Per Elsa Fornero l’ultima cosa che desidera il governo è “spaccare il paese” e “anche se appariamo freddi e tecnici ci mettiamo sensibilità”. La riforma delle pensioni infatti, che riconosce essere “seria e severa”, è stata necessaria per “allontanare l’incubo di una crisi finanziaria che non era una leggenda metropolitana”. E ora l’esecutivo è “impegnato nella riforma del lavoro per dare un contributo alla crescita”.
Oltre a diversi ostacoli. “Si sono creati problemi – ha puntualizzato il ministro – gli esodati sono uno dei problemi, me ne faccio carico, non li ho dimenticati. Sono di più dei conti che abbiamo fatto (65.000, ndr)”. Ma ha garantito: “Troveremo una soluzione equa”. Dice di stupirsi quando viene definita “senza cuore” e aggiunge che “l’idea che ci sia così tensione sociale, così disperazione fino ad arrivare a gesti estremi mi crea angoscia”.
Sulla flessibilità in uscita ha ribadito che “nessuno vuole dare licenza di licenziare” e sull’articolo 18, che l’esecutivo non ha mai messo “sotto un faro ideologico”, “c’era l’accordo di tutti meno che la Cgil”. Con i sindacati inoltre il governo ha sempre portato avanti “un dialogo sincero” e all’appello del presidente Napolitano sul futuro lavorativo delle ultime generazioni, il ministro ha risposto che la riforma del lavoro include la “lotta alla precarietà” e “si propone di contrastarla e di aiutare i giovani”.
Rilanciando il modello tedesco, Fornero ha ricordato che in Germania i ricorsi al giudice contro il licenziamento sono il 5% del totale dei licenziamenti, una parte che deve essere patologica non fisiologica. Obiettivo che deve valere anche per l’Italia, dove l’accordo individuale tra azienda e lavoratore deve essere la prima strada, perché “i lavoratori non sono fannulloni e i datori di lavoro non sono sfruttatori”.
Sul versante crescita il premier Monti, spiega Fornero, “è in giro per il mondo per convincere gli stranieri che in Italia si può venire da imprenditori per investire, non solo per motivi di turismo”. Al centro dell’agenda dell’esecutivo anche il taglio della spesa pubblica e il nodo disoccupazione “che non si riduce con la bacchetta magica”. E al termine del mandato, nella primavera del 2013, specifica che tornerà a insegnare all’università.
Torna sulla riforma del lavoro questa mattina Pierluigi Bersani, segretario del Pd che spiega che nemmeno in Portogallo, dove si trovava ieri, “nessuno pensa di togliere, in ultima istanza, la possibilità di reintegro da parte del giudice”. Un paese, prosegue il segretario del Pd “per dirla con un eufemismo, molto sorvegliato dalla Ue e dal Fondo monetario” dove “è in corso una riforma del mercato del lavoro e si prendono varie misure. Sui licenziamenti si ridefinisce il perimetro della giusta causa”.
Per Bersani la riforma del mercato del lavoro “comunque andrà avanti” ma “per noi i diritti dei lavoratori sono un punto basico” e “oggi la priorità è fare qualcosa per arginare la recessione”. Il Pd garantisce disponibilità “ad un confronto con il Governo per vedere se ci sono delle idee”.