Un testo blindato: la riforma del lavoro approvata ieri dal consigli dei ministri non sarà aperta a contributi esterni al governo. Lo ha detto a chiare lettere il premier Mario Monti nel suo intervento al Forum di Confcommercio di Cernobbio, che oggi ha rappresentato il centro della politica italiana. “Nessuno pensi che sia suscettibile di incursioni”: sono state le parole utilizzate dal presidente del consiglio, che ha spiegato il significato della definizione ‘salvo intese’ che riguarda la riforma del lavoro. “Questa strana formula che non è uscita per assonanza con Salva Italia – ha detto Monti – significa salvo intese fra i membri del governo e il capo dello Stato. Nessuno si illuda – è il messaggio di Monti – che significhi che forze importanti esterne al governo possano intervenire per cambiare i contenuti”. La palla, quindi, passa al Parlamento, che deciderà “se farlo cadere (il testo di legge, ndr), approvarlo in blocco o modificarlo”.
Chiara la posizione del premier e dell’esecutivo anche sul rapporto con le parti sociali che, “non provviste di un cedolino che dice ‘diritto di veto’ sono importanti, sono corpi intermedi che svolgono una funzione essenziale, ma al loro posto”. Sul dialogo con i sindacati per quanto riguarda il testo di legge, invece, Monti ha specificato il motivo del pugno duro sulla tempistica dell’approvazione del ddl in consiglio dei ministri. “Avremmo forse potuto, se avessimo prolungato il dialogo con le forze sociali, avere un decreto legge – ha detto il capo del governo – ma avremmo ceduto in itinere sul piano di principio e sul piano di contenuto in quello che sembra un livello minimale per contribuire a mettere su le condizioni della crescita”. Monti, poi, ha affrontato la questione dello sciopero generale annunciato dalla Cgil. “Non mi aspetto che ci sia una revoca, mi dispiace, ma credo faccia parte della fisiologia normale dei rapporti sociali” ha ammesso il premier, che poi ha sottolineato come “non avrà fatto piacere il fatto che riaprissimo gli studi di settore ma è stato necessario”.
Il premier, inoltre, ha motivato la scelta della fermezza perché “è sempre facile dire di sì a tutti, avendo a cuore la pace sociale” in anni difficili “e una parvenza di coscienza sociale”, ma si “scarica il peso sociale sulle inermi spalle di bambini che sarebbero nati decenni dopo e che ora sono i nostri giovani”. “Non è sempre facilissimo – ha proseguito Monti – far cadere in modo armonioso le tessere del mosaico in modo che tutti loro possano sostenerci in Parlamento ma devo dare atto del grandissimo senso di responsabilità delle forze che appoggiano il governo. Quando i politici, credo i migliori che l’Italia abbia avuto, speriamo che questo governo faccia cose che la politica non è riuscita a fare stanno dicendo che in passato la politica ha ascoltato troppo le categorie”.
Nel discorso del presidente del Consiglio, inoltre, vari passaggi sono stati dedicati all’atteggiamento della politica sull’operato del governo tecnico. Il messaggio, in particolare, era rivolto a Roberto Maroni. “Mi permetto di dire che non condivido quasi niente del Maroni storico e del Maroni astorico – ha detto Monti – perché non mi sembra sinceramente possibile, e non credo che neanche l’onorevole Maroni sia convinto, che chi ha fatto parte di posizioni eminenti di governo svolgendo al meglio la propria funzione, creda alle cose che ha detto”. Per argomentare la sua presa di posizione, Monti ha paragonato il comportamento di Maroni a quello di altri ex esponenti di governo, in cui il premier ha notato “una ricerca di ripensamento su ciò che non ha funzionato”. In Maroni, invece, nulla. “Non posso credere che non sia convinto di avere lui e i suoi colleghi di governo e delle forze politiche che hanno dato vita a quei governi – è stato il ragionamento del premier – responsabilità enormemente maggiori dell’attuale governo, in un sistema nel quale giustamente denuncia l’eccesso di imposizione fiscale”. “L’unica cosa che è stata facile – ha aggiunto Monti – è stato invertire il corso del precedente governo e abbiamo ritirato il ricorso del governo contro la decisione della giustizia amministrativa che si era opposta. Insomma abbiamo chiuso quegli strani dipartimenti a Monza. Purtroppo crediamo con questo di avere fatto opera squisitamente meritoria sul piano del consenso e della osservanza della Costituzione, ma dal beneficio economico molto modesto”.