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Francia, Sarkozy torna primo nei sondaggi. Ma a vincere è l’astensionismo

Secondo gli ultimi rilevamenti il presidente uscente sarebbe di nuovo in testa con il 29% dei consensi contro il 27% dello sfidante socialista Francois Hollande. Ma a pesare in maniera definitiva sull'esito delle consultazioni potrebbe essere il non voto, per ora fermo al 32%

Nicolas Sarkozy

Chi voteranno i francesi al primo turno delle presidenziali, il prossimo 22 aprile? Nicolas Sarkozy, il Presidente in carica? Oppure il socialista François Hollande? Per il momento sembra che a quelle consultazioni a imporsi sarà il «primo partito di Francia», come viene chiamato negli ultimi anni, quello degli astensionisti. Secondo un’inchiesta dell’istituto Ifop, non dovrebbe andare a votare il 32% dell’elettorato. E’ un dato che, secondo i politologi, deve allertare più Hollande che Sarkozy, perché più esposto nei confronti dei bacini di elettori a maggiore rischio di astensionismo. D’altra parte da stamani Hollande è in allarme anche per un altro motivo: un sondaggio (di Ipsos stavolta) lo dà al primo turno come secondo dietro a Sarkozy, che è in netta ripresa negli ultimi giorni, anche se il socialista si imporrebbe ancora al secondo.

La previsione relativa agli astensionisti preoccupa molto la sinistra francese. Come dimenticare quel primo turno delle elezioni del 2002, quando non andò a votare il 28% dell’elettorato (il massimo registrato nella quinta repubblica, a parte il 31% del secondo turno del 1969). E quando il socialista Lionel Jospin venne scalzato da Jean-Marie Le Pen, che finì al scondo turno contro Jacques Chirac. Sì, l’astensionismo non porta bene alla sinistra… «In Francia, ormai, almeno il 6-7% della popolazione adulta non è iscritta alle liste elettorali. E degli iscritti, il 10% sono astensionisti costanti – sottolinea Céline Braconnier, sociologa, autrice di «La Démocratie de l’abstention», pubblicato da Gallimard – poi si aggiungono gli elettori intermittenti». Sì, quelli che in numero maggiore potrebbero rinunciare al voto questa volta, a causa di una campagna fiacca e della delusione nei confronti della classe politica in questa fase di crisi economica.

«Gli astensionisti – continua la Braconnier – sono più numerosi nelle classi sociali più basse. E tra i giovani». Come i disoccupati e i precari ventenni e trentenni delle periferie urbane. Che tradizionalmente votano più a sinistra. «Mentre le persone più anziane e soprattutto quelle con un livello economico e di istruzione più elevato andranno sicuramente a votare – sottolinea François Kalfon, specialista dei sondaggi per il Partito socialista-. E loro opteranno a maggioranza per Sarkozy». Secondo Kalfon è proprio a causa dell’indecisione di tanti elettori che «esistono forti divari tra le inchieste sul voto per queste elezioni». Lo stesso Hollande si è detto preoccupato. «Con un astensionismo alto, i sondaggi sono falsati», ha dichiarato. Di sicuro diventano più importanti le prossime settimane, in particolare l’ultima, prima della consultazione. E fattori non necessariamente politici possono convincere o meno l’elettore a recarsi alle urne. Sarkozy, fra l’altro, è molto abile nello sfruttare questo tipo di contesti. Da sottolineare: nel 2007, l’anno della sfida del Presidente attuale, allora il volto nuovo della destra, e di Ségolène Royal, la prima donna ad accedere a un secondo turno nelle presidenziali, il tasso di astensionismo era stato basso sia al primo che al secondo (16% in entrambi i casi). Ma erano davvero altri tempi, anche di mobilizzazione nella periferia di Parigi.

Le preoccupazioni, comunque, per Hollande non finiscono qui. Stamani un nuovo sondaggio di Ipsos lo dà secondo al primo turno con il 27,5% dei consensi (in