Presto il giudice di Foggia sarà chiamato a decidere sul reintegro di una dirigente amministrativa licenziata dal preside che si vantava di aver per primo attuato la riforma Brunetta sul licenziamento del personale della scuola. Alcune delle linee che stanno ispirando la riforma delle norme che regolano i rapporti di lavoro attualmente in discussione, infatti, erano state anticipate dall’ex ministro alla funzione pubblica. Con la legge 150, in particolare per facilitare il licenziamento per motivi disciplinari.

E in base a questa legge un preside di Foggia, Donato Attilio Fratta, tre anni fa, quando dirigeva il locale liceo scientifico Marconi, aveva mandato a casa la dirigente amministrativa a cui veniva contestato il fatto di prendere servizio in ritardo. Inutili le spiegazioni date dall’interessata sui suoi orari di lavoro che andavano peraltro ben al di là del dovuto. Il procedimento è andato avanti fino alle sue estreme conseguenze anche grazie al beneplacito di Letizia Stellacci, all’epoca direttore scolastico regionale della Puglia ed attuale massimo responsabile ministeriale della scuola a Roma.

Sta di fatto che la dirigente amministrativa del Marconi sta aspettando che un giudice valuti il caso: l’udienza è fissata per i primi del prossimo mese di maggio. La memoria di difesa è ricca di innumerevoli citazioni di abusi che il Fratta avrebbe effettuato e che la stessa licenziata aveva invano cercato di parare anche per tutelare l’interesse dei bilanci della scuola. Nel frattempo il preside che ha attivato il licenziamento è andato in pensione, ma a sua volta dovrà fare i conti con un’indagine in atto alla procura della repubblica di Foggia. Per alcuni suoi comportamenti a dir poco discutibili.

Guai giudiziari a cui il Fratta non è nuovo. Si ricorda, ad esempio, una condanna in primo grado a sei mesi da lui subita in seguito a un comportamento di abuso d’ufficio nei confronti di una docente di una scuola di Lucera. Altro guaio nel 2008 quando veniva denunciato da una docente sottoposta ad atteggiamenti autoritari e volgari che avevano indotto la procura di Foggia a contestargli una lunga serie di reati. Ma Donato Attilio Fratta, pur in pensione, continua tuttora ad essere oggetto di una lunga serie di contestazioni per il fatto di aver assunto la presidenza di un’associazione di categoria, la Dirpresidi , dopo essere stato espulso dall’Anp (Associazione nazionale presidi). Una sorta di vera e propria usurpazione che diverse sentenze giudiziarie hanno sancito imponendogli di restituire la legittima responsabilità della Dirpresidi a un collega della provincia di Caserta. Un braccio di ferro che ha una sua logica: la possibilità di organizzare corsi di aggiornamento a pagamento, un affare oggi di grande attualità. In questo clima torbido la dirigente amministrativa del Marconi resta licenziata e senza stipendio. Solo il giudice potrà ridargli il suo posto.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LA PRECISAZIONE DEL DOTT. FRATTA
Gentile direttore, in data 27 marzo 2012 il quotidiano da Lei diretto ha pubblicato sul proprio sito internet l’articolo “Preside licenziò prof per la legge Brunetta, ora il giudice decide sul reintegro” a firma del giornalista Augusto Pozzoli, lo stesso giornalista che, il 19 ottobre 2010, pubblicava l’articolo “Il preside impunito”. Entrambi gli articoli hanno come obiettivo solo quello di calunniare la mia persona e fanno parte di un disegno criminoso architettato ed attuato, con la complicità del su indicato giornalista, per inviare un messaggio trasversale ai dirigenti scolastici d’Italia con un fine ben preciso: prima di iscrivervi alla Dir-Presidi-Scuola sappiate che il suo Presidente Nazionale è una persona dalla quale è meglio stare alla larga. Non a caso, sistematicamente e puntualmente entrambi gli articoli sono stati inviati, via mail e via fax, ai dirigenti delle scuole nelle cui regioni sono state organizzate assemblee di categorie della suddetta organizzazione sindacale. Il metodo Boffo, fu definito: quando non si hanno argomentazioni per controbattere idee con argomentazioni e