Anche in futuro il sistema pensionistico pubblico italiano sembra capace di garantire prestazione adeguate. In base alle simulazioni, la riduzione attesa del tasso di sostituzione nel corso dei prossimi decenni non è drammatica, almeno rispetto a proiezioni elaborate prima della riforma. Tutto dipende dall’innalzamento dell’età media di pensionamento, destinata ad agganciarsi alla dinamica delle aspettative di vita. Ma per rendere perseguibile e realistica questa soluzione, occorrono cambiamenti importanti nel mercato del lavoro.
di Carlo Mazzaferro e Marcello Morciano
Il tasso di sostituzione (o di rimpiazzo) tra il primo importo della pensione e l’ultimo della retribuzione è lo strumento maggiormente utilizzato quando si vuole misurare l’adeguatezza di un sistema pensionistico. (1) È un indicatore capace di misurare, con una ragionevole approssimazione, la capacità del sistema di garantire ai suoi assicurati, una volta raggiunta l’età del pensionamento, un tenore di vita simile a quello raggiunto nella fase finale del periodo lavorativo. (2) Può essere utile verificare la sua dinamica temporale dopo la riforma pensionistica del dicembre 2011.
Tassi di sostituzione fino al 2050
Le figura 1 riporta il valore mediano del tasso di sostituzione tra prima pensione e ultima retribuzione per la popolazione dei neo pensionati nel periodo 2012-2050.
(3) Le stime sono state ottenute con un modello di micro-simulazione dinamica costruito dagli autori di questo articolo. (4) Secondo i dati delle nostre simulazioni, la mediana (ovvero il valore che si trova al centro della distribuzione) del tasso di sostituzione è destinata acrescere in maniera relativamente consistente nei prossimi otto-dieci anni quando raggiungerà valori intorno al 75 per cento. In seguito inizia un declino, prima lento e poi più sostenuto, che porterà l’indicatore poco sopra al 60 per cento quando il sistema contributivo sarà completamente a regime.
La riduzione attesa del tasso di sostituzione nel corso dei prossimi decenni non appare dunque drammatica, almeno rispetto a proiezioni elaborate prima della riforma. (5) Anche valutando la distribuzione complessiva dei tassi di sostituzione (nel grafico riportiamo il valore del 10° e del 90° percentile per alcuni anni) è immediato notare che i valori più bassi non scendono mai al di sotto del 40 per cento e comunque non sembra che nel medio–lungo periodo la situazione sia destinata a peggiorare rispetto alle condizioni correnti.
Figura 1
Distribuzione dei tassi di sostituzione dei neo pensionati. 2012 – 2050
Legenda: p_10: valore del 10° percentile della distribuzione
P_50: valore del 50° percentile della distribuzione (mediana)
P_90: valore del 90° percentile della distribuzione
Quale è la strada attraverso la quale la riforma riesce ad assicurare l’adeguatezza delle prestazioni pubbliche future?
L’età della pensione
Per dare una risposta alla domanda dobbiamo guardare ai cambiamenti attesi nell’età di pensionamento. La figura 2 descrive l’andamento dell’età media di pensionamento per il periodo 2012-2050. È immediato notare che le nostre simulazioni indicano, nel corso dei prossimi quaranta anni, un aumento dell’età media di pensionamento di circa sette anni, dai 61,5 anni del 2011 ai 68,5 anni del 2050, superiore anche all’incremento atteso, nel medesimo periodo, nell’aspettativa di vita.
Figura 2
Età media di pensionamento dei neo pensionati. 2011 – 2050
I due fenomeni (dinamica temporale del tasso di sostituzione e dell’età di pensionamento) devono essere letti insieme per fornire un quadro interpretativo all’evoluzione attesa del sistema pensionistico italiano, se valutato sotto il profilo dell’adeguatezza delle sue prestazioni.
È utile a questo riguardo dividere i prossimi decenni in due sotto-periodi.
