Ogni anno aumentano gli interventi e i fondi necessari per la riduzione del dissesto territoriale, ma l’Italia preferisce aspettare le emergenze rinunciando alle politiche di prevenzione. Il quadro emerge dall’annuale piano dell’Anbi, associazione nazionale bonifiche e irrigazione. Il nostro è un paese che frana, ma contro il rischio idrogeologico piuttosto che interventi strutturali, i governi hanno scelto la strada dell’urgenza, dopo i disastri, spendendo male e molto di più.
I numeri parlano chiaro. L’80 per cento dei comuni sono in pericolo, metà della popolazione italiana vive in territori soggetti a frane, smottamenti, terremoti e fenomeni vulcanici. L’Anbi, anche quest’anno, ha aggiornato gli interventi necessari per mitigare il rischio in modo strutturale e preventivo. “Occorrono – spiega il presidente dell’associazione Massimo Gargano – 2943 interventi (divisi per regione) per un importo complessivo di 6.812 milioni di euro. Si tratta di azioni destinate prevalentemente alla manutenzione straordinaria di opere di canalizzazione delle acque e di scolo, di sistemazioni e regolazione idraulica nei territori, in cui operano i Consorzi”. Una cifra leggermente aumentata rispetto allo scorso anno, visto che in questi 12 mesi nulla è stato fatto sul piano della prevenzione.
Un grande progetto di risanamento ambientale comporrebbe, calcola l’associazione, la possibilità di dare lavoro a 7 persone per ogni milione di euro speso, complessivamente a quasi 50 mila unità coniugando così occupazione e politiche di contrasto al dissesto idrogeologico. Le cifre per la prevenzione sono irrisorie rispetto a quelle spese per fronteggiare le emergenze. L’Italia spende, infatti, secondo uno studio del consorzio universitario del Politecnico di Milano, oltre 2 miliardi di euro ogni anno per tamponare i danni causati da frane e alluvioni più un miliardo e mezzo per interventi minori. Le risorse tagliate dal governo Berlusconi, inizialmente previste per interventi già pianificati dalle regioni, sono state inserite, solo in parte, dall’esecutivo Monti. La legge di stabilità 2012 ha previsto somme sul bilancio del ministero dell’Ambiente intorno ai 450 milioni di euro per il 2012-2014 da destinare anche al contrasto al dissesto del territorio oltre ad uno stanziamento di 100 milioni di euro per interventi in materia di difesa del suolo ed altri interventi urgenti.
Anche il Cipe ha stanziato fondi per recuperare la progettazione avviata con le regioni. Quella del dissesto idrogeologico, nel nostro paese, è tema di attualità solo dopo i morti e le tragedie. Resta, invece, una questione prioritaria se si pensa anche all’intensa urbanizzazione che rende fragile il nostro territorio. Il consumo del suolo nel periodo 1990-2005 si aggira intorno agli oltre 244 mila ettari ogni anno, pari a due volte la superficie del Comune di Roma, oltre 936 campi da calcio al giorno vengono risucchiati da asfalto e cemento.