Mauro Russo da Casoria, paesone in provincia di Napoli, è stato arrestato dai carabinieri su ordine della distrettuale antimafia partenopea per il pericolo di fuga, fermo confermato dal Gip. L’accusa è associazione di stampo mafiosa, affiliato al clan Belforte, egemone a Marcianise nel casertano. I suoi affari li divideva tra la Campania e Milano, città dove viveva. Quella di Russo non è solo una storia di crimine organizzato, ma intreccia anni di dominio incontrastato di una regione, formazioni camorristiche sepolte, latitanti imprendibili, affari internazionali e pezzi di istituzioni deviate.
Partiamo dalla fine. Nell’ordinanza che lo ha portato in galera ci sono diverse intercettazioni, molte omissate dagli inquirenti a conferma di quanto enorme e ampio sia il giro di affari e le persone coinvolte. Il 26 febbraio 2012 gli investigatori intercettano Giuseppe ( il cognome è omissato), uomo delle istituzioni, che comunica all’interlocutore le indagini in corso sul suo conto e su quello di Mauro Russo. Chiede Davide, amico di Russo: “Ma ce li ha dietro lui? » e Giuseppe risponde: “Si, ma ce ne sono tre però!.. Tre inda! Su di te niente, su di lui tre! “. I pubblici ministeri scrivono, commentando un’altra conversazione di ‘Giuseppe’: “ Emerge con chiarezza l’appoggio di cui gode Mauro Russo con esponenti delle istituzioni che sul suo conto forniscono informazioni circa attività investigative in corso”. Apprende di essere indagato per associazione mafiosa e anche per riciclaggio. Viste le inchieste e anche la frattura con i calabresi, le ‘ndrine finite in una retata mentre lui è rimasto in libertà, Mauro Russo è deciso a scappare e si procura, in pochi giorni, passaporti per andare in Tunisia. “ Il Russo – scrivono i pm – è a conoscenza della pressione investigativa nei suoi confronti come riferitogli da apparati dello Stato deviati”.
Gli affari: dai videopoker ai titoli
Si sente protetto Russo, informato da persone dello Stato, pensa di scappare anche se deve pensare ai suoi affari che partono dai videopoker per arrivare a ‘contratti verdi’, per gli inquirenti, titoli di stato americani. Dalle carte dell’inchiesta emerge chiaramente l’ultima frontiera dei soldi. E’ sempre Giuseppe, al telefono, che chiede, ai primi di marzo: “Di quella cosa che loro stanno aspettando”, e Mauro rassicura che “L’indomani sera – si legge nell’ordinanza – gli darà il contratto di emissione. Quindi gli invierà dei contratti e Giuseppe li controllerà, si tratta dei “contratti verdi” (ndr. verosimilmente titoli americani)”. Ci sono altre conversazioni nelle quali si parla chiaramente di una transazione per titoli di ingente valore, ascolti nei quali emerge un giro di affari che si muove lungo l’asse Milano-Ginevra, tra banche e notabili.
E’ il nuovo business di Russo e di una cricca, individuata dagli inquirenti, che fa presagire nuovi colpi di scena nell’inchiesta. Russo ha iniziato con i videopoker che imponeva nell’area casertana grazie ai buoni uffici del clan Belforte. Lui è un vecchio cutoliano, il clan guidato da Raffaele Cutolo che ha dominato la Campania negli anni ottanta, cutoliani sono anche i capi storici dei Belforte, Salvatore e Domenico. I pentiti raccontano l’ingresso di Mauro nel clan, la sua disponibilità a fornire armi e appoggio logistico ai latitanti. Il suo ruolo era quello di esperto del settore videogiochi. Il pentito Michele Froncillo spiega i rapporti, in un primo interrogatorio dell’11 aprile 2008: “ Il rapporto tra il Russo e il clan Belforte consisteva in questo: il clan Belforte imponeva i videogiochi del Russo nella zona del marcianisano, e poi pagava una quota fissa di 1.000 o 1.500 euro al clan (per i carcerati). Oltre a ciò, versava una quota alle due mogli dei Belforte e a Bruno Buttone, in proporzione ai guadagni. Inoltre, il Russo reimpiega anche i soldi del clan Belforte nel settore dei videogiochi. Sicuramente ciò è avvenuto fino all’agosto del 2007”. Sono diverse le ditte riconducibili a Russo, intestate a prestanome, un business in esportazione anche in Lombardia, pronte le sale giochi da aprire a Cinisello, Rho e Monza.
Russo e l’ombra di Pasquale Scotti, o’ collier.
Russo si è avvicinato ai Belforte, grazie ai rapporti con la famiglia Scotti. Infatti, Russo nella sua ragnatela di contatti conserva i rapporti con un latitante imprendibile: Pasquale Scotti, detto o’ collier, dal collier che Scotti regalò alla moglie di Raffaele Cutolo in occasione del matrimonio. Conosciuto anche come l’ingegnere, Scotti faceva parte della batteria di fuoco di Cutolo, noto come o’ professor vesuviano. O’ collier è scomparso dalla circolazione da 28 anni, quando dopo l’arresto finse un pentimento prima di darsi alla macchia nel 1984. Per i familiari, Scotti è vivo visto che lo hanno menzionato nel manifesto di morte del fratello, altri lo credono sepolto da tempo. Ma a farlo ritenere in ottima salute sono le parole dei collaboratori e le tracce che anche Russo ha lasciato sul suo cammino.
Proprio ilfattoquotidiano.it raccontò per la prima volta i rapporti di Scotti con Mauro Russo che ne avrebbe protetto la latitanza, un dato supportato dalle dichiarazioni del pentito Michele Froncillo e oggi anche da un altro collaboratore. Nell’ordinanza che ha portato in carcere Russo, infatti, Antonio Gerardi, il 29 dicembre 2011, racconta: “ Riconosco la persona come Pasquale Sscotti in quanto cutoliano e amico di Mauro Russo, ma non l’ho mai conosciuto personalmente. Lo riconosco perché ho le foto sui giornali ed in televisione ….omissis…”.
Di certo Mauro Russo potrebbe raccontare tanto su Pasquale Scotti. O’ collier nasconde segreti inconfessabili sulla trattativa tra stato e camorra per liberare l’assessore democristiano Ciro Cirillo, sequestrato e poi liberato dalle brigate rosse grazie all’intervento di Cutolo su richiesta dei servizi segreti. Scotti potrebbe anche ricordare i rapporti con la politica, come con Luigi Cesaro, deputato Pdl e presidente della provincia di Napoli che con Scotti si incontrò prima che o’ collier iniziasse la lunga latitanza. Cesaro fu prima arrestato, poi condannato e, infine, assolto, ma ammise gli incontri con Scotti allora latitante e numero due della camorra cutoliana. Incontri da postino del clan secondo l’accusa, da vittima di estorsione secondo la sentenza. Oggi Raffaele Cutolo è in carcere, Cesaro politico affermato e Scotti imprendibile dopo 28 anni di silenziosa e ‘garantita’ latitanza.