E’ la stessa esperienza raccontata da Mary Collins ad un simposio promosso dalla Università Gregoriana. L’abuso subito da bambina gli ha portato una vita di errori e depressione. La liberazione come lei racconta, è avvenuta quando ha superato lo stesso bivio: – uomo di Dio o persecutore – davanti al quale si trovano tutte le vittime di abusi, generalmente fedeli cattolici. Presentare i sacerdoti come mediatori di Dio sulla terra è il peccato originale. Che impedisce a loro e agli altri di essere uomini. É un’altra declinazione della deviazione antropologica della chiesa di questa età. E’ il pensiero sull’uomo che è inadeguato e a volte perverso come abbiamo detto spesso.
Al centro di questa visione c’è un uomo bambino che demanda ad altri le sue responsabilità, che è sempre in attesa di un magistero per sapere cosa fare, che non sa stare da solo. É un uomo che balbetta sui due problemi basilari della vita: la sessualità e il sostentamento economico. Non misurarsi “ab imis” come direbbe un prete, con la materialità dell’essere compromette una spiritualità sana. Cresce un albero senza radici che ha rami nodosi e sterili, senza foglie. Anche per una “vocazione” mistica in cui esista una feconda scelta di castità, occorre tanto più un’intima connessione con la propria identità sessuale. La maggior parte dei sacerdoti che si formano, educati ad eludere questi due temi, crescono come perenni adolescenti, vittime dei loro stessi impulsi.
Quelli che resistono e sono tanti, sono degli eroi voluti da Dio. Si manifesta una comunità fragile, appesa, senza fondamenta. Una chiesa che più difende i suoi uomini e più fa arretrare Dio. Una vecchia bambina del medioevo impaurita e attaccata alle sue immaginette e ai suoi merletti. Qualche segnale di lieve risveglio si avverte ma la strada è lunghissima e molto dolorosa.