Alzi (virtualmente) la mano chi non ricorda la canzone vincitrice del Festival di Sanremo del 1997: Fiumi di parole. Alzi il mouse chi non ricorda il nome del duo che la cantava: i Jalisse, ovvero Fabio Ricci e Alessandra Drusian. E ora un tweet da chi sa dirmi che fine hanno fatto. Io per saperlo ho attinto al libro di Valeria Ducato I Jalisse. Che fine hanno fatto? Incuriosita dal gossip intorno alla loro vicenda. Volevo le prove delle voci di corridoio che insinuavano che non fossero scomparsi bensì fossero stati fatti scomparire. Perché e in che modo questo era accaduto?

Ricordiamo che la loro vittoria quell’anno fu decretata attraverso i dati della Doxa che riportarono voti unanimi delle giurie popolari del nord, centro e sud in rappresentanza del “popolo sovrano”. Un popolo che non avrebbe permesso quelle malefatte e quegli intrighi che si sospettavano intorno alle precedenti edizioni del Festival, essendo la kermesse un’occasione ghiotta per ogni casa discografica non solo riguardo la visibilità (per l’intera scuderia), ma anche per i successivi introiti derivanti da concerti e ospitate. Dopo reiterati pettegolezzi e un paio di scoop di Striscia la notizia, datati 1990 e 1996, dove le triplette vincenti erano state rivelate prima dei verdetti, la seconda volta tramite un gioco tipo enigmistico, nel ‘97 l’attenzione era tutta su una vittoria che doveva essere pulita.

I Jalisse erano approdati a Sanremo da esordienti (per giunta indipendenti), ignorati all’inizio dai media e poi dagli stessi inseguiti come la rivelazione del Festival, quando nel corso delle serate erano passati tra i big secondo il regolamento di quell’anno. I favoriti erano altri eppure vinsero loro, con un brano che era entrato prepotentemente nella testa di tutti e che quell’anno avrebbe anche rappresentato l’Italia all’Eurofestival, dove a gran voce essa era stata chiamata a partecipare dopo anni di pausa dovuti, sembra, alla fallimentare edizione tenuta nel nostro Paese nel ‘91 (la vittoria di un artista comportava infatti che la sua nazione di provenienza divenisse il paese ospitante per l’edizione successiva, con un esborso di circa 12 miliardi che solo gli investimenti pubblicitari avrebbero potuto rimpinguare, visto che era tutto a carico della Rai. Purtroppo però quell’edizione era stata un flop dal punto di vista degli ascolti e gli investitori probabilmente si erano infuriati. Esperienza dunque da non ripetere). I Jalisse quindi, pur essendo i favoriti, non vinsero. Su questa sconfitta cadde il sospetto di un’occasione “impedita” e non mancata.

Il loro album venne distribuito con ritardo negli store, a loro furono inoltre rivolte accuse di plagio nei confronti di un brano dei Roxette i quali però, non riscontrandone gli estremi, non agirono mai legalmente contro il gruppo italiano; ancora prima erano stati accusati di un verdetto pilotato per via del legame della loro coautrice e produttrice Carmen di Domenico con Sergio Bardotti, uno degli autori del Festival di quell’anno. Tutto, per ostacolarne la possibile ascesa, tutto per farli dimenticare in fretta come in fretta erano saliti alla ribalta. Non si poteva permettere che questa vittoria creasse il “precedente” e quindi, l’ordine degli addetti ai lavori fu di far dimenticare i Jalisse al pubblico che li aveva scelti, pubblico che ha finito per sposare la convinzione che essi siano stati delle meteore dal momento che sono spariti dal firmamento in un battibaleno. Questo però è accaduto perché furono deliberatamente estromessi dai canali mediatici, quindi niente televisioni, niente giornali, niente radio e molte le maldicenze dei giornalisti durante gli anni. Insomma passarono da simbolo di cambiamento, di chi senza appoggi ce la poteva fare, a simbolo di fenomeni del momento.

Oggi i Jalisse, che sono una coppia anche nelle vita (al contrario delle continue smentite degli inizi per timore che il loro sodalizio artistico potesse “soffrirne”), portano avanti diversi progetti musicali, con i bambini delle scuole e di beneficenza (si sono attivati particolarmente in occasione del terremoto che ha colpito L’Aquila nel 2009) e hanno continuato a scrivere e cantare altre parole oltre quei fiumi del ’97.

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