C’è la soluzione sui cosiddetti “esodati”, c’è la norma sulle dimissioni in bianco, c’è l’estensione dell’Aspi (la nuova indennità di disoccupazione) anche a giovani e apprendisti; ci sono l’aumento di contributi per i contratti a progetto, premi alle imprese che stabilizzano i lavoratori e anche un’ipotesi di congedo obbligatorio per paternità. C’è infine una novità: il rito “abbreviato” sui processi di lavoro in caso di licenziamenti. Ma il disegno di legge sulla riforma del lavoro varato oggi con la formula “salvo intese” da un consiglio dei ministri in formato maxi (è durato in tutto oltre 7 ore) resta tale e quale per la parte definita dal ministro del lavoro Elsa Fornero durante questo ultimo serrate finale della trattativa “flessibilità in uscita”, cioè i licenziamenti.
Certo, la scelta dello strumento legislativo (il disegno di legge, appunto) garantisce maggiore spazio di manovra al Parlamento, come chiesto a piena voce dal Pd, a partire dal suo segretario Pierluigi Bersani che dice dice di aspettarsi una “bella discussione”: “Io sto con i lavoratori” ha rivendicato Bersani, ostentando sicurezza (“Il disegno di legge? Non mi sono mai aspettato nulla di diverso”). A cercare di rassicurare partiti, sindacati e opinione pubblica (anche oggi operai in sciopero in mezza Italia) interviene il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che garantisce che le nuove regole non produrranno una “valanga di licenziamenti facili”, come prospettato nei giorni scorsi dalla Cgil.
La scelta del ddl, se accende un sorriso sul volto del Pd, ma anche del Terzo Polo (ma Casini puntualizza: “Il Parlamento non è solo Bersani”), rende nero l’umore del Pdl, ma anche di qualche ministro – secondo quanto trapela dal consiglio di oggi – che avrebbe preferito uno strumento più incisivo e tempi certi per l’approvazione definitiva.
Il segretario Angelino Alfano è il più cauto (“A suon di minacce non si va da nessuna parte però le modifiche in Parlamento non possono essere di un solo colore”), ma i toni fanno presto ad ad alzarsi. L’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi parla “di resa ai veti ideologici”, Ignazio La Russa chiede che si convochino i vertici del partito. La paura è che il testo venga snaturato.
Sarebbe stato lo stesso presidente del Consiglio Mario Monti, dopo averne discusso con Napolitano e con i presidenti di Camera e Senato, ad essersi dovuto spendere in questa direzione, spiegando i rischi legati al calendario dei prossimi mesi, che fra festività ed elezioni amministrative vedranno deputati e senatori poco presenti a Roma. L’impegno – lo ha ricordato il presidente di Palazzo Madama Renato Schifani, è comunque quello di incassare il sì del Parlamento al più tardi entro giugno.
Sotto il profilo dei contenuti in consiglio dei ministri i capitoli più dibattuti sarebbero stati il nodo dei licenziamenti e l’accelerazione dei tempi del processo. Lo stesso titolare dello Sviluppo economico Corrado Passera avrebbe messo sul tavolo anche un eventuale stralcio della questione dell’articolo 18 per esaminare la riforma più serenamente.
A Palazzo Chigi si discute, nelle fabbriche proseguono le proteste con il quinto giorno di scioperi in tutta Italia: da Bolzano a Catania, passando per Monfalcone, Terni, Castellammare, Palermo. Oggi cadevano peraltro i dieci anni esatti dalla storica manifestazione del 2002, con 3 milioni di persone in piazza contro la riforma dell’articolo 18 che allora voleva il governo Berlusconi, con Roberto Maroni ministro del Lavoro.
La Lega Nord tuttavia dopo 10 anni non la pensa allo stesso modo: dopo gli annunci di Umberto Bossi dei giorni scorsi, oggi Roberto Calderoli ha chiarito ancora meglio come la pensa il Carroccio. “La Banda Bassotti ‘Monti, Alfano, Bersani, Casini’ – ha dichiarato l’ex ministro – dopo aver ammazzato i pensionati ora vuole accoppare anche i lavoratori, con questa ‘marchetta’ fatta ai grandi imprenditori sull’articolo 18. Ma stiano attenti, perché da adesso sarà lotta senza quartiere in Parlamento, nelle fabbriche e nelle piazze”.
