Scuola

Giovani e perdenti

La ragazza, questa volta, non alza la mano per chiedermi la parola.

Non alza la mano ma si alza in piedi per parlare. Per parlarmi.

Potrebbe sembrare teatrale, ma non lo è. Per niente.

La sua insegnante, che mi ha ceduto la cattedra e che è seduta in fondo, trasale un po’.

Io ho appena terminare di pronunciare una frase, questa.

Ma lo sapete che nella vita sarete dei perdenti?

La ragazza, ora, mi dice: Guardi che lo sappiamo già di essere dei perdenti.

Non è triste, non è adirata con me, con le mie parole.

Io non replico, sorrido.

Penso che la ragazzina è più vecchia dei suoi quindici, sedici anni.

Succede sovente che mi invitino in qualche scuola o a parlare di libri o di giornalismo.

Nei licei, classico o scientifico, spesso ci sono giornalini interni, con piccole redazioni che sanno cos’è un menabò, un catenaccio, uno strillo.

Ci vado volentieri, sempre. So bene che dei ragazzi difficilmente leggono i giornali.

Però parlano. Mi dicono del loro rapporto con internet, fanno anche considerazioni sui giornali e sul mio giornale (locale, quindi periferico) So che non è farina del loro sacco, so che è quasi sempre un sentito dire magari in famiglia, e quindi mi interessa.

Succede, qualche volta, che mi invitino in scuole periferiche. Ragazzi “periferici” al mondo che frequentano controvoglia due, tre anni di un centro professionale.

Non gli frega niente di internet, sì certo sanno che c’è e che si può usare per chattare, non gli frega niente di prendere un libro che non sia scolastico.

Quelli scolastici bastano e avanzano.

Dalle mie parti non molto tempo fa sono venuti due vecchi allievi di don Lorenzo Milani. Ci vorrebbero loro, credo, per questi ragazzi periferici. Bisognerebbe viverci, capirli un po’ più a fondo. Però – penso – bisogna comunque provare a stimolarli, magari provocandoli. Don Milani faceva così, no?

L’ho fatto, una volta.

Volete vivere nell’ignoranza? Se rifiutate di leggere i libri e i giornali sarete dei perdenti.

Credo che quella ragazzina che si alzò per rispondermi fosse la portavoce di tutti.

Non fiatava nessuno mentre diceva Guardi che lo sappiamo già di essere dei perdenti.

Non c’era bisogno che li provocassi, non so di cosa ci fosse bisogno.

Terminato l’incontro l’insegnante mi ha spiegato: tizio è figlio di un ex detenuto, la tale è figlia di una donna che entra ed esce. A casa non stanno bene, a scuola nemmeno. Fosse per loro vivrebbero in strada, mi dice l’insegnante (laica, in una scuola professionale retta da suore).

Scuole periferiche, insomma, lontane da ogni centro.

(Mi è venuto in mente di scrivere queste poche righe dopo aver letto un articolo in cui si diceva che i giovani d’oggi, che magari sanno parlare più lingue e hanno conoscenze informatiche, non hanno futuro. Penso sia vero. E’ vero al quadrato per quelli “periferici”).