dibattiti bisogna, Rossini docet, ricorrere alla calunnia che si diffonde come il venticello. Avendo messo in conto che, in un ambiente così degradato, dove l’anomia è la norma, far funzionare la pubblica amministrazione, tutelare gli utenti di un servizio, combattere illegalità e scorrettezze consolidate fino al punto da essere ritenute normali, equivale ad esporsi e, quindi, essere pronto a qualsivoglia ripercussione anche da parte della stessa pubblica amministrazione pronta a tollerare anche comportamenti criminosi e delinquenziali, non ho reagito immediatamente ad attacchi squallidi ed infondati. Il timore che anche quei pochi dirigenti che hanno iniziato a prendere il coraggio a due mani, visto quello che può succedere a chi ha ancora il senso dello Stato e si preoccupa di far rispettare le legge e, ancora di più, di educare le future generazioni, possa desistere e ripiombare nella diffusa omertà contribuendo al degrado (oltre l’ultimo posto della nota classifica di vivibilità delle città italiane, Foggia non può andare!), mi ha indotto a scriverLe la presente. I due articoli su richiamati, a firma del giornalista Augusto Pozzoli, denotano l’ignoranza normativa dell’autore che attribuisce ad un dirigente scolastico il potere di licenziamento del personale. Un giornalista, ma anche una persona comune, ovviamente se corretta, prima di lasciarsi andare a commenti e critiche, ha il dovere di verificare la veridicità e la fonte delle notizie che gli vengono trasmesse. Bastava leggere gli atti e i documenti per conoscere la verità. Ed invece l’autore, con gli articoli de quibus, per il linguaggio usato e gli episodi riferiti ha perseguito l’unico obiettivo di denigrare la mia persona e l’istituzione che ho diretto per decenni attraverso una rappresentazione falsata di fatti, tempi e circostanze. Inoltre, il giornale da Lei diretto, ritenendo di rendere un servizio all’intera collettività ha immesso nel circuito della rete internet, con titoli emblematici, i due articoli. In proposito, ed in via preliminare, va precisato che la Suprema Corte di Cassazione nel ritenere ammissibile il diritto di cronaca, e non di calunnia, a mezzo stampa ha anche fissato i limiti entro cui tale diritto va esercitato. Afferma la Cassazione che, al fine di considerare lecita espressione del diritto di cronaca, la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell’onore, tale da non comportare responsabilità civile per violazione del diritto all’onore, alla reputazione, etc. devono ricorrere tre condizioni: 1. utilità sociale dell’informazione; 2. verità oggettiva o anche soltanto putativa purché frutto di diligente lavoro di ricerca; 3. forma civile dell’esposizione dei fatti e della loro valutazione, che non ecceda lo scopo informativo da conseguire e sia improntata a leale chiarezza, evitando forme di offesa indiretta. In assenza anche di uno solo di questi requisiti la manifestazione del pensiero è da considerarsi illecita. Il riferimento al diritto di cronaca attraverso la divulgazione a mezzo stampa appare, invero, conferente al caso in esame in quanto la Cassazione equipara, a quest’ultimo tipo di divulgazione, anche quella on-line, partendo dal presupposto che quando un soggetto immette un articolo in rete la comunicazione che ne deriva va considerata come effettuata verso tutti i possibili visitatori del sito e dei siti sui quali la notizia rimbalza con effetto domino. Non a caso la giurisprudenza è dell’avviso che l’abuso del diritto di cronaca può concretarsi anche tramite diffusione di messaggi via internet, poichè il mezzo di diffusione non modifica l’essenza del fatto, valutabile alla stregua dei normali criteri che governano il libero e lecito esercizio del diritto di cronaca, muovendo dal presupposto che l’introduzione di informazioni su Internet ha natura di pubblicazione ai sensi dell’art. 12 della legge 22 aprile 1941 n. 633 (Protezione del diritto di autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), con tutte le implicazioni giuridiche che ne conseguono sia sul piano civilistico sia sul piano penalistico. Nel testo degli articoli