Che le arti non siano più considerate compartimenti stagni non è una notizia né una novità. Ma gli appuntamenti di qualche intelligenza e le iniziative feconde che le fanno incontrare, collaborare, confrontare insieme non sono all’ordine del giorno. Anche per questo, l’appuntamento di Firenze di questa sera è una tappa da non perdere per tutti coloro che ricercano esperienze espressive e linguistiche della contemporaneità. Nello specifico, si incontreranno gli appassionati di cinema e di arte contemporanea e il connubio sarà eccezionale davvero: giovedì 22 marzo, alle ore 20.30, “Lo schermo dell’arte film festival” presenta “Marina Abramovic: the artist is present” di Matthew Akers (USA, 2012, 106’), film premiato con il Panorama audience award per il miglior documentario al 62° Festival del Cinema di Berlino.
Contemporaneamente il film sarà presentato – alle 20.30 e alle 22.15 all’Apollo SpazioCinema – anche a Milano alla presenza dell’artista stessa. Perché è Milano – al Padiglione d’Arte Contemporanea (Pac) – che Marina Abramovic ha scelto come luogo che ospita dal 21 marzo al 10 giugno il suo primo lavoro – The Abramovic Method – dopo la grande retrospettiva al MoMa di New York nel 2010 Questa nuova opera, coprodotta e distribuita in Italia da GA&A e Feltrinelli Real Cinema, documenta l’ultima performance artistica realizzata dalla artista dal titolo “The Artist is Present”. Il plot è suggestivo: in un’enorme stanza del museo americano, in occasione della prima retrospettiva incentrata sui suoi quarant’anni di carriera, la Abramovic ha invitato oltre 1400 persone al silenzio.
Le scene del film, appena applaudite al Sundance Film Festival, rendono lo spettatore protagonista: “Guardando le espressioni degli occhi e del volto dell’artista – spiega Lucchesi – si partecipa di una visione intima e personale del suo mondo. In questo film si riconosce lo stile inconfondibile di Abramovic, che ha sempre incentrato la propria arte sulla performance attribuendo grande valore alla preparazione fisica e mentale, elementi basilari per generare quell’interrelazione emotiva tra pubblico e performer”. Come non ricordare, tra i suoi lavori, Balkan Baroque (1997), performance con cui ha vinto la Biennale di Venezia, dove per tre giorni puliva una montagna di ossa animali cantando litanie? O Cleaning that Mirror (1995) e Seven Easy Pieces (2005), di cui ha parlato la stampa di tutto il globo. Insieme all’artista tedesco Ulay, suo partner nella vita, ha realizzato The Great Wall Walk percorrendo la Grande Muraglia Cinese partendo dal lato opposto al suo compagno con cui si è riunita dopo novanta giorni e duemilacinquecento chilometri per dirsi (realmente) addio.