A San Francisco è gradevole passeggiare tutto l’anno, giacché il clima è raramente gelido ma spesso soleggiato, nonostante le nebbie estive o i venti freddi dell’oceano o le piogge invernali. Quando le gambe non reggono, ci sono i taxi a costi accettabili e una linea di servizi pubblici capillare. Dimenticate dunque di affittare un automobile, anche perché non è facile trovare parcheggio nel centro storico della città (ossia il quadrante nord-est della mappa), né di giorno né di sera.
Dall’Embarcadero, sempre a piedi si può attraversare il Financial District, sede di banche, istituti finanziari, studi di avvocati e consolati: qua svetta un gruppo di grattacieli, fra il cui più altro è la Transamerica Pyramid, dalla foggia piramidale (per qualcuno “massonica” quanto quella sul dollaro). Quindi si può arrivare a downtown, a Union Square, la terza più grande area commerciale degli Stati Uniti. Anziché perdersi in compere, meglio prendere uno dei caratteristici tram a trazione funicolare (cable car avviati nella seconda metà dell’Ottocento), gli ultimi operati manualmente al mondo. Si scenda pure presso Chinatown, il quartiere cinese, con la caratteristica porta di accesso a Grant Avenue (che è la strada più antica della città). Chinatown è il più antico fra i quartieri cinesi del Nord America e la più grande comunità cinese al mondo fuori dell’Asia. Entrate pure in uno dei negozi turistici, solo per curiosare, ma poi acquistate tè o infusi presso Vital Leaf Tea o presso Red Blossom Tea Company, fra i pochi ancora a scegliere e importare direttamente tè artigianale. Nel quartiere ci sono anche una serie di cosiddetti dive bar, dove i San Franciscans finiscono a bere (senza distinguere molto cosa) dopo cena, giocando a dadi fino a tarda notte. Da Chinatown si può salire verso North Beach, la cosiddetta Little Italy della città, patria della Beat Generation: Kerouac, Ginsberg, Corso e Cassady hanno abitato nello storico quartiere dove c’è tutt’oggi la City Light Bookstore fondata dal poeta Ferlinghetti nel 1953. Vale l’inerpicata il panorama memorabile (imperdibile al tramonto sull’oceano) presso Coit Tower, a Telegraph Hill: uno dei sette colli originari su cui, secondo la leggenda, è stata costruita la città. Proprio come Roma, e altre decine di città che rivendicano la stessa leggenda. Oggi ci sono più di 50 colli a San Francisco. Incamminandosi verso ovest s’incontra il quartiere di Russia Hill, dove si trova il sinuoso e variopinto tratto della Lombard street: una strada con otto ripidi tornanti, che servono ad attenuare la pendenza (27%) della collina. Ancor più scosceso e tipico è il tratto non distante di Filbert Street, una scalinata fra orti e fragranti giardini botanici davanti a case in legno, che però vi riporterebbe verso est, all’Embarcadero. Verso sud-ovest invece ci sono gli scorci panoramici e indimenticabili del quartiere Pacific Heights, dove si trovano alcune delle case vittoriane più caratteristiche e fotografate della città. Esse risalgono alla metà dell’Ottocento, a differenza di quelle che si trovano nel’adiacente quartiere Nob Hill: parimenti deliziose, ma che risalgono agli inizi del Novecento, dato che la città fu quasi interamente ricostruita dopo il disastroso terremoto del 1906, a cui seguì pure un incendio.
Fuori del centro storico, c’è la passeggiata sul ponte Golden Gate o al parco Golden Gate Park, con visita al Museo De Young o al California Academy of Science, uno dei più grandi musei di storia naturale al mondo (con acquario e planetario inclusi), la cui sede è stata riprogettata nel 2008 da Renzo Piano. Sempre nel parco c’è anche il Conservatory Flowers, una serra che conserva innumerevoli specie di fiori, e l’insolito Japanese Tea Garden, ossia un vero giardino botanico giapponese. Per chi si sente romantico, si fa per dire, c’è un laghetto artificiale con barche a remi in affitto.
Se non si è paghi di panorami, bisogna andare alle Twin Peaks, con vista a 360 gradi sulla città.
La vita culturale della città, che brulica di locali, è fra le più fervide degli Stati Uniti. È rappresentata al meglio dal Museum of Modern Art (SFMOMA), dall’ottimo museo Legion of Honor e dall’Asian Art Museum (notevole nel suo genere). C’è poi la War Memoria Opera House, edificio in cui opera sia la San Francisco Opera, sempre all’altezza, sia il San Francisco Ballet, che è stata la prima compagnia professionista di ballo in America, e una delle migliori al mondo: la prima mondiale del nuovo spettacolo “Symphonic Dances”, qualche giorno fa, è stata davvero sublime: musiche di Rachmaninov, e coreografia eccellente di Edwaard Liang, in cui si è espresso al meglio il nostro Vito Mazzeo (Principal Dancer del corpo di ballo dall’anno scorso). All’Herbst Theatre ci sono varie e notevoli esibizioni musicali: come la musica da camera del Cypress String Quartet, che fa una lodevole opera di educazione alla musica classica col programma Call&Response: nell’ultimo, una decina di giorni fa, hanno coinvolto il compositore francese Philippe Hersant. L’esecuzione è stata pregevole. Al Fillmore Auditorium (in uno dei quartieri più vivaci per la musica) sin dai primi anni Sessanta si permette ai musicisti non ancora famosi di essere notati: come è accaduto ai Led Zeppelin e anche a Janis Joplin, che condivise l’ideale di Peace&Love degli Hippy, altro movimento cui è legata la storia e la cultura di San Francisco. Inoltre non mancano i teatri nel cosiddetto Theater District. Oltre ovviamente al coloniale Castro Theatre, nel quartiere Castro, cioè il cuore della comunità gay a cui è legata la storia della città. È poi una specie di istituzione sin dal 1983 il SFJAZZ, che organizza il Jazz Festival, il più grande al mondo nel suo genere, e sta finendo la costruzione di un singolare edificio interamente dedicato al Jazz:
A chi non riesce a stare senza sport, tocca una partita di baseball dei Gyants o una partita di football americano dei San Francisco 49ers.
Gastronomia: tutto ciò che è etnico, asiatico su tutti, è di media-buona qualità a un prezzo modico. I take-away sono al medesimo livello. Al vertice della qualità c’è il giapponese Sebo. Spicca però uno dei più bravi pizzaioli al mondo, Anthony Mangieri presso Una Pizza Napoletana, che fa un lavoro straordinario con prodotti perlopiù locali: aperto solo dal venerdì al sabato, niente prenotazioni, solo cinque pizze e cinque diversi vini italiani nel menù. Quanto al “caratteristico”: tale è stimato tale l’irish coffee al Buena Vista Cafe, la zuppa di pesce chiamata “gioppino” da Tadich, uno dei più vecchi locali della California, qualche burger fatto da In-N-Out, o ristoranti di carne come House of Prime Rib. Oppure ci sono i ristoranti stellati e costosi degli chef, d’indirizzo internazionale e invero un po’ tecnico, come Gary Danko o French Laundry (Thomas Keller). Noi invece consigliamo il Martini (la città ne è la patria putativa) da Alembic o Nopa (chiassoso ristorante amatissimo dai residenti) o da Bourbon&Branch che è serve drink dai tempi del Proibizionismo.