I sondaggi calanti, lo spread e i prezzi e le tasse crescenti, i partiti vocianti, i sindacati e i lavoratori marcianti non sono nulla, al confronto del vero pericolo mortale che incombe sul governo Monti: l’appoggio di Giuliano Ferrara, che si aggiunge a quello già poco beneaugurante di Eugenio Scalfari.
Il Ferrara infatti, come ripetiamo da tempo, s’è perso soltanto due catastrofi del ‘900: il terremoto di Messina e il naufragio del Titanic. Ma non per cattiva volontà: perché non era nato. Pare che a gennaio avesse fatto in tempo ad augurare buon viaggio al comandante Schettino. A novembre il professor Monti aveva preso le sue brave precauzioni, sondando discretamente Napolitano: “Scusa, Giorgio, hai per caso idea di come la pensi Ferrara sul mio governo? No, perché nel caso malaugurato che sia d’accordo, vista la fine che fanno quelli che sostiene – il Pci, Craxi, B., Squillante, Previti, Bush, la Palin e persino la Brambilla, per non parlare della sua candidatura al Mugello, del Foglio, di Radio Londra, della Bicamerale D’Alema e della lista No Aborto – io il premier non lo faccio”.
L’uomo del Colle, prontamente, monitò: “Vai tranquillo, Mario, Giuliano è ferocemente contrario. Sei in una botte di ferro”. “Fiuuuuu!”, si udì dall’altro capo del filo. Venuto meno per un attimo al proverbiale aplomb, il prof organizzò un sobrio carnevale di Rio a Palazzo Chigi. Stappò addirittura una mignon di tavernello. Poi corse a informare i ministri in pectore, che si unirono ai suoi caroselli carioca. Lui intanto usava l’accertata ostilità di Ferrara come argomento per convincere i più riottosi: “Ma come non vieni? Guarda che sarà una passeggiata: abbiamo Ferrara contro”. E quelli, sollevati: “Ah beh allora volo! Brigittebardotbardooot!”. Restava però il dubbio: metti che noi accettiamo e poi quello, voltagabbana com’è, cambia idea in extremis e ci dà il bacio della morte? Il cauto ottimismo svoltò in sfrenato entusiasmo quando, sul Foglio, Ferrara gridò al golpe: “Un gruppo di onest’uomini, con qualche notevole sentore di trasversalismo e di collegamenti indiretti con le lobby politico-economiche, si mette al servizio del nulla programmatico… che non è stato oggetto di una discussione né con i cittadini né con i partiti. Questo governo tecnico nasce… perché i ‘world leaders’ han deciso e han fatto una manovra bancaria sul credito italiano, sul rendimento dei nostri titoli pubblici, allo scopo di cambiare il governo, emancipandolo dalla tutela della democrazia elettorale. Un colpo di mano… Accettare questa situazione è improponibile per la decenza politica, culturale e civile di un grande paese. Servirebbe un’opposizione intransigente, un no che suoni riscatto e speranza. Ma non avremo niente di tutto questo, né da Berlusconi, che bada al sodo e tira diritto verso un declino inglorioso, né da Bersani” (16-11). “Una sciagurata rinuncia unanime all’esercizio della sovranità democratica nella sua forma elettorale e di mandato coordinata dal presidente della Repubblica… La resa alla democrazia sospesa… alle spalle del corpo elettorale rinnegato nel suo potere di decisione è il nostro solo e unico problema, tutto il resto deriva di lì… La perdita secca di sovranità nazionale a favore del fragile governo del Bund tedesco, è un’aggravante decisiva che rende impalatabile il generoso tentativo di metterci una pezza… Una tregua tecnica inaudita in una democrazia politica… Complimenti a Napolitano e la mia ira per chi ha consentito che questa soluzione passasse: Berlusconi, che amo, e Bersani, che sopporto a stento e come lui mi ha deluso” (24-11).
Insomma, avere Ferrara contro pareva a Monti molto meglio dell’elisir di lunga vita. Poi, l’altroieri, inopinatamente, hanno letto sul Foglio: “Sono un berlusconiano tendenza Monti”. Firmato: Giuliano Ferrara. I ministri cattolici si sono segnati, gli altri grattati. E tutti han capito di avere i giorni contati.
Il Fatto Quotidiano, 31 Marzo 2012