L'ex capo di gabinetto del presidente della regione si dichiara estraneo alle affermazioni della funzionaria Terzini che lo vedrebbero coinvolto nell'affare Terremerse: "Solo chiacchiere telefoniche informali, la Finanza mi ha già ascoltato e non ha emesso provvedimenti a mio carico"
Il ruolo di Solaroli, ex sindaco Pd di Imola, più volte deputato e sottosegretario nei governi D’Alema, lo si è evinto dalla pubblicazione da alcuni stralci d’audizione della Guardia di Finanza alla Terzini risalenti all’aprile 2011. “Purtroppo vengo tirato in ballo in modo postumo”, racconta Solaroli, “Perchè le fiamme gialle mi hanno già interrogato durante le indagini senza che conoscessi le risposte che aveva dato loro la Terzini e senza che a fine istruttoria siano stati emessi provvedimenti a mio carico”.
Secondo la Terzini sarebbe stato Solaroli la persona interpellata per avere maggiori e più precise informazioni riguardo la variante al permesso a costruire da parte della coop Terremerse di Giovanni Errani, fratello di Vasco, del 23 maggio 2006. Per i pm, però, non fu una semplice variante, ma un vero e proprio permesso, tanto da supporre l’impossibilità di costruire la cantina della cooperativa entro il termine massimo per avere diritto al finanziamento. Il caso venne sollevato a livello nazionale da Il Giornale e il presidente della regione Emilia Romagna, con molta celerità, assieme a Terzini e Mazzotti, si affrettò alla preparazione di una memoria difensiva depositata prima alla Procura della Repubblica e poi letta nell’aula del Consiglio Regionale.
“Avevo un rapporto amichevole con la Terzini: io ero capo di gabinetto di Errani e lei direttore del settore affari istituzionali”, spiega Solaroli, “lei mi chiamò perché il presidente voleva dare una risposta rapida alle accuse che gli erano piovute addosso da un quotidiano e le aveva affidato l’incarico di ricostruire i fatti per poi spedire il risultato della ricerca alla procura della repubblica”.
“Mi disse che faceva fatica ad avere i documenti dal Comune di Imola e mi chiese il favore di sollecitarli per avere risposta”, continua l’ex capo di gabinetto di Errani, “essendo stato sindaco della città per parecchi anni telefonai all’ufficio tecnico, anche se non ricordo esattamente con chi parlai, feci presente dell’esigenza, ma le informazioni tardarono lo stesso”.
“Avevo inteso che si stesse lavorando ad una variante di permesso, ma al telefono non approfondii”, conclude nel riportare il ricordo di quella giornata l’ex sindaco imolese, “Poi il parere tecnico e la sua formalizzazione non la seguii più e nemmeno lessi cosa fu scritto dai tecnici del comune di Imola. Oltretutto non sapendo nei particolari di cosa si trattasse, certi elementi tecnici erano evidenti soltanto agli occhi di uno specialista”.
La telefonata tra Terzini e Solaroli finisce qui, con i due che “non si vedono più per qualche tempo” e il documento scritto da Errani, Terzini e Mazzotti che finisce in procura, poi in aula consiliare, infine, in questi giorni, oggetto incriminato che porta alla formalizzazione dell’accusa per tutti e tre di falso ideologico: “Io nemmeno seppi cosa c’era scritto su quei documenti e non partecipai nemmeno alla discussione in consiglio regionale”.
Insomma, Solaroli si smarca dalle accuse della Terzini e anzi rilancia: “Non è nel mio carattere dare certezze su argomenti del genere al telefono. Sono comunque molto dispiaciuto del pasticcio che ne è venuto fuori”.
Un’inchiesta giudiziaria che sta facendo traballare uno degli uomini chiave del Partito Democratico nazionale: “Si è giunti a questa situazione caotica solo per la voglia del presidente Errani di rispondere subito e dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati. Io lo conosco bene Errani: se solo avesse atteso, non fosse stato così precipitoso, le cose si sarebbero chiarite senza fretta”.
“Errani è molto puntiglioso”, chiosa Solaroli, “il pasticcio non l’ha commesso lui, ne sono certo. Comunque non so come andrà a finire la vicenda a livello giudiziario. Diciamo che sono rispettoso delle decisioni della magistratura”.