pubblicati e messi in rete dal Suo giornale – inserendoli anche in un sito non protetto e quindi consultabile da tutti – vengono fatte affermazioni che non trovano corrispondenza nei fatti documentati e che stravolgono la verità descrivendo un fedele servitore dello Stato come persona non corretta e, addirittura, impunita per aver fatto solo ed esclusivamente il suo dovere. Afferma l’autore degli articoli: “il giudice di Foggia sarà chiamato a decidere sul reintegro di una dirigente amministrativa licenziata dal preside” . Solo un “ignorante”, ossia uno che non sa, può affermare che un Dirigente, impropriamente definito Preside, ha il potere di licenziare una dipendente, sempre “ignorantemente” definita “dirigente amministrativa”. Tale potere spetta al Direttore Generale. Il Dirigente ha solo “l’obbligo”, per non incorrere, a sua volta, nella sospensione dal servizio fino a tre mesi oltre che risponderne penalmente, di trasmettere gli atti al Direttore Generale titolare del potere disciplinare non di sua competenza. “un preside di Foggia(…) tre anni fa, (…) aveva mandato a casa la dirigente amministrativa a cui veniva contestato il fatto di prendere servizio in ritardo”. Niente di più falso! Immaginiamoci se nella pubblica amministrazione, notoriamente inclusiva, si possa licenziare un dipendente perché prende servizio in ritardo. Ben altri sono gli illeciti che hanno “costretto” il Direttore Generale a disporre il licenziamento. Se l’autore di tali articoli avesse letto il provvedimento di licenziamento ed il lungo elenco degli illeciti penalmente rilevanti al vaglio della Procura della Repubblica di Foggia, quantomeno avrebbe osannato chi ha avuto il coraggio di denunciare, ben sapendo che l’avrebbe pagata cara, anche in termini di gossip che non guasta mai. Avrebbe scritto che, finalmente, nella pubblica amministrazione, il garantismo ad oltranza e al limite dell’indecenza vengono censurati. Si sarebbe, inoltre, chiesto come mai e perché illeciti del genere sono stati per anni tollerati. In tal modo avrebbe si reso un servizio alla collettività contribuendo a, quantomeno, ridimensionare la diffusa omertà che, come asserisce il Dr. Vincenzo Russo, Procuratore della Repubblica di Foggia, è alla base del degrado. Perché uno dovrebbe denunciare e prendere provvedimenti se queste sono le conseguenze? Tollerare rende molto di più che denunciare! I “suoi orari di lavoro che andavano peraltro ben al di là del dovuto” . Come fa un dipendente a “prendere servizio in ritardo” e a lavorare più del dovuto? Pozzoli dovrebbe spiegarlo ai suoi lettori. Un dipendente che ha accesso al rilevatore delle presenze può anche arrivare in ritardo o non prendere proprio servizio, basta che poi manomette il rilevatore delle presenze ed il gioco è fatto! Ed è stato scoperto proprio grazie alla sfacciataggine di continuare ad arrivare in ritardo nonostante i continui richiami. Siamo al paradosso: la colpa non è di chi commette l’illecito e di chi lo ha tollerato per anni per quieto vivere o per interesse, bensì di chi lo scopre o lo denuncia. “La memoria di difesa è ricca di innumerevoli citazioni di abusi che il Fratta avrebbe effettuato e che la stessa licenziata aveva invano cercato di parare anche per tutelare l’interesse dei bilanci della scuola”. C’è solo da chiedersi come possa un giornalista, degno di tale nome, fare affermazioni del genere. Addirittura sarebbe stato tutelato “l’interesse dei bilanci della scuola”! Per fortuna si parla di illeciti che avrei commesso. Si è mai chiesto Pozzoli perché, in questo ambiente, si tollera tutto e non si denuncia niente? Sa Pozzoli che fare il proprio dovere, denunciare illeciti, rimuovere irregolarità, in quest’ambiente, dove l’anomia è la regola, equivale a firmare un’ auto-condanna, essere denigrati, calunniati, minacciati ecc…? Quando qualcuno ha il coraggio di farlo cosa fa il giornalista Pozzoli? Invece di portarlo a modello lo calunnia, lo critica, lo espone al pubblico ludibrio. Probabilmente se mi avessero gambizzato o fatto saltare in aria Pozzoli si sarebbe comportato come Sansonetti. In vita ha attaccato