Nei prossimi dieci-quindici anni, l’abolizione del sistema delle quote e l’aumento del requisito contributivo oltre i quaranta anni renderanno sempre più difficile raggiungere il pensionamento di anzianità a età relativamente basse, “costringendo” molti individui a prolungare la loro permanenza sul mercato del lavoro. (6) Questo avrà un effetto positivo sulla loro rata pensionistica che, a parità di altre condizioni, sarà di importo più elevato. A conferma di ciò si può notare come, nel prossimo decennio, la dinamica del tasso di sostituzione e quella dell’età di pensionamento vadano nella medesima direzione.
La musica inizierà a cambiare sensibilmente a partire dalla seconda metà del prossimo decennio: se da un lato l’età media di pensionamento continuerà ad aumentare, dall’altro le nostre proiezioni segnalano una riduzione prospettica del tasso di sostituzione, causata della progressiva entrata a regime del sistema contributivo. In questa fase, saranno l’aggancio alla dinamica delle aspettative di vita delle condizioni per la maturazione al diritto al pensionamento, unito ai vincoli imposti sull’accesso al pensionamento (la rata pensionistica maturata non potrà essere inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale al fine della maturazione del diritto), a ritardare l’ingresso in quiescenza, soprattutto per i lavoratori con interruzioni nella carriera contributiva (donne e disoccupati di lunga durata), con più bassa aliquota contributiva o con più bassi livelli salariali.
Posto che una completa analisi distributiva sulle caratteristiche di un sistema pensionistico richiede analisi molto più approfondite, lo studio della dinamica del tasso di sostituzione porta a concludere che il sistema pensionistico pubblico rimane fondamentale nel determinare l’adeguatezza del reddito durante la vecchiaia degli individui. Per raggiungere questo risultato, pur con l’invecchiamento atteso della popolazione, la strada che il legislatore sembra indicare è quella di un cospicuo aumento dell’età di pensionamento. Come già sottolineato in un nostro precedente contributo, per rendere perseguibile e realistica questa soluzione occorrerà che importanti cambiamenti nel mercato del lavoro facciano seguito a quelli scritti nelle regole del nuovo sistema pensionistico.
(1) Valutazioni sull’andamento del tasso di sostituzione nei prossimi decenni sono ad esempio riportate nei rapporti annuali della Ragioneria generale dello Stato sull’andamento di lungo termine del sistema pensionisticohttp://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Attivit–i/Spesa-soci/Attivit–d/2011/Le-tendenze-di-medio-lungo-periodo-del-sistema-pensionistico-e-socio-sanitario-Rapporto_n.12.pdf e in documenti della Commissione europea che hanno l’obiettivo di monitorare l’adeguatezza dei sistemi pensionistici europei,http://ec.europa.eu/social/main.jsp?langId=en&catId=752&newsId=551&furtherNews=yes.
(2) Tra gli aspetti più rilevanti vale la pena di ricordare che il tasso di sostituzione misura il rapporto tra la sola pensione e il solo reddito da lavoro ed esclude quindi qualsiasi altra forma di reddito che il soggetto considerato riceve, sia prima che dopo il pensionamento. Inoltre misura il livello della pensione relativamente a quello della retribuzione in un solo anno (il primo del pensionamento) mancando quindi l’obiettivo della valutazione dell’adeguatezza della prestazione lungo tutto il periodo di vita del pensionato.
(3) Le dinamiche qui presentate si riferiscono al tasso di sostituzione al lordo dell’Irpef. A causa della progressività del sistema di tassazione il valore del tasso di sostituzione al netto dell’imposta personale sul reddito risulterebbe sempre più elevato.
(4) Per una descrizione del modello e delle sue applicazioni vedi il recente rapporto, Progress, finanziato dalla Commissione europea “Assessing adequacy and long term distributive effects of the Italian pension system. A microsimulation approach” disponibile in http://www.capp.unimore.it/progress.html
(5) Si vedano ad esempio quelle contenute nel rapporto citato nella nota 4 oppure quelle in Mazzaferro and Morciano (2011) disponibili all’indirizzo:http://www.dt.mef.gov.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/analisi_progammazione/working_papers/WP_N._11.pdf.
(6) Questo peraltro spiega il valore “relativamente” basso del tasso di sostituzione nei primi anni della riforma, quando di fatto le pensioni di anzianità, ovvero quelle che possono vantare tassi di sostituzione più elevati, sono di fatto bloccate.