Quando questo secolo avrà compiuto quasi un terzo del suo lento cammino forse ti chiederai cosa ci abbia spinto a metterti al mondo nel mezzo di una crisi che smantella tutte le certezze di un Occidente tremebondo, dalle marce architravi sociali, in brutale collasso economico, incapace di reagire come un arto anchilosato. Chissà se ti evocherà l’incoscienza questa voglia di futuro mentre incombe un tonfo epocale sotto l’incalzare delle classi emergenti asiatiche, sudamericane e arabe determinate a conquistare il benessere con la durezza di chi conosce la fame.

Più per istinto che per scelta calcolata (di cui mi sento incapace perché i calcoli mi annoiano) prediligo andare controcorrente. Quando gli altri tremano, mi inebria il profumo di sfida. Dove vedo macerie immagino buldozer e gru. Così vorrei che fosse anche per te: pronta a inalare l’eccitazione del rischio, disprezzando gli elucubratori di scuse che giacciono nei loro letti di dubbi. Crescerai in un mondo in vorticosa trasformazione spazzato da venti torbidi: dovrai imparare a subire rovesci, facendo tesoro dei tuoi errori, che sono il capitale umano più pregiato. Solo chi ha imparato a cadere può spiccare il balzo senza timori. Solo chi sa digiunare, come Siddhartha, è libero dai ricatti.

E’ probabile che vivremo in tante città diverse e che non ti sentirai legata a un luogo in particolare. E forse nemmeno a una lingua. Ne parlerai due o tre libera dall’impalpabile schiavitù mentale cui una lingua madre ti sottopone. Non nego che mi inorgoglirebbe se tu sviluppassi quei tratti italiani che (concedimi un innocente tributo alle radici) ci rendono unici, l’estro, la fantasia, lo stile, la gioia dello stare insieme, il piacere della conversazione brillante, senza acquisire quelli deteriori, la doppiezza lazzaronesca, la furbizia stracciona, la schiena piegata, il piagnisteo cialtrone, l’indignazione sterile dei servi tra un’inchino e una leccata.

Non essendo i tuoi genitori legati a questo mondo che boccheggia in deficit di ossigeno da sicurezze piccolo-borghesi, sarai più libera di sperimentare senza il fardello di convenzioni sociali e modelli precotti. Giocherai con bambini dai tratti indiani, arabi, americani, cinesi, africani o europei scevra da pregiudizi razziali o di religione. I tuoi studi saranno molto diversi dai miei (pietrificati nel tragico relitto gentilian-fascista) e non avranno mai fine. Del resto, la laurea (o il Ph.D.) come traguardo accademico definitivo alla tua generazione apparirà balzana. Al lavoro metà del tuo tempo sarà destinato ad aggiornare o estendere conoscenze. Già per me è un’esigenza pressante, per te sarà imprescindibile. Ogni 10-15 anni tornerai in una qualche forma di scuola (termine vieppiù arcaico), presumibilmente non su un banco, ma di fronte ad un’interfaccia alla Minority Report. Andrai in pensione (se mai ci andrai) a 80 anni, con l’aspettativa di viverne quasi 100, quindi non puoi sperare di limitarti a quanto imparerai fino a 25 o a 30. Soprattutto in un mondo dove il ritmo accelererà e dove la competizione tra imprese, industrie, paesi, e sistemi politici farà sembrare l’odierno embrione di globalizzazione (che i conservatori patetici già vivono come un intollerabile cataclisma) un piccolo assaggio del vero sconquasso di equilibri che si produrrà durante tutto il XXI secolo e di cui questa Grande Crisi sarà ricordata come il detonatore.

Comunque sia, è improbabile che imparerai un mestiere o una professione definibili e circoscrivibili. Il lavoro, soprattutto nelle funzioni più avanzate, sarà liquido e senza un orario predeterminato. Gli organigrammi e le gerarchie saranno sempre più labili, perché non è possibile comandare su chi lavora con la testa e può mettersi in sciopero senza che te ne accorga. Il tuo valore dipenderà da come troverai soluzioni senza ricorrere ad istruzioni o a guide. Viaggerai di frequente, ma quasi mai per lavoro. Anzi ti sembrerà un’assurdità in un mondo di video conferenze in 3D attraverso il cellulare al polso o sottopelle.

Forse ti imbatterai in quella massima di supposta saggezza che ti esorta ad avere il coraggio e la determinazione di cambiare le cose che puoi e di rassegnarti a quelle che non puoi. Mi auguro che ignorerai la seconda parte perché solo per i mediocri esistono sfide troppo impervie. Esistono solo strategie diverse per affrontarle e l’uso ottimale delle risorse da dedicarvi. Laddove il compito appare insormontabile bisogna individuare i piccoli passi e attrezzarsi per i tempi lunghi: mettere in moto la danza del fiocco di neve che genera la valanga, rosicchiare le travi con la pazienza del tarlo, punzecchiare con la determinazione della zanzara.

Ma la cosa che davvero mi auguro più fervidamente è che un giorno leggendo queste parole sorriderai al cumulo di caz…te e di retorica che trasudano. In quel momento, su quanto avrai assorbito in famiglia per incoscia osmosi, si sarà innestato il senso critico che ti permetterà di spiccare in completa autonomia il volo verso i tuoi orizzonti. Tanto più sconfinati quanto più i miei si restringeranno con gli anni.

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