Una delle prime aziende finanziarie a cavalcare l'onda dei social network è stata Morgan Stanley Smith Barney, che ha sperimentato l'uso professionale di Twitter e LinkedIn con 600 consulenti finanziari
La febbre dei social network contagia Wall Street. Le grandi banche hanno scoperto le potenzialità di Twitter, Facebook e LinkedIn per pubblicizzare titoli e comunicare con i clienti. In prima fila le americane Morgan Stanley Smith Barney e Wells Fargo, ma anche l’europea Deutsche bank. Le nuove attività comportano però dei rischi, perché le autorità di controllo hanno già lanciato segnali chiari facendo sapere di essere pronte a denunciare gli istituti che danno consigli fuorvianti. Nascono così dipartimenti all’interno delle banche per controllare l’attività dei dipendenti. Oppure, in alternativa, vengono incaricate società esterne specializzate in questo compito.
Una delle prime aziende finanziarie a cavalcare l’onda dei social network è stata Morgan Stanley Smith Barney, che ha sperimentato l’uso professionale di Twitter e LinkedIn con 600 consulenti finanziari ed è intenzionata ad aumentare il campione. Fay DeBellis, una consulente della società, ha rivelato al New York Times che grazie all’utilizzo di LinkedIn, il social network dedicato ai professionisti, ha concluso affari per 10 milioni di dollari in 18 mesi. Wells Fargo invece, sempre secondo il servizio pubblicato dal quotidiano americano, ha puntato su Facebook chiedendo di utilizzarlo per stringere legami con i clienti ad alcuni consulenti di mutui. Tra le società più attive sui social network c’è anche un’europea, Deutsche Bank, che ha concesso all’investment banker Ted Tobiason di informare i clienti sulle Ipo in arrivo con Twitter.
Ma il mondo dei social network presenta anche delle insidie da non sottovalutare. Le autorità di controllo tengono gli occhi puntati sui messaggi, spesso fuorvianti, pubblicati dalle società finanziarie. La Securities and Exchange Commission, l’equivalente della Consob in America, ha accusato il consulente Anthony Fields di avere messo in vendita tramite LinkedIn alcuni titoli «fittizi».
Le banche hanno creato così delle unità interne che controllano l’attività dei dipendenti sui social network e archiviano messaggi standard da utilizzare senza chiedere l’autorizzazione, velocizzando le procedure. Le punizioni, per i dipendenti che non seguono le regole imposte dai datori di lavoro, sono severe. La broker californiana Jenny Quyen Ta, per esempio, è stata sospesa l’anno scorso perché aveva pubblicizzato su Twitter alcuni investimenti senza avvertire prima la società per cui lavorava.
L’avvicinamento delle banche ai social network ha portato perfino alla nascita di start-up specializzate, che vendono software per archiviare messaggi standard e facilitare il processo di supervisione. Socialware, una delle prime aziende operanti nel settore, ha clienti importanti, da Morgan Stanley Smith Barney alla compagnia assicurativa Guardian Life, passando per la società di asset management Alliance Bernstein. E il fenomeno appare destinato a dilagare, come spiega l’amministratore delegato Chad Bockius, intervistato dal New York Times: «È come quando», ha detto, «le aziende hanno iniziato a utilizzare internet per lavoro».