Nonostante Fukushima e il declino atomico nel mondo, il Kazakistan rilancerà il suo programma nucleare. Primo produttore mondiale di uranio, l’ex repubblica sovietica ha infatti annunciato che entro quest’anno deciderà dove e come costruire la sua prima centrale atomica dalla chiusura, nel 1999, dell’unica mai esistita sul suo territorio. Obiettivo del governo in carica? Fare in modo che oltre il 4 per cento dell’energia elettrica prodotta nel Paese possa arrivare da fonte nucleare entro il 2030. L’operazione farà parte di un investimento nel settore energetico kazako da 64 miliardi di dollari. Ma i dubbi restano, in un Paese in cui gli esperimenti nucleari sovietici, secondo l’United nations development programme (Undp), hanno causato la contaminazione di oltre 1,3 milioni di individui.

Lo hanno confermato in questi giorni il vice-primo ministro Serik Akhmetov e il ministro dell’Industria e delle Nuove tecnologie, Asset Isekeshev: il nucleare in Kazakistan rinascerà, sebbene non si sappia ancora dove e come. Una scelta che porterebbe il Paese a diventare anche consumatore delle sue massicce riserve di uranio. Visto come un obiettivo a lungo termine, il rilancio dell’atomo kazako stride però con la scelta di molte altre nazioni di abbandonarlo. Ma soprattutto con le sue stesse incertezze interne.

In effetti, restano ancora da decidere i tempi del progetto, il tipo di reattore da installare e il luogo in cui fare sorgere la nuova centrale. Si sta anche prendendo in considerazione la possibilità di riesumare l’unica centrale mai esistita nel Paese: quella di Aktau, sulle rive del Mar Caspio, il cui unico reattore (autofertilizzante veloce BN-350) di fabbricazione russa è stato disattivato tredici anni fa per raggiunti limiti di età. L’unica cosa certa, secondo i ministri, è la priorità che verrà data alla sicurezza ed alle migliori tecnologie disponibili, che permetteranno di produrre senza problemi il 4,5 per cento dell’elettricità da fonte nucleare.

Sicuri anche i fondi disponibili per questa operazione: il governo di Astana punta infatti ad investire un totale di 9.500 miliardi Tenge (circa 64 miliardi dollari) nel suo settore elettrico entro il 2030. Non solo per la costruzione di una nuova centrale atomica, ma anche nello sviluppo della rete nazionale e nella modernizzazione delle centrali elettriche esistenti, che secondo il ministro Isekeshev beneficeranno entro il 2015 di investimenti per quasi 7,8 miliardi dollari.

Già nel 1998 in Kazakistan fu annunciata la costruzione di una nuova centrale nucleare nei pressi del lago Balkhash, ma dopo le accese proteste pubbliche il progetto venne annullato. Un’opposizione nata dalla presenza sul proprio territorio del Test site semipalatinsk, dove l’Urss, conducendo per 50 anni esperimenti che portarono all’esplosione di ben 450 ordigni nucleari, usò come cavia gli abitanti del luogo: Stalin, infatti, voleva conoscere l’effetto della radioattività sulla popolazione.

Un’esperienza lunga ed atroce, che dopo il crollo dell’Unione Sovietica portò il presidente Nursultan Nazarbayev ad annunciare al mondo intero che il Kazakistan avrebbe collaborato a rendere l’intero pianeta “libero dal nucleare”. Una promessa non ancora dimenticata da un elettorato scontento: quello di un Paese in cui, secondo il Programma delle Nazioni unite per lo sviluppo, l’eredità atomica sovietica ha condannato alla rovina non solo le centinaia di migliaia di persone contaminate, ma anche intere aree del Paese, ridotte dopo anni di esperimenti a livelli estremamente bassi di sviluppo sia umano che economico.

Una situazione decisamente ambigua, quella della rinascita nucleare kazaca, che ha portato lo stesso presidente Nazarbayev, solo tre mesi fa, a fare una delle dichiarazioni più paradossali di sempre: “Il Kazakistan si sta preparando a costruire un proprio impianto di energia nucleare. Ma questo non è in contraddizione con i nostri obiettivi comuni di muoversi verso un mondo libero dal nucleare”.

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