Non entro nel dibattito tecnico sul ruolo che l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori ha, o può avere, nel contesto economico italiano. La faccenda è stata ampiamente risolta da quasi tutti gli analisti degni di fede, come una questione assolutamente marginale. Tutti sanno, anche se fanno finta di non saperlo, quali sono i reali freni agli investimenti esteri nel nostro Paese e allo sviluppo economico. Non vi è infatti alcuna fila di imprenditori stranieri con le valige piene di “paccate di miliardi” fermi al confine di Chiasso, in attesa che il Governo liquidi le garanzie contenute nell’articolo 18. I problemi in Italia sono altri: un enorme ritardo nelle infrastrutture, una giustizia civile che non garantisce il buon diritto, una burocrazia borbonica che galleggia sulla miriade di autorizzazioni, concessioni che servono solo ad alimentare l’arbitrio e la corruzione e poi la corruzione appunto.

Mario Monti e i suoi ministri tutto questo lo sanno, ma hanno pervicacemente scelto una strada priva di qualunque senso, in aperta contraddizione con l’esigenza di coesione che si rende necessaria davanti ad una drammatica contingenza economica. Perchè?

Quello che sta avvenendo è un regolamento di conti. Ma non solo. Si sta facendo piazza pulita, non di una norma, bensì di un modello che si è affermato a partire dalla seconda metà degli anni sessanta. Un modello avanzato non delle relazioni sindacali, ma delle relazioni umane. Un modello di civiltà che aveva premesso all’Italia di superare momenti drammatici, grazie al senso di responsabilità dei sindacati che sapevano che ci si poteva muovere anche in un quadro di sacrifici pesanti, penso agli accordi dell’Eur firmati da Luciano Lama, ma che la salvaguardia dei diritti civili dei lavoratori era garantita, ma soprattutto condivisa. E’ stata la salvaguardia della democrazia sostanziale e dei diritti reali che in essa sono contenuti che i lavoratori hanno difeso, anche col sangue, contro l’assalto dell’eversione e del terrorismo.

Quella che oggi si tenta di abolire non è una norma che tutela i lavoratori davanti al licenziamento privo di giusta causa, si tenta di abolire il ruolo che nella società hanno le classi lavoratrici. Il gesto di Monti (e prima di lui le battute da caserma della Fornero, che oggi si straccia le vesti come una vergine violata per una stupida foto di Diliberto) hanno uno scopo tutto politico e tale intento viene perseguito da una compagine che non ha avuto alcun mandato democratico. L’intento è quello di cancellare ridisegnare i rapporti, cancellando un soggetto sociale e politico: il sindacato. Un intento che si lega alle iniziative Fiat sul disconoscimento dei contratti collettivi nazionali e la pretesa di scegliersi gli interlocutori sindacali, mettendo fuori quelli più scomodi. E’, sintetizzo con una battuta, il “modello Pomigliano” che diventa “modello Italia”. Un’Italia dove i gesti simbolici, come togliere l’Unità dalle bacheche, si uniscono a gesti di sostanza, come non far rientrare un solo iscritto alla Fiom a Pomigliano, assumendone la medesima valenza e mandando un messaggio chiaro: c’è chi comanda e chi obbedisce; chi ha diritti e chi non ne ha. Un modello di società arcaico, brutale. Incivile.

Il gesto di Monti è simbolico dunque, ma è anche gravido di sostanza. Isolare la Cgil, spaccare il Pd e distruggere la già di per se’ traballante alleanza di centro sinistra, saranno le immediate e dirette conseguenze dell’abolizione dell’articolo 18. Sono conseguenze previste ed in gran parte auspicate da chi oggi, come la destra estrema, politica ed imprenditoriale, rappresenta il vero azionista di riferimento di questo Governo che non ha più nulla di tecnico, ma è ormai un Governo politico.

Se il disegno dovesse, come appare probabile, compiersi l’Italia che ne verrebbe fuori assomiglierebbe sempre di più a quella che viene descritta con meticolosa precisone nel Piano di Rinascita Democratica: una democrazia formale, in un autoritarismo sostanziale, dove i livelli di libertà saranno irrimediabilmente compromessi. Forse sarebbe il caso di fermarlo questo Governo. E di farlo subito, prima che diventi impossibile.

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