State giocando a Testa e Croce, un euro al colpo: se vincete, intascate un euro, se perdete pagate un euro. A tutti gli effetti state praticando un gioco d’azzardo, perché sussistono entrambe le condizioni che lo definiscono. L’esito del gioco non dipende dalle decisioni prese dal giocatore (ma solo dalla fortuna) e c’è in palio una posta in denaro. Lo codifica anche l’articolo 721 del Codice Penale “sono “giuochi di azzardo” quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria”.
In questi mesi si fa un gran parlare di gioco d’azzardo, per via del dilagante fenomeno della ludopatia, la più diffusa delle cosiddette “nuove dipendenze”. Secondo Cesare Guerreschi, direttore della Società Italiana di Intervento sulle Patologie Compulsive gli affetti da ludopatia sarebbero in Italia alcune centinaia di migliaia.
I commentatori però spesso s’ingannano e tra i giochi d’azzardo elencano ingiustamente anche il poker, forti della stereotipata immagine delle fumose bische dei vecchi film. Ma il poker moderno è tutta un’altra cosa, soprattutto quello da torneo. Certo si gioca anche (ma non solo) per denaro, ma l’esito del gioco dipende più dalle scelte del giocatore, che dal caso. E migliori sono le sue scelte, più vincente alla lunga sarà il giocatore. Infatti esiste una nutrita schiera di giovani professionisti, che di poker vivono; gente seria, che si tiene in forma, che studia e analizza il gioco per molte ore al giorno, esattamente come fanno i maestri di scacchi.
Ma torniamo all’azzardo vero. Se il Testa e Croce che giocavate prima almeno era “equo” (tanto si vince, tanto si perde), i giochi da casinò sono “svantaggiosi”, perché la casa da gioco si trattiene statisticamente una percentuale sul giocato; nel caso della roulette il margine è del 2,7%, mentre nel blackjack, se giocato correttamente, può scendere anche sotto l’1%.
Che dire poi dei cosiddetti Giochi Pubblici, gestiti direttamente dallo Stato (Lotto & Co., per intendersi)? Si tratta di vere e proprie truffe legalizzate, trappole dove il margine che lo Stato si tiene raramente resta al di sotto del 30%, arriva tranquillamente sopra il 60% e si avvicina – nel caso della cinquina al Lotto – all’incredibile livello del 90%. Non a caso il Lotto veniva definito “tassa sull’ignoranza”. Ma voi giochereste a Testa e Croce pagando un euro quando perdete e incassando solo 10 centesimi quando vincete?
Vi sono associazioni che vivono il gioco in tutt’altro modo, cioè come fenomeno ludico-ricreativo-sociale e giustamente si sentono in imbarazzo con le connotazioni negative che la parola gioco può assumere. Stanno quindi partendo con una campagna per chiedere ad AAMS e collegati che in tutte le promozioni e pubblicità di Giochi Pubblici per denaro la parola “gioco” sia sostituita da “gioco d’azzardo”. Certo l’informazione ne risulterebbe più corretta. Se fosse per me obbligherei anche a rendere noto il rendimento di ogni gioco pubblicizzato, penso che sarebbe un bel deterrente per molti giocatori inconsapevoli, un po’ come gli avvisi nei pacchetti di sigarette.
Ancora più pericolose dei Giochi Pubblici sono però le Slot Machine, il massimo dell’alienazione, capaci di dare vera e propria dipendenza. Non si deve nemmeno più tirare il “braccio”, né tanto meno raccogliere i gettoni delle occasionali vincite. Si inseriscono le banconote e le si dilapidano in pochi minuti. E invece in Italia sono dilagate, mentre è ancora illegale farsi un pokerino da 20 euro al circolo sotto casa. Qualcosa non quadra. Stiamo a vedere come interverrà il governo.