Il “rito abbreviato”. Tra le novità della riforma “è prevista l’introduzione di un rito procedurale abbreviato per le controversie in materia di licenziamenti, che ridurrà ulteriormente i costi indiretti del licenziamento”. “Al fine di consentire la riduzione dei tempi del processo per quanto concerne le controversie giudiziali in tema di licenziamento – si legge nel testo elaborato dal governo – si propone, attraverso l’azione di concertazione istituzionale con il ministero della Giustizia, l’introduzione di un rito speciale specificamente dedicato a tali controversie. Nel quadro di tale rito, una volta dettati i termini della fase introduttiva, è rimessa al giudice la scansione dei tempi del procedimento, nel rispetto del principio del contraddittorio e della parità delle armi nel processo”. Si tratta di “un rito con caratteristiche di celerità e snellezza, ma che, in ossequio alla specificità del processo del lavoro, rivolto tradizionalmente all’accertamento della verità materiale, prevede un’istruzione vera e propria, sia pure con l’eliminazione delle formalità non essenziali all’instaurazione di un pieno contraddittorio”.
“No al reintegro per i licenziamenti economici”. Il ddl sul lavoro, per il resto, nei contenuti conferma l’impianto già delineato dal governo nei giorni scorsi. Prevede, infatti, che “per il licenziamento per motivi economici il datore di lavoro possa essere condannato solo al pagamento di una indennità”. Particolare “attenzione” sarà riservata all’intento di “evitare abusi”, come aveva anticipato Monti. Il diritto al reintegro nel posto di lavoro potrà essere disposto dal giudice “nel caso di licenziamenti discriminatori o in alcuni casi di infondatezza del licenziamento disciplinare”. Nella lettera di licenziamento, secondo la bozza di riforma, sarà obbligatoria l’indicazione dei motivi: il testo prevede “tre regimi sanzionatori” a seconda che il licenziamento individuale sia valutato dal giudice discriminatorio, per motivi disciplinari o economici. La garanzia sugli abusi è la seguente: se il lavoratore prova che il licenziamento classificato come economico in realtà dissimula motivazioni discriminatorie o disciplinari, “il giudice applica la relativa tutela”, dunque eventualmente anche il reintegro.
La norma sulle “dimissioni in bianco”. Nel testo della riforma approvata dal Consiglio dei ministri è prevista anche l’introduzione di norme di contrasto alla pratica delle cosiddette “dimissioni in bianco” con modalità semplificate e senza oneri per il datore di lavoro e il lavoratore. Il ddl rafforza (con l’estensione sino a tre anni di età del bambino) il regime della convalida delle dimissioni rese dalle lavoratrici madri.
Gli “esodati”. E’ stata trovata anche una soluzione, come chiesto più volte dai sindacati, per i cosiddetti “esodati”, cioè quei lavoratori che, attraverso un accordo con l’azienda, si sono licenziati volontariamente in cambio della garanzia che presto sarebbero andati in pensione. Una scelta che li ha lasciati in un limbo dopo la riforma delle pensioni che ha alzato l’età pensionabile. Secondo il testo del governo, quindi, “le aziende potranno stipulare accordi con i sindacati maggiormente rappresentativi, finalizzati a incentivare l’esodo dei lavoratori anziani. Così, aggiunge Palazzo Chigi, crea “una cornice giuridica per gli esodi con costi a carico dei datori di lavoro”.
Assicurazione contro la disoccupazione anche a giovani. Con la riforma approvata dal consiglio “si potenzia l’istituto dell’assicurazione contro la disoccupazione estendendone l’accesso ai più giovani, a coloro che sono da poco entrati nel mercato del lavoro e alle tipologie di impiego attualmente escluse (ad esempio quella degli apprendisti)”. I nuovi ammortizzatori sociali basati sull’Aspi, che durerà da 12 a 18 mesi (per gli over 55), andrà a regime dal 2016. La transizione partirà l’anno prossimo.
Quote rosa nelle partecipate. Arrivano anche le quote rosa per le società controllate dalle pubbliche amministrazione, secondo il disegno di legge. “Si approva – si legge nel testo del governo – il regolamento che definisce i termini e le modalità di attuazione della disciplina delle cosiddette ‘quote rosa’ alle società controllate da pubbliche amministrazioni”.
Voucher per le baby sitter. Per favorire l’occupazione femminile e in particolare la possibilità di lavorare anche dopo aver avuto un figlio, sono in arrivo anche i voucher per le prestazioni di baby-sitting. Le neo mamme avranno diritto di chiedere la corresponsione di questi “buoni” dalla fine della maternità obbligatoria e per gli 11 mesi successivi in alternativa all’utilizzo del periodo di congedo facoltativo per maternità. Il voucher è erogato dall’Inps. L’importo sarà modulato in base ai parametri Isee della famiglia. Le risorse a sostegno di questo intervento saranno reperite nell’ambito del fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento dell’occupazione giovanile e delle donne.
