Le Prefetture potranno sciogliere i Comuni e le Province se non rispetteranno i criteri di contrasto della corruzione. È forse il punto più rilevante della relazione che sarà presentata oggi al seminario fra i ministri Filippo Patroni Griffi (Funzione pubblica), Anna Maria Cancellieri (Interni) e Paola Severino (Giustizia). Un documento in cui la Commissione anticorruzione, nominata da Patroni Griffi e presieduta da Roberto Garofoli, segnala al governo dove e come intervenire per contrastare la corruzione. La norma dovrebbe poi passare nel maxi-emendamento al disegno di legge contro la corruzione.
Il ministro Severino ha promesso che, entro fine marzo, le modifiche del governo arriveranno a Montecitorio, a quel testo dimenticato nei meandri dei palazzi, che innervosisce non poco il Pdl. La scadenza s’avvicina e il governo, che deve mediare soprattutto con i berlusconiani (l’avvocato Niccolò Ghedini, inviato speciale), decide di forzare per misurare la reazione dei partiti.
Il documento dei commissari di Patroni Griffi chiarisce subito il proprio fine: “La lotta alla corruzione è stata assunta come una priorità del governo Monti: minando la fiducia dei mercati e delle imprese, il diffondersi delle prassi corruttive determina, invero, tra i suoi molteplici effetti, una perdita di competitività per i Paesi. Se non adeguatamente contrastata, la corruzione è causa di costi enormi, primi tra tutti la destabilizzazione delle regole dello Stato di diritto e del libero mercato: ingenti sono inoltre i costi economici del fenomeno, dalla Corte dei Conti stimati in diversi miliardi di euro l’anno.
Tre i passaggi fondamentali della nuova disciplina.
Cariche che si mescolano e si raddoppiano: “È necessaria un’organica revisione del sistema delle incompatibilità dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni, volta ad assicurare una maggiore ed effettiva indipendenza personale della dirigenza e una maggiore fiducia dei cittadini sulla relativa imparzialità nell’esercizio delle funzioni affidate. È necessario, quindi, regolamentare i rapporti tra i titolari degli incarichi amministrativi (in specie dirigenziali) e gli interessi esterni destinati ad influire negativamente sulla indipendenza del funzionario, tenendo conto delle situazioni di conflitto che possono prodursi tra la titolarità di compiti dirigenziali e l’assunzione di interessi (cariche societarie e incarichi temporanei) presso imprese private, in particolare presso imprese che abbiano con l’amministrazione interessata rapporti molto stretti, quali la sottoposizione a regolazioni e controlli o la concessione di contribuzioni economiche”.
Amministratori locali con la fedina penale sporca: “Va ancora ripensato il sistema delle regole relative all’accesso alla carica dei titolari di organi politici, con la parziale riscrittura della disciplina delle incandidabilità e delle ineleggibilità, certo introducendo un rigido divieto di ricoprire cariche elettive e di governo a seguito di sentenze di condanna per talune fattispecie di reato”.
E poi c’è il ruolo dei Prefetti, che è stato l’argomento di un’audizione in Commissione dei vertici del ministero dell’Interno.
di Ferruccio Sansa e Carlo Tecce
da Il Fatto Quotidiano del 23 marzo 2012