Dopo Lombardia, Veneto e Umbria svanisce il sogno delle case popolari targate Alisei Costruzioni, edificate in buona parte dagli inquilini. Regista dell'accordo l'amministrazione comunale che però ora se ne lava le mani: "Siamo in patto di stabilità, non possiamo sforare"
La storia inizia otto anni fa, quando l’Alisei Ong propose a diversi Comuni italiani di risolvere il problema dell’alloggio per le fasce sociali più deboli, offrendo una casa a prezzi inferiori di almeno il 50% rispetto a quelli di mercato. Iniziò così l’avventura di tanti autocostruttori, prevalentemente italiani e immigrati meno abbienti, che credettero nell’opportunità di tirare su, lavorandoci in ogni momento libero, una casa che fosse davvero la loro. Le amministrazioni comunali reagirono con entusiasmo, fornirono i terreni e si fecero garanti del buon funzionamento dei progetti, individuando istituti di credito che potessero supportare gli autocostruttori.
A Ravenna allora era assessore all’emergenza casa Ilario Farabegoli e Vidmer Mercatali ricopriva il suo secondo mandato da sindaco. La sua giunta appoggiò l’avvio di un laboratorio sperimentale di autocostruzione, con l’intento di fornire ai soggetti individuati come idonei una casa in breve tempo e a prezzi vantaggiosi.
Per realizzare questi interventi di integrazione sociale in campo abitativo, palazzo Merlato stilò un protocollo d’intesa con la Alisei Ong. In seguito i beneficiari dell’iniziativa furono indotti dalla Alisei Autocostruzioni srl, braccio operativo della suddetta ong, a costituire delle cooperative di autocostruzione e a firmare un contratto di appalto con la società.
L’amministrazione Mercatali collaborò al progetto aiutando l’Alisei a individuare e lottizzare i terreni e concedendo il diritto di superficie. Sembrò arrivata allora la rivoluzione dell’edilizia democratica. Ma il sogno durò poco: nel 2010 la società Alisei dichiarò fallimento.
Prima che ciò avvenisse, tre progetti presero il via nella campagna ravennate, nelle frazioni di Piangipane, Savarna e Filetto. Solo il primo è stato portato a termine con successo, in tre anni di lavoro. Gli altri due hanno avuto sorte diversa: a Savarna, tra mille difficoltà, i lavori stanno per essere ultimati, grazie anche a un contributo di 200 mila euro della Regione, mentre a Filetto si è ancora in alto mare, alla ricerca di una soluzione che consenta agli autocostruttori di avere una casa e non perdere tutto il denaro già investito dal 2005 ad oggi.
Da una tabella diffusa dal Movimento 5 Stelle di Ravenna emergono dati che si commentano da soli e sono emblematici di un esperimento fallimentare. In sei anni di attività, dal 2004, all’Alisei è stata affidata la gestione di altri 25 progetti di autocostruzione da nord a sud, nei Comuni di Milano, Brescia, Cremona, Padova, Parma, Cesena, Fermo, Siena, Perugia, Terni, Napoli, Caserta. Progetti mai avviati, interrotti o conclusi solo in seguito al subentro di altre ditte.
Nel territorio ravennate i disagi maggiori sono toccati agli autocostruttori del cantiere di Filetto, composto da due stecche, una di 8 e una di 6 alloggi. “Negli anni –racconta Giovanna Piaia, assessore alle politiche sociali ed emergenza casa- hanno patito il sopraggiungere della crisi e il peso degli interessi bancari che ha fatto retrocedere molti soci. Il 60% circa della struttura –continua Piaia- è stato realizzato e giace in stato di degrado, poichè da due anni il cantiere è fermo. Mancherebbe 1 milione di euro per ultimare i lavori”.
Allora come se ne esce? “Il Comune di Ravenna –attacca il grillino Pietro Vandini- ha sponsorizzato un progetto fallimentare, facendo cadere degli ignari cittadini in una vera e propria truffa, si è vantato sui media ma quando le cose hanno iniziato ad andare male è calato il silenzio”.
In verità una proposta per concludere i lavori è stata avanzata ma, come ammette l’assessore Piaia, tutt’altro che a buon mercato. Gli autocostruttori dovrebbero sobbarcarsi un mutuo con rate da più di 800 euro al mese per 30 anni, “con il risultato –sottolinea Vandini- che ogni famiglia pagherebbe il doppio di quanto le era stato promesso, mentre alcuni di questi cittadini rischiano addirittura di essere protestati da Banca Etica”.
“Il fallimento della Alisei Autocostruzioni –continua il capogruppo dei 5 Stelle- vedrebbe coinvolte, a oggi, almeno 5 regioni e circa una decina di cantieri e il Comune di Ravenna non si è ufficialmente fatto carico di questo problema, a differenza di Umbria, Lombardia, Piemonte e Veneto, dove le pubbliche amministrazioni locali e regionali sono intervenute al fine di garantire ai cittadini truffati l’accesso all’abitazione”.
Non ci sta l’assessore Piaia a scaricare tutte le responsabilità sulla pubblica amministrazione: “Il Comune –afferma- non può fare un investimento specifico in questo progetto, poiché è in un regime di patto di stabilità dal quale non può sforare. Avevamo ipotizzato di acquistare la stecca dei 6 alloggi, per colmare un debito sul quale Banca Etica ha conteggiato degli interessi. L’avremmo fatto utilizzando dei fondi di rotazione per 300 mila euro, 50 mila per ognuno dei 6 appartamenti. Questo avrebbe consentito agli autocostruttori di Filetto di incassare anche quei 20 mila euro ad appartamento che la Regione, per impegno del Comune, darebbe loro, come li ha dati a Savarna. Purtroppo, pur acquistando questa parte del cantiere, i soci non ne verrebbero favoriti, perché queste case adesso hanno un costo più alto del reale costo di mercato in quella località”.
Gli autocostruttori di Filetto stanno vivendo una lunga situazione di impasse. Per porvi fine Vandini avanza tre proposte all’amministrazione comunale: “Garantire agli autocostruttori l’accesso ad una diversa abitazione (con le medesime o analoghe condizioni economiche previste dal progetto originale), restituire loro i medesimi importi sostenuti per gli oneri di urbanizzazione e verificare gli estremi per intentare una causa nei confronti del gruppo Alisei”.
“Nessuna di queste tre proposte per ora è stata messa in valutazione” risponde l’assessore Piaia. “Per quanto riguarda l’accesso all’edilizia popolare al momento ci sono dei requisiti che non prevedono questa particolare casistica, ma un regolamento è anche soggetto a possibili modifiche. Stiamo cercando –conclude- la soluzione migliore per tutti: per gli autocostruttori, per la banca e per il Comune, che entro luglio dovrà dichiarare decaduta la concessione del diritto di superficie, comprare i manufatti esistenti a Filetto e probabilmente sostenere anche un contenzioso con Banca Etica, la quale è tenuta a dar conto ai suoi soci di un’operazione che ha tenuto in piedi per anni”.
Se saranno fortunati i muratori fai da te di Filetto otterranno una casa popolare, nella speranza nel frattempo, di non essere protestati dalla banca. Magra consolazione per chi ha passato i giorni liberi dal lavoro e le ferie a costruire, un mattone dopo l’altro, casa sua. Oggi quell’edificio interminabile sembra solo un castello di carte crollato.