Il presidente del Coni ha minacciato di negare lo stadio di Roma per la sfida decisiva di Tim Cup tra Napoli e Juventus in programma il 20 maggio, motivando la scelta a causa dei troppi attacchi ricevuti dal patron dei partenopei. Per molti, però, il vero motivo della presa di posizione è il rapporto non idilliaco con la Lega di Serie A, ancora senza presidente
“Stiamo valutando la possibilità di non concedere lo stadio Olimpico per la finale di Coppa Italia”. Lo ha affermato il presidente del Coni, Gianni Petrucci, a margine di una presentazione in Campidoglio. “Non abbiamo ancora avuto nessuna comunicazione ufficiale dalla Lega e, in questa situazione, stiamo pensando noi di non dare l’Olimpico per la sfida tra Juventus e Napoli del 20 maggio – ha continuato il presidente – Tutto questo scaturisce dalle troppe polemiche di questi giorni”. La laconica dichiarazione, oltre a mettere in discussione un appuntamento ormai consolidato – dal 2008 la finale di Coppa Italia si disputa con gara unica a Roma alla presenza del Presidente della Repubblica, riprendendo una formula già in auge negli anni ’70 – racchiude in sé tutta una serie di problematiche che stanno scuotendo il governo del calcio italiano.
Andiamo per gradi, partendo dall’ultima frase di Petrucci, che motiva la sua dichiarazione come una risposta alle troppe polemiche di questi giorni. Quest’anno la finale, tra Juventus e Napoli, si sarebbe dovuta disputare allo Stadio Olimpico il 20 maggio. Subito è sorto un problema per la distribuzione e la vendita dei biglietti. Si era deciso di dividere i posti disponibili (circa 65 mila, con l’obiettivo di cercare di sfruttare al meglio la capienza massima di 73 mila dello Stadio Olimpico) in egual misura tra tifosi bianconeri e quelli azzurri ma anche, su indicazione del questore di Roma Tagliente e del prefetto Pecoraro, di limitare la possibilità di acquisto dei tagliandi ai possessori della famigerata tessera del tifoso. Quest’ultimo punto aveva fatto storcere il naso al presidente del Napoli, De Laurentiis, che ha manifestato la sua contrarietà.
Turbato inoltre dai rapporti piuttosto tesi tra la tifoseria napoletana e quelle delle due squadre della capitale, il produttore cinematografico ha dichiarato: “L’evento deve essere una festa, quindi stiamo verificando che ce ne siano tutte le condizioni. Stiamo facendo una serie di valutazioni (…) Mancano quasi due mesi all’appuntamento. Ogni club ha le sue esigenze, perciò quando si troverà un denominatore comune, si deciderà l’impianto della finale in maniera irrevocabile”. Pronta è arrivata la risposta di Petrucci: “Non si capisce perché bisogna discutere su tutto, anche su dove debba disputarsi la finale di Coppa Italia. Mi auguro che ci sia un passo indietro da parte di chi ha cervello”. Apriti cielo, ecco l’immediata controreplica del presidente del Napoli: “Mi sembra una battuta di dubbio gusto, ma se ne dicono tante di cose fuori luogo. Potrei rispondere che chi ha cervello dovrebbe fare in modo che il calcio si modernizzi, visto che chi finora ha guidato il movimento mi pare non ne abbia avuto molto”.
E qui, al di là delle schermaglie dialettiche tra i due presidenti, si arriva alla nota dolente della questione. Lo sottolinea Petrucci quando, nella sua ultima dichiarazione, avverte che “la Lega non ha ancora inviato alcuna comunicazione”. In realtà pare fosse tutto pronto, e che dal Coni fosse già partito l’invito ufficiale al Presidente della Repubblica per presenziare alla partita. Questo improvviso dietrofront farebbe quindi pensare che il litigio con De Laurentiis sia stato il pretesto per un attacco frontale del Coni alla Lega Serie A, oramai senza guida dal marzo del 2011. Da quando cioè il presidente Beretta è passato a UniCredit e si è detto pronto a farsi da parte non appena si fosse eletto un nuovo presidente. Da allora la Lega è praticamente autogestita dai presidenti delle società di Serie A, che più acquistano potere nella gestione del calcio italiano più sembrano incapaci non solo di eleggere un nuovo presidente ma nemmeno di mettersi d’accordo sugli ordini del giorno dell’assemblea. Da qui, probabilmente, le ragioni dell’attacco di Petrucci.