Il gip di Palermo Fernando Sestito ha accolto la richiesta dei legali del leader del Pid ed ex Udc, che spiega: "Temevo i tempi lunghi del processo". Secondo l'accusa, il titolare dell'Agricoltura nell'ultimo governo Berlusconi avrebbe intrattenuto rapporti con uomini di Cosa nostra "anche a fini di sostegno elettorale"
Sarà in rito abbreviato il processo per concorso esterno in associazione mafiosa contro Saverio Romano. Il Gup di Palermo Fernando Sestito ha accolto la richiesta della difesa dell’ex ministro delle Politiche agricole, ex Udc e leader dei Popolari di Italia domani.
La decisione è stata presa dal giudice durante l’udienza preliminare. L’accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e dal pm Nino Di Matteo, ha preso atto. Ora il gip deve decidere le date per il giudizio abbreviato.
In aula, l’ex ministro Romano ha reso dichiarazioni spontanee: “Mi fido del fascicolo del pm, che per due volte ha chiesto l’archiviazione. Non c’è ragione per cui io non debba avere una sentenza rapida”. Romano ha chiesto che le udienze del processo con il rito abbreviato, che solitamente si celebrano a porte chiuse, si facciano aperte al pubblico “per il ruolo pubblico che rivesto”. Prima dell’udienza, Romano aveva spiegato ai giornalisti di temere i tempi lunghi del dibattimento ordinario, “dopo dieci anni di indagini e due richieste di archiviazione fatte dalla Procura”.
Secondo l’accusa Romano, “nella sua veste di esponente politico di spicco, prima della Dc e poi del Ccd e Cdu e, dopo il 13 maggio 2001, di parlamentare nazionale – si legge nella richiesta di rinvio a giudizio di Di Matteo e De Francisci – avrebbe consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno ed al rafforzamento dell’associazione mafiosa, intrattenendo, anche alla fine dell’acquisizione del sostegno elettorale, rapporti diretti o mediati con numerosi esponenti di spicco dell’organizzazione tra i quali Angelo Siino, Giuseppe Guttadauro, Domenico Miceli, Antonino Mandalà e Francesco Campanella”.
I legali di Romano, Raffaele Bonsignore e Franco Inzerillo hanno presentato diversi documenti e articoli di giornali con le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Francesco Campanella “già a partire dal 2005”. Secondo i difensori questo dimostrerebbe che quanto detto recentemente da un nuovo collaboratore, Stefano Lo Verso, che accusa Saverio Romano, “era risaputo”. I legali hanno poi prodotto una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Palermo che ha dichiarato inattendibile Campanella.