice che è esteso anche alle aziende con meno di 15 dipendenti la regolamentazione del cosiddetto licenziamento discriminatorio per “discriminazione sindacale, politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap, di età o basata sull’orientamento sessuale”. In questi casi il licenziamento è nullo, cioè è come se non fosse mai esistito e, in forza dell’articolo 18, si viene reintegrati al posto di lavoro. Ma la sua applicabilità per tutti i lavoratori a prescindere dal numero dei dipendenti di una azienda era stata già stabilita dalla legge 108 del 1990
2. È possibile che un licenziamento discriminatorio venga camuffato da licenziamento economico o disciplinare?
È quello che avviene nella maggior parte dei casi. L’impresa, ad esempio, dichiara di avere esubero di personale, o riduzione del fatturato, e licenzia quel lavoratore che a suo giudizio non rende abbastanza o magari è troppo vicino al sindacato o altro ancora. Può succedere che quel posto di lavoro soppresso venga successivamente offerto a un altro dipendente. Se il lavoratore licenziato, a regime attuale, fa ricorso contro il licenziamento ingiustificato – perché in effetti il posto di lavoro è occupato da altri – e vince viene reintegrato con il pagamento degli stipendi arretrati. Con le norme di Monti, invece, se vince la causa, al massimo beneficerà di indennizzo compreso tra le 15 e le 27 mensilità.
3. E per i licenziamenti disciplinari?
Sono quei licenziamenti definiti per giustificato motivo soggettivo e/o per giusta causa, riconducibili a presunti inadempimenti contrattuali o comportamenti illeciti del lavoratore. Attualmente il giudice, ove ritenga che i fatti addebitati siano inesistenti, ovvero che il licenziamento sia una sanzione non proporzionata all’infrazione, nelle aziende con più di 15 dipendenti ordina la reintegrazione, mentre in quelle con meno di 16 condanna ad un’indennità non superiore alle 6 mensilità. Con le nuove norme il giudice potrà scegliere tra reintegro e indennizzo, in questo caso compreso tra le 15 e le 24 mensilità.
4. Che vuole dire “modello tedesco”?
È esattamente questo, la possibilità che sia il giudice a scegliere tra reintegro e indennizzo. In Germania vale per tutti i tipi di licenziamento, in Italia solo per quelli “disciplinari ” ma non vale per quelli “economici”. Ed è su questo che si concentrerà la richiesta del Pd e, in parte, della Cgil
5. L’articolo 18 quindi resiste?
Resiste sul piano astratto e di principio, ma di fatto viene sostanzialmente cancellato.
6. Non basta la tutela dell’indennizzo?
Nessuno procede a un licenziamento per ragioni discriminatore ma si procede per via “economica” o “disciplinare”. Quindi il reintegro è il contrasto più efficace a disposizione dei lavoratori.
7. Che vantaggio hanno i precari dall’articolo 18?
In caso di contenzioso con il datore di lavoro, per vedersi riconosciuto un legittimo contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, questi beneficerebbero dell’articolo 18 e questo aumenta il loro potere contrattuale.
8. Il governo dice che riequilibra il mercato del lavoro tra giovani e vecchi.
Sembrava fosse così. Si ricorderà l’enfasi che è stata messa sulle proposte di Pietro Ichino o Tito Boeri, sul “contratto unico”. Nella riforma il contratto “unico” non c’è e non c’è nemmeno la soppressione delle 46 tipologie contrattuali esistenti. Non c’è nessun ingresso stabile e ordinato nel mercato del lavoro. Si entra come prima solo che in alcuni casi si può beneficiare di qualche vantaggio.
9. Le modifiche cambiano qualcosa per gli statali?
Secondo il Dipartimento della Funzione pubblica si: in caso di licenziamento ingiustificato, il reintegro sarebbe assicurato solo in caso di licenziamento discriminatorio. Per i licenziamenti per motivi economici che risultassero illegittimi, al lavoratore andrebbe solo un indennizzo economico. I sindacati e la Fornero contestano questa interpretazione.
10. Quali sono i vantaggi della riforma?
Vincoli e controlli sui contratti atipici: il contratto a progetto deve avere un “progetto” definito che lo faccia rifuggire dalla prestazione di lavoro subordinato. Le Partite Iva se esercitano la prestazione presso il committente – cioè sono di fatto lavoro subordinato – dopo sei mesi vanno regolarizzate. Scompare l’Associazione in partecipazione – cioè le commesse dei negozi “socie” del titolare per aggirare i contributi e le tasse – che sarà riservata solo a genitori e figli. Utile è l’aliquota dell’ 1, 4 per cento che i contratti a termine dovranno pagare in più. Però sono tutte misure facilmente aggirabili.
11. Quindi i precari saranno più tutelati?
Un contratto “precario” reiterato per 36 mesi consecutivi, compresi anche i periodi di vacanza tra un rapporto e l’altro, presso lo stesso datore di lavoro devono essere assunto. Ma è una misura aggirabile.
12. E per chi è in mobilità?
La mobilità è destinata a scomparire dal 2017 ma nel periodo transitorio ci sarà una tutela decrescente per i lavoratori sopra i 49 e 55 anni. Oggi la mobilità copre fino a 48 mesi mentre la nuova protezione sociale, l’Aspi, arriva al massimo a 18 mesi per i lavoratori sopra i 54 anni.
13. Non c’è il rischio che tanti lavoratori anziani, dopo l’innalzamento della pensione, restino senza lavoro e senza reddito?
Sì, il governo vuole istituire un Fondo per i lavoratori anziani che sarà pagato dalle aziende e dovrebbe fornire un sussidio su base assicurativa. L’aliquota contributiva è dello 0, 5 per cento.
14. Che differenza c’è tra l’Aspi, la disoccupazione e la Cassa integrazione?
Il nuovo modello si regge su due gambe: Cassa integrazione e Aspi. La prima accompagna coloro che mantengono il posto di lavoro e resta, come quella attuale. L’Aspi tutelerà i dipendenti con contratto a tempo determinato ma anche gli apprendisti e gli artisti. Per beneficiarne occorrerà aver versato contributi per 52 settimane negli ultimi due anni. E ’ difficile che ne possano godere i lavoratori precari, soprattutto se saltuari.
15. Quanto ha stanziato il governo?
Non è chiaro. Si parla di 1, 7-1, 8 miliardi che, assicura Fornero, sarebbero stati già reperiti. Sono meno di quanto previsto (2 miliardi) e non è chiaro soprattutto quanto sia la spesa complessiva finale. Oggi per gli ammortizzatori sociali si spendono più di 20 miliardi.
16. Cosa cambia per gli stagisti?
Dopo la laurea o dopo un master, se si va in azienda non lo si farà con uno stage gratuito, ma occorre attivare una collaborazione o un lavoro a tempo determinato.
17. È vero che scompare la norma sulla dimissioni in bianco?
Sì, è prevista una norma di questo tipo contro le dimissioni firmate in bianco al momento dell’assunzione soprattutto da lavoratrici.
18. I precari potranno impugnare i contratti contestati in termini più agevoli?
L’intenzione è quella di eliminare l’onere di impugnazione stragiudiziale (con un conciliatore esterno) entro 60 giorni dalla cessazione del contratto stesso. Un termine che esponeva un precario a una rottura troppo rapida con il datore di lavoro, oppure a rinunciare a far valere i propri diritti. Il termine per ricorrere in giudizio è ridotto da 330 a 270 giorni
da Il Fatto Quotidiano del 22 marzo 2012