ferocemente Falcone, ora ha almeno il coraggio di ammettere che aveva sbagliato. Quali sono le fonti, che il Pozzoli avrebbe dovuto necessariamente verificare, che lo hanno portato a scrivere tali falsità? Perché Pozzoli non verifica il collegamento tra il prof. Liparulo, addetto alla diffusione via mail degli articoli, e il vice presidente di una concorrente associazione di dirigenti e tra questi e il Presidente della stessa associazione? Perché si è prestato al loro gioco? Questi “signori” non avendo argomentazioni per confrontarsi democraticamente, hanno “utilizzato” Pozzoli o Pozzoli è complice degli stessi? Evidentemente Pozzoli e gli ideatori del piano criminoso hanno sottovalutato l’intelligenza dei dirigenti scolastici d’Italia visto l’effetto boomerang che ne è derivato. Il Pozzoli, così ben informato, dovrebbe anche sapere che non ho alcuna condanna penale. Verificarlo è semplice, basta richiedere il mio certificato penale. Nello stesso tempo, e salva, ad ogni buon conto, la presunzione di innocenza sino a sentenza definitiva di condanna, lo stesso Pozzoli avrebbe anche potuto e dovuto, invece di elogiarlo, verificare le denunce che pendono sul capo dell’ex-segretario della Flc-CGIL di Foggia, anch’egli più volte richiamato negli articoli in questione. Un dirigente sindacale dovrebbe tutelare un lavoratore qualora lo stesso venisse perseguitato ingiustamente dal datore di lavoro, non quando delinque e commette illeciti arrivando a rovinare in modo irreversibile anche giovani studenti. Lo scrivente, in tanti anni di servizio, per aver rimosso situazioni al limite dell’incredibile l’ha pagata molto cara. Ciononostante ha continuato a fare solo e sempre il suo dovere perché a questo è stato educato. Se solo Pozzoli sapesse quante situazioni, ben più gravi, lo scrivente ha rimosso e denunciato, pagando sempre in prima persona, avrebbe agito ben diversamente. Riesce ad immaginare cosa può succedere ad un Dirigente che ha il coraggio di revocare l’autorizzazione al funzionamento ad una scuola parificata fantasma, sovvenzionata dallo Stato, autorizzata presso l’ex manicomio di Foggia, solo per consentire di assegnare punteggio a circa 12 docenti, tutti figli e/o famigliari di tutti coloro che avrebbero, ad ogni livello, dovuto controllare, punire ed anche condannare? Altro che associazione a delinquere! Quando quella scuola fantasma capitò sotto la dirigenza dello scrivente fu immediatamente chiusa e la cricca fu denunciata alla Procura Generale della Corte dei Conti di Bari per un danno erariale di oltre un miliardo di vecchie lire. Immagina Pozzoli cosa possa succedere a chi fa chiudere scuole private che rilasciano diplomi a pagamento, i cosiddetti diplomifici? A chi denuncia lo scandalo di istituti religiosi, gestori di scuole private, che fanno firmare buste paghe a docenti schiavi, costretti a lavorare solo per acquisire punteggio, nelle quali ci sono solo degli spiccioli? A chi sopprime classi di “anime morte”? A chi rimanda a visita medica decine di figli di povera gente dichiarati handicappati pur di far scendere il numero degli alunni per classe e assegnare posti di sostegno? A chi denuncia e fa condannare il dirigente della medicina legale di Foggia che ha convalidato visite fiscali a docenti che, stando in malattia, facevano la settimana bianca? Pozzoli non può neanche immaginare quando ho pagato e sto pagando per aver fatto il mio dovere di dirigente prima e di cittadino poi.

Prendo atto del punto di vista dell’ex preside Fratta in merito a una intricata vicenda anche giudiziaria (sia civile che penale) che comunque sta per arrivare al dunque in modo da definire un quadro che da anni sta animando polemiche e recriminazioni nella scuola foggiana. Noi abbiamo cercato di darne conto sulla base di una copiosa documentazione in nostro possesso e senza un diretto coinvolgimento, quindi in termini il più obiettivi possibili. E come tutti i protagonisti coinvolti in questa vicenda anche noi aspettiamo che un giudice si pronunci al di sopra di noi tutti.
Augusto Pozzoli

 

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