“Premi alle imprese che stabilizzano i lavoratori”. La riforma del lavoro “introdurrà elementi di premialità” verso le imprese “per l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili”.La riforma sottolinea che “favorirà” anche “il contrasto più incisivo agli usi elusivi degli obblighi contributivi e fiscali degli istituti contrattuali”.
Ipotesi congedo di paternità. Ma il ministro Fornero, fuori dal testo della riforma, introduce un’ulteriore questione: “Non abbiamo grandi risorse – ammette – ma vorremmo provare a introdurre qualche giornata obbligatoria per la paternità in modo da sfatare il mito che solo le donne hanno diritto a questo tipo di congedo”.
Aumentano i contributi per i co.co.pro. Per i lavoratori iscritti alla gestione separata Inps (i cosiddetti “co.co.pro.”) ma non alle altre gestioni vedranno aumentare la loro aliquota contributiva dal 2013 al 2018 fino a raggiungere in quella data il 33 per cento, la stessa dei dipendenti.
Gli statali. Il governo continua a insistere su una possibile discussione di un’estensione della riforma anche ai dipendenti statali. Il ministro della Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi oggi ha dichiarato che si dovrebbe creare “quanto più possibile un’area comune” tra pubblico e privato. Secondo il ministro bisogna “creare la maggiore convergenza possibile” tra pubblico e privato “compatibilmente anche con i vincoli costituzionali. Credo che questo problema vada affrontato, esaminandolo in maniera tecnica, guardando sul piano giuridico le convergenze e le differenze dei settori”. “E’ stato aperto un tavolo di lavoro con i sindacati su una serie di temi – ha aggiunto Patroni Griffi – probabilmente affronteremo il tema della mobilità in uscita, tenendo conto di alcune peculiarità che riguardano il settore pubblico”. Tanto vero è che nel testo della riforma si legge che “eventuali adeguamenti” alle norme per il settore del lavoro pubblico “saranno domandati a successive fasi di confronto”.
Angeletti: “Ci ascolterà il Parlamento”. Restano i dubbi del segretario della Uil Luigi Angeletti: “E’ stato spostato il luogo della discussione in Parlamento quindi probabilmente avremo più ascolto di quanto sino a ora ne abbiamo avuto dal governo”. “La trattativa con il Parlamento è complessa – ha aggiunto – Ovviamente noi rivolgeremo un appello ai gruppi parlamentari per le modifiche. Con il governo la discussione sembra conclusa”. La Uil chiederà modifiche per i licenziamenti economici? “Noi vogliamo che si eviti che nei licenziamenti per motivi economici possano, in maniera fraudolenta, rientrare le casistiche che avevamo blindato, cioè quelle disciplinari e quelle discriminatorie”. E poi un giudizio tranciante sull’esecutivo: “Credo che il Parlamento adotterà tutte le misure che vanno nella nostra direzione. Non sono preoccupato su questo ma di come è governato il Paese. E’ importante che governo dia idea di saper governare, saper prendere decisioni efficaci e non solo enunciare. La politica del Paese non è un’aula scolastica”.
Bonanni: “Faremo lobbying”. Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, accoglie con favore l’approvazione di un ddl sulla riforma del mercato del lavoro. “Il governo – dichiara – ha deciso un ddl e questa è una buona notizia perché avremo tutto il tempo per affrontare il problema. Faremo un’azione di lobbying sul Parlamento perché si trovino soluzioni più vantaggiose per i lavoratori”. Sui licenziamenti economici “è rassicurante – continua – che il governo dica che è interessato a trovare una soluzione affinché non ci siano abusi. Vedremo nell’articolato che ancora non abbiamo cosa significa esattamente”. Questa volta il giudizio sferzante cambia obiettivo: “Ora speriamo che sia finito il furore ideologico – scrive su Twitter – Sui licenziamenti economici lavoriamo con il Parlamento a una norma che eviti abusi. Sulla storia dell’articolo 18 molti ci stanno marciando per far gonfiare il pallone e farlo diventare una valanga politica. Abbiamo trovato soluzioni ragionevoli evitando abusi e discriminazioni e sui licenziamenti economici e’ necessario chiarire una confusione che non fa bene a nessuno, alla politica, ai cittadini e al Paese”.