Nell’imminenza del rinnovo del Consiglio dell’AgCom trovo preoccupante il silenzio che circonda questo passaggio parlamentare così importante per le implicazioni, fino al 2019, sulla gestione delle regole democratiche, sui funzionamenti del sistema dell’informazione e delle comunicazioni e sulle regole del mondo delle telecomunicazioni a cui si chiedono nei prossimi anni investimenti cruciali per contribuire al rilancio economico del Paese.

La riduzione disposta con la Legge “Salva Italia” dello scorso mese di gennaio del numero dei componenti del Consiglio dell’AgCom da otto a quattro dovrebbe consigliare un ripensamento complessivo dei meccanismi di nomina previsti dalla Legge Maccanico (Art.1 comma 3, Legge 249/1997). I Commissari restano in carica ben sette anni, un tempo davvero lunghissimo. Uno studio condotto nel 2009 dal “Robert Schuman Center for Advanced Studies” che ha considerato 175 agenzie di regolamentazione settoriali in 88 paesi indica una media di cinque anni per la durata degli incarichi di governo delle Authorities, mentre i nostri 7 anni rappresentano un caso limite. Ad un’eventuale riduzione della durata degli incarichi di Commissario dovrebbe corrispondere anche una variazione del regime delle incompatibilità che dovrebbe prevedere un periodo antecedente, ad esempio di due anni, di assenza di incarichi politici e di lavoro dipendente in aziende dei settori controllati, rivedendo o addirittura cancellando l’attuale irrilevante, anzi pericolosa, incompatibilità all’atto dell’abbandono dell’incarico.

La lunga durata dell’incarico di Commissario AgCom, la sostanziale inamovibilità, e l’esiguità del numero dei componenti il Consiglio (cinque, compreso il presidente, non eletto ma nominato di concerto fra il ministro competente e il Capo del Governo, con la ratifica del Presidente della Repubblica), dovrebbero oggi consigliare al Parlamento una cautela anche maggiore di quella esercitata in passato nell’identificare i nominativi, possibilmente fuori da logiche partitiche e comunque rivalutando “senza se e senza ma” il criterio di legge che impone la scelta “fra persone dotate di alta e riconosciuta professionalità e competenza nel settore” (Legge n. 481/1995, istitutiva delle due Autorità per l’Energia e per le Comunicazioni).

Stando così le cose, purtroppo, l’esito di questa fase è facilmente prevedibile: un accordo spartitorio fra Pdl e Pd che metta fuori gioco tutte le altre forze politiche per eleggere due Commissari per parte. Se questa facile profezia si dovesse avverare, si sarà operato lo scempio del dettato della legge e un’offesa ai cittadini. Credo che il Governo abbia il dovere di intervenire senza indugio, evidentemente non nel merito (non può e non deve!), ma sulle regole, quanto meno per rendere la vita più difficile a chi volesse privilegiare, attraverso lo strumento del consociativismo, il criterio della fedeltà rispetto a quello della competenza, con il risultato netto di uno scadimento, non sostenibile da questa Alta Istituzione, del livello qualitativo del Consiglio.

Credo che, nel rispetto assoluto delle prerogative del Parlamento, una possibile linea d’azione possa costruirsi sulla base di un meccanismo a “doppio turno” per giungere all’elezione in Aula dei quattro Commissari. Un primo livello di scelta potrebbe coinvolgere le due Commissioni Parlamentari, di Camera e Senato, secondo competenza, al fine di predisporre una lista di candidature “sopra soglia” per competenza e pertinenza dei curricula; si dovrebbero prevedere audizioni obbligatorie dei candidati e sia i relativi curricula che i verbali delle audizioni dovrebbero essere resi pubblici, sui siti web dei due rami del Parlamento, in ossequio a un doveroso criterio di trasparenza nei riguardi dei cittadini. Solo a questo punto, si potrebbe procedere con il “secondo turno” che consiste nella votazione in Aula ed elezione di due Commissari da parte della Camera e di altri due da parte del Senato, possibilmente a maggioranza qualificata, almeno in un primo scrutinio. Così facendo, si godrebbe di un duplice vantaggio:
a) i Parlamentari potranno votare in modo più consapevole;
b) i cittadini, anche grazie alla mediazione della stampa, potranno giudicare l’operato delle due Commissioni parlamentari rispetto alla scelta preliminare operata, verificando se i criteri di Legge sono rispettati in pieno. La trasparenza dell’operazione darebbe la massima garanzia di scelte di qualità e indipendenza.

Un ulteriore problema, niente affatto secondario, aperto dalla riduzione a quattro del numero dei Commissari AgCom riguarda il numero e la composizione delle Commissioni, ora in numero di due ma che, considerate anche le nuove attribuzioni dell’AgCom in materia postale, dovrebbero aumentare di numero. Inoltre, vista la rilevanza assunta da Internet nella moderna Società, sarebbe utile un ripensamento più ampio rispetto alla struttura di queste Commissioni, prevista alla fine degli anni Novanta quando Internet ancora non esisteva, né se ne poteva prevedere la pervasività che ha poi assunto nella vita di tutti noi. Pertanto le Commissioni da due potrebbero divenire quattro, articolandosi, ad esempio in:
1) Infrastrutture e Accesso TLC;
2) Internet e Servizi TLC;
3) Audiovisivo, Contenuti e Media;
4) Servizi Postali.

Occorre, peraltro, esaminare con grande attenzione la distribuzione dei ruoli, fra Commissioni e Consiglio e chiarire senza possibilità di equivoco se le prime devono avere ruolo consultivo, istruttorio o deliberante. Tutte questioni di rilevante importanza su cui ci si attende un chiarimento da parte del Governo che, avendo già dato prova di ascoltare tutti ma di non fermarsi di fronte alle infinite discussioni politiche a cui l’agonizzante Seconda Repubblica ci aveva abituato, si trova oggi nella condizione migliore per decidere su una materia tanto delicata ma anche così strategica nell’ottica della modernizzazione del Paese.

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