Cronaca

Strage Tolosa, l’assedio durato 32 ore che mette nei guai Nicolas Sarkozy

Dopo la morte del killer che in due settimane ha ucciso sette persone tra cui anche tre bambini ebrei, i media si chiedono: l'uomo poteva essere fermato prima? Del resto era segnalato anche sulla lista nera americana dei sospettati per terrorismo. Dubbi che pesano sulla corsa all'Eliseo del presidente uscente

Il killer di Tolosa, Mohammed Merah

Dopo 32 ore di assedio alla casa di Mohamed Merah, il giovane francese di origini algerine, autore dell’assassinio di sette persone in pochi giorni. E dopo il finale della storia, la morte del killer, nonostante svariate precauzioni da parte del Raid, le teste di cuoio francesi, puntuali e inevitabili scattano le polemiche. E le domande: doveva finire proprio così? Merah, già individuato come fondamentalista islamico, alle spalle trasferte ai confini tra Afghanistan e Pakistan, non poteva essere individuato in precedenza? Fermato già dopo la prima esecuzione?

Nella lista nera di Washington – Come indicato da un responsabile dei servizi segreti americani al Wall Street Journal, il giovane figurava «da un po’ di tempo» nella lista nera delle autorità Usa, con tutte le persone che non possono prendere voli aerei a destinazione degli Stati Uniti o provenienti dal Paese, perché sospettati di terrorismo. Già conosciuto anche dai servizi segreti francesi, possibile che il killer non fosse sotto controllo? O almeno individuato dopo il primo omicidio, quello di un paracadutista, l’11 marzo, avvenuto a poche centinaia di metri da casa sua? Il premier François Fillon ha detto stamani che «non c’erano elementi che permettessero di poter fermare Merah. In un Paese come il nostro non si può sorvegliare in permanenza qualcuno, senza una specifica decisione della giustizia: viviamo in uno Stato di diritto». La Dcri, i servizi segreti interni, hanno fatto bene il loro lavoro, secondo il Primo ministro: «Lo ha identificato in occasione dei suoi viaggi, lo ha controllato ed è arrivato alla conclusione che non fosse pericoloso. Appartenere al salafismo non rappresenta un reato».

Un raid dai contorni misteriosi– Si ritorna anche sull’operazione, ormai nel mirino delle critiche. Christian Prouteau, fondatore del Gign, altro corpo speciale, ma della Gendarmeria, se l’è presa stamani, dalle colonne di Ouest-France, con il Raid: «Com’è possibile che la migliore unità della polizia non riesca a fermare un uomo solo?». «Bisognava usare il gas lacrimogeno in forti quantità. Non avrebbe resistito neanche cinque minuti. Invece, hanno iniziato a lanciare granate. Hanno messo quello squilibrato nello stato psicologico di continuare la sua guerra». L’operazione è stata seguita dal ministro degli Interni Claude Guéant, sul posto a Tolosa, e dallo stesso Nicolas Sarkozy, da Parigi. Che, secondo un collaboratore, citato dal sito di Le Monde, «riteneva che non si dovesse fare di Merah un martire. Per questo ha dato istruzioni di prolungare al massimo il dialogo». Il giovane era stato individuato come autore degli assalti il mercoledì pomeriggio. Perché non è stato possibile arrivare allo stesso risultato prima? Il 15 marzo altri due paracadutisti erano stati uccisi e, lunedì scorso, la strage alla scuola ebraica di Tolosa, a tre km dall’abitazione di Merah. Stamani Gérard Longuet, ministro della Difesa, si è pentito di non avere chiamato subito dopo il primo omicidio il caporeggimento del militare ucciso. «Mi avrebbe detto che era una brava persona, di una famiglia onesta, che era incomprensibile… Noi, invece, dato che il fatto era avvenuto fuori dalla caserma, abbiamo pensato a qualcosa di personale. E che la giustizia ordinaria dovesse fare il suo corso». Poi la polizia ha seguito una pista sbagliata, ma estremamenete plausibile, quella dei militari della stessa caserma di parà, accusati negli anni scorsi di razzismo e di simpatie neonazi. Una complicazione supplementare.

Il sopravvento della politica, inevitabile – A poco meno di un mese dal primo turno delle presidenziali, il dibattito politico si sta impossessando di queste polemiche. Il socialista Jérome Gjeudi, presidente della Regione Essonne e membro dell’équipe del candidato François Hollande, ha chiesto le dimissioni di Guéant. E criticato il ruolo dei servizi segreti e del Raid. Particolarmente battagliera Marine Le Pen, la candidata dell’estrema destra, che già aveva criticato la lentezza del blitz durante l’operazione. E che, alla fine, ha detto: «Non ci saranno molti francesi pronti a versare delle lacrime per Merah».