L'Authority vanta nei confronti della Ionian Spirit un credito di 300mila euro, che lievita a circa 800mila euro, considerando i diritti maturati nei confronti delle altre imbarcazioni della stessa compagnia. Da qui il provvedimento, che ha bloccato anche le 250 persone che dovevano andare in Albania
“Io ho fatto 1.400km per imbarcarmi da qui ieri sera e arrivare a Valona all’alba. Avrei dovuto partecipare al funerale di mio padre. Invece, sono stato letteralmente ‘sequestrato’ in questo porto. Peggio, nessuna assistenza, nessuna informazione. Sul traghetto ci sono anche bambini e anziani malati. Ci stanno trattando come le bestie”. Sulla banchina del porto di Brindisi, a Costa Morena, le testimonianze sono una più arrabbiata dell’altra. Duecentocinquanta passeggeri sono rimasti bloccati alla partenza.
Alla Ionian Spirit, la nave che avrebbe dovuto portarli in Albania, sono stati apposti i sigilli. Sequestro conservativo. Il provvedimento, emesso dal Tribunale di Brindisi su istanza dell’Autorità portuale, è stato notificato poco prima di salpare, alle 22.30, al comandante della motonave, raccomandata dall’agenzia Albatros di Francesco Aversa. “Una decisione che l’Autorità è stata costretta a prendere – scrive il presidente Hercules Haralambides – al fine di garantire una leale concorrenza di mercato e per un corretto utilizzo del pubblico denaro, salvaguardando quegli operatori che pagano regolarmente le tariffe e i brindisini che regolarmente contribuiscono con le loro tasse”. L’Authority vanta nei confronti della Ionian Spirit un credito di 300mila euro, che lievita a circa 800mila euro, considerando i diritti maturati nei confronti delle altre imbarcazioni della stessa compagnia. Somme, però, ancora oggetto di contestazione in giudizio e che Albatros sostiene di non dover pagare perché “le tariffe imposte – replica l’agente marittimo Francesco Aversa – prevedono delle controprestazioni mai garantite, come l’assistenza ai passeggeri o il terminal, che qui addirittura hanno dovuto costruire i privati”.
E’ la prima volta che in Italia si arriva al sequestro di una nave a garanzia del credito. “Avrebbe dovuto essere l’ultima ratio, se c’è il pericolo di fuga – continua Aversa – ma noi siamo un traghetto di linea, di stanza qui dal 1994. E poi, se proprio era necessario apporre i sigilli, avrebbero potuto farlo al rientro da Valona, visto che si sapeva che nella giornata di oggi saremmo rimasti in porto, in quanto navighiamo a giorni alterni. Questo avrebbe almeno evitato di recare danno e disagio ai passeggeri”.
Loro, quasi tutti di nazionalità albanese, hanno atteso fino a notte fonda prima di essere trasferiti su un altro traghetto. Un centinaio è andato via, per imbarcarsi da Bari. 149 persone, invece, aspettano ancora. Salperanno in tarda serata. Ma gli animi restano agitati. Sono volate monetine e si è sfiorata la rissa. Oltre al danno, infatti, non è mancata la beffa. “Ci hanno tolto il biglietto come se fossimo dei banditi. Abbiamo dovuto anche pagare 60 euro in più per ogni cabina – racconta un passeggero spazientito – Con me c’è una bimba malata di cuore e non ho avuto alcun supporto. Non si è presentato nessuno che ci spiegasse il perché e ci dicesse cosa fare. Abbiamo dovuto pure aspettare dodici ore per poter presentare la prima denuncia alla polizia di frontiera. Possibile che nessuno abbia pensato a noi?”.
Ecco: sono innanzitutto loro a pagare il braccio di ferro, a dire il vero non nuovo e non isolato, tra Authority e armatori. L’Autorità portuale si è detta “dispiaciuta dei disagi arrecati ai passeggeri, ma la responsabilità di quanto avvenuto è da ascrivere esclusivamente all’armatore e all’agente marittimo della Ionian Spirit che per anni non hanno ottemperato a quanto previsto dalla legge, nonostante i reiterati tentativi di mediazione intrapresi in più occasioni”. Il problema è la scelta del quando e del modo. “Ci hanno trattato senza rispetto”, ripetono gli albanesi rimasti a bordo. E nonostante il presidente Haralambides si sia affrettato nel sottolineare che “tutta l’operazione è stata gestita con elevata professionalità dalla Capitaneria di Porto, dalla Polizia di Frontiera e dalla Guardia di Finanza e dal personale di questa Autorità che è rimasto nella zona di Costa Morena sino a notte inoltrata”, la loro rabbia e la loro verità raccontano ben altro.