Arresti in Calabria, Lombardia, Lazio e Veneto, sette cosche di ‘ndrangheta smantellate, centinaia di uomini impiegati e beni per quindici milioni di euro messi sotto sequestro. E’ questo il bilancio di una maxi operazioni contro la criminalità organizzata calabrese scattata all’alba di oggi in tutta Italia e che ha visto l’esecuzione di 63 ordinanze di misura cautelare nei confronti di esponenti mafiosi legati ai clan. Ben 250, invece, gli indagati.
L’operazione, denominata ‘Tela del ragno‘, è a firma dei carabinieri del Comando provinciale di Cosenza, del Ros ed è coordinata dalla Dda di Catanzaro. Oltre 500 i militari che vi hanno partecipato, oltre ad elicotteri ed unità cinofile. Le indagini hanno permesso di disarticolare sette cosche attive nell’area del Tirreno cosentino, nel capoluogo e con interessi in varie regioni; smascherati anche gli autori e i mandanti di numerosi omicidi ed attentati compiuti nell’ambito di una guerra di mafia che ha viste contrapposte, tra gli anni 1999 e 2004, diverse cosche del cosentino per il controllo delle attività illecite sul territorio. Gli investigatori sono convinti di avere fatto luce anche su altri delitti, uno del 1979, uno del 1993 ed uno del 2008.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, inoltre, le cosche della ‘ndrangheta del cosentino sono riuscite ad infiltrarsi in numerosi appalti pubblici, soprattutto nella zona tirrenica. Nell’operazione sono anche stati sequestrati beni per 15 milioni di euro, tra immobili e società. Gli arrestati sono accusati di associazione mafiosa, omicidi, tentati omicidi, usura ed estorsione. In particolare, sono stati ricostruiti 12 omicidi e tre tentati omicidi. Al centro dell’inchiesta, ci sono le dinamiche criminali di Cosenza e del versante tirrenico della provincia, con la ricostruzione della maggior parte dei fatti di sangue avvenuti negli ultimi 30 anni di guerre di mafia. In particolare sono state colpite le cosche Lanzino-Locicero di Cosenza (subentrata a quella dei Perna-Ruà), Muto di Cetraro, Scofano-Mastallo-Ditto-La Rosa e Serpa di Paola, Calvano e Carbone di San Lucido, e Gentile-Besalvo di Amantea. Queste famiglie avevano disegnato l’assetto del territorio e stabilito chi comandava sulla costa tirrenica-cosentina, indicando espressamente le cosche di riferimento. Era stato inoltre individuato un capo locale unico e i proventi delle attività illecite confluivano in una bacinella comune.