E’ una storia sconcertante quella che viene fuori dalle rivelazioni degli ultimi giorni in relazione alla nuova disciplina sull’informazione online [n.d.r. è riduttivo e fuorviante continuare a parlare di una disciplina sul diritto d’autore] alla quale stanno lavorando, in gran segreto, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni.
Una storia che propone un’immagine – purtroppo non inedita – della nostra democrazia assai simile a quella di un souq o di un mercato delle vacche.
Un’immagine proposta con straordinaria leggerezza, quasi si trattasse di una cosa normale, proprio dai vertici delle nostre istituzioni.
I fatti prima di tutto.
Nei giorni scorsi il Presidente – uscente [n.d.r. il suo mandato scadrà tra qualche settimana] – dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni rivela, nel corso di un’audizione al Senato, che la Sua Autorità starebbe per ricevere dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri dei poteri straordinari che la legittimerebbero a varare una nuova disciplina sulla circolazione dell’informazione e del sapere online.
E’ la prima puntata di una vicenda che sarebbe stato meglio non trovarsi mai costretti ad annotare nella storia del nostro Paese.
Per Corrado Calabrò – Presidente dell’Authority dalla quale dipende in buona misura la libertà di informazione e il pluralismo dei media nel nostro Paese – è tutto, naturale, normale, quasi ovvio.
Non è così.
Il Presidente dell’Authority infatti, è lo stesso che sino a qualche settimana prima aveva dichiarato, rispondendo alle critiche da molti rivolte all’iniziativa regolamentare intrapresa dalla sua Autorità, che quest’ultima disponeva della necessaria legittimazione a varare il regolamento in questione sulla base delle leggi vigenti.
Era, evidentemente, falso. Una grossa balla istituzionale.
L’Autorità non aveva alcun potere, tanto che il Presidente è ora costretto ad ammettere pubblicamente di dover attendere una nuova legge ad personam.
Ma non basta.
Calabrò, infatti, nella sua audizione rivela un altro fatto inquietante.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri – che, val la pena ricordarlo per inciso, non è la tenutaria del potere legislativo nel nostro Paese – starebbe per varare una norma ad hoc per sanare la situazione di illegalità nella quale l’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni stava per agire.
Roba, davvero, da souq delle leggi.
Un Governo che corre, in gran segreto, in soccorso di un’Autorità – indipendente almeno sulla carta – per attribuirle poteri da Stato di polizia e consentirle di varare un regolamento che ha deciso di varare pur non essendo a ciò legittimata.
Il tutto anziché richiamarla all’ordine e al rispetto delle regole, rammentandole, magari, che in una democrazia le leggi – specie quelle destinate a governare il mondo dell’informazione – le scrive solo il Parlamento.
E veniamo alla seconda puntata.
Ieri, Anna Masera, sulle pagine de La Stampa ha pubblicato il testo del disegno di legge al quale starebbe lavorando la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed oggi lo stesso giornale pubblica un’intervista ad Antonio Catricalà, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
La lettura dell’intervista è, a dir poco, imbarazzante.
Catricalà innanzitutto conferma che i suoi uffici starebbero lavorando a un disegno di legge il cui contenuto è analogo a quello trapelato nelle scorse ore al quale, tuttavia, mancherebbero “alcuni pezzi” e che, probabilmente, sarebbe stato elaborato da uno stagista.
Possibile che cittadini e opinione pubblica debbano essere informati di una tanto importante iniziativa legislativa attraverso un’indiscrezione pubblicata su un giornale?
Assurdo, inaccettabile, istituzionalmente non sostenibile che il Governo dei Professori – o schegge impazzite del Governo dei professori – gestiscano il potere normativo come fosse cosa propria e gli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri come si trattasse dell’ufficio legale di una multinazionale.
“Ci sono decine di bozze” [n.d.r. dello stesso provvedimento] continua Calabrò quasi parlasse più dei bozzetti, di una nuova campagna pubblicitaria lasciati in disordine in un ufficio marketing che non di disegni di legge.
“…nel mio pc ne ho altre tre o quattro – dice Calabrò – ma quello che avete pubblicato non è il testo che sta per essere varato, sarà un’esercitazione di un borsista… non è un documento ufficiale e le assicuro che quella non è la bozza che io tengo nel cassetto”.
Decine di bozze, anzi tre o quattro su un pc personale o, magari, una sola, stampata, in un cassetto.
Stagisti e borsisti che si esercitano a scrivere leggi destinate a cambiare la faccia dell’informazione online.
E’ disordinato, disorganizzato, confuso, niente affatto trasparente il quadro degli uffici nei quali si lavora a scrivere le leggi.
Cose, appunto, da souq o mercato delle vacche.
Ma non basta.
Calabrò, con la stessa naturalezza con la quale parla di bozze e bozzetti, riconosce che il varo del provvedimento in questione non è di sua competenza ma del ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera e conclude “Finché non ho l’ok di Passera la cosiddetta “Norma Catricalà” non esce dal mio computer”.
E’ uno scherzo? Un test per mettere alla prova il livello di tolleranza dei cittadini italiani?
La nostra democrazia ha ceduto il passo ai due oligarchi Passera e Catricalà?
Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio crede davvero che per varare una norma attraverso la quale si minaccia di stravolgere il volto della Rete e di affidare a 5 persone – tanti saranno i nuovi membri dell’AgCom – il potere di scrivere ed applicare le regole dell’informazione online sia sufficiente l’ok di un ministro e qualche suo click sul pc?
Possibile che non si renda conto che l’informazione ed il sapere sono i più preziosi tra i beni comuni in ogni democrazia?
Possibile che non avverta l’esigenza che una decisione di così alto rilievo sia assunta solo all’esito di un ampio dibattito parlamentare?
E, infine, attraverso quale strumento il sottosegretario Catricalà, pensa di dar vita alla “sua” norma?
Forse un decreto legge? Ma quale sarebbe la straordinaria necessità ed urgenza che sole legittimano l’invasione di campo da parte del Governo del potere legislativo che tocca al Parlamento?
Il problema personale del Presidente dell’AgCom, Corrado Calabrò che si è accorto in ritardo di non disporre dei poteri che da oltre un anno va sostenendo di poter esercitare?
Tante, troppe le domande alle quali è urgente che il Presidente del Consiglio dia una risposta.