Il gip di Catania Luigi Barone respinge la richiesta di archiviazione presentata dai pm in seguito alle sentenze Mannino e Dell'Utri che indeboliscono il reato. Il presidente della Regione è accusato, insieme al fratello, di aver ricevuto voti e finanziamenti da Cosa nostra. Convocata d'urgenza una riunione di maggioranza, ora si apre il caso politico. L'autodifesa: "Mai preso soldi e voti dai mafiosi, non mi dimetto"
Imputazione coatta per Raffaele Lombardo, presidente della Regione Sicilia, e suo fratello Angelo, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio aggravato. L’ha disposta il gip di Catania Luigi Barone, respingendo la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura.
La Procura aveva riconfermato la richiesta di archiviazione spiegando che la valutazione si basava sulla cosiddetta “sentenza Mannino“, che mette in discussione la consistenza del reato di concorso esterno. Alla richiesta della pubblica accusa si erano associati anche gli avvocati difensori. La posizione di Raffaele e Angelo Lombardo è stata stralciata dall’inchiesta Iblis nata da indagini di carabinieri del Ros su presunti rapporti tra mafia, affari e politica.
“Non mi dimetto, anzi vado avanti e scriverò un libro sulla verità di questa vicenda”: parola di Raffalele Lombardo, che ha commentato così la decisione del gip di Catania. “E’ un ordinanza, non un rinvio a giudizio – ha continuato il governatore siciliano – Le ipotesi che possono scaturire dall’imputazione coatta sono tre: il rinvio a giudizio, il rito abbreviato o il processo. Oggi è il 29 marzo e sembra una coincidenza astrale, perché proprio il 29 marzo di due anni fa uscì la notizia sui giornali. Sono sereno. Nutro fiducia e rispetto nelle istituzioni e spero che l’udienza preliminare che consegue all’imputazione coatta sia convocata al più presto”.
Il procuratore capo di Catania, Giovanni Salvi, commenta: ”C’erano valutazioni diverse e la nostra posizione è stata sempre chiara e si basava su valutazioni giuridiche”. Secondo la Procura di Catania, dall’inchiesta Iblis sarebbero emersi “elementi di prova su rapporti tra gli onorevoli Raffale e Angelo Lombardo ed esponenti di Cosa Nostra, finalizzati a ottenere il sostegno dell’organizzazione criminale in occasione di competizioni elettorali”. Ma “non c’erano invece elementi di prova sufficienti a ritenere che l’accordo si sia sostanziato in promesse concrete dei politici o in fatti che abbiano avuto efficacia causale sulla vita dell’associazione criminale, e cioè che l’abbiano rafforzata in maniera rilevante, come richiesto dai principi affermati dalla Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite”.
Qui sta il riferimento alla famosa sentenza su Calogero Mannino, il politico siciliano assolto in Cassazione dal reato di concorso esterno dopo un tortuoso iter processuale. Ma anche alla requisitoria del sostituto procuratore generale Francesco Iacoviello su Marcello Dell’Utri, al quale la Cassazione non ha confermato la condanna. Di conseguenza, continua Salvi, “la decisione del giudice su una complessa questione di diritto, che non intacca gli elementi di fatto, ma soltanto la loro valutazione in termini giuridici, è accolta con serenità”.
“Prendiamo atto della pronuncia del giudice”, ha commentato il legale del governatore Raffaele Lombardo, Guido Ziccone. “Lo prevede il codice, ma ci batteremo con la stessa determinazione messa in campo nelle scorse udienze per dimostrare l’estraneità dall’accusa di concorso esterno”.
Alla notizia dell’imputazione coatta, all’Assemblea regionale siciliana è stata sospesa la commissione Bilancio al lavoro sulla finanziaria ed è stata indetta immediatamente una riunione della maggioranza, con lo stesso presidente Lombardo. Alla riunione partecipano tra gli altri il capogruppo del Pd Antonello Cracolici, il deputato del Mpa Lino Leanza, il capogruppo del Movimento popolare siciliano Riccardo Savona e l’assessore all’Economia Gaetano Armao.
“Non ho mai chiesto favori e voti ai mafiosi, non mi dimetterò, andrò avanti, anzi scriverò un libro sulla verità di questa vicenda”, ha risposto Lombardo ai giornalisti che gli chiedevano se nella peggiore delle ipotesi si sarebbe dimesso dal suo incarico in seguito alla decisione del gip. “Non esiste la peggiore delle ipotesi, esiste solo la verita”.
Sulla questione è intervenuto anche Fabrizio Ferrandelli, candidato sindaco di Palermo per centrosinistra: “La Sicilia non può permettersi di avere un altro presidente della Regione rinviato a giudizio per mafia – ha detto il vincitore delle primarie palermitane del centrosinistra – Se dovessimo arrivare a questo punto si porrebbe una grandissima questione etica e morale da affrontare urgentemente con lo scioglimento dell’Assemblea. Massimo rispetto per il lavoro che stanno svolgendo i magistrati e mi auguro per il bene della Sicilia e dei siciliani che venga fatta chiarezza al più presto”.
Diverso il commento di Fabio Granata e Carmelo Briguglio, rispettivamente vice coordinatore nazionale e coordinatore regionale di Fli in Sicilia. “Conosciamo Raffaele Lombardo e sappiamo, anche dai suoi atti di governo condivisi da assessori come Caterina Chinnici e Massimo Russo, che è persona ben diversa sia del maestro della Santelli, Cesare Previti, sia dall’ex ministro Romano e dai suoi amici come Pippo Gianni – hanno detto i due parlamentari finiani – e si comporterà anche in questa circostanza con correttezza e coerenza rispetto alla complessa vicenda giudiziaria che lo riguarda, se e quando dovesse perfezionarsi il rinvio a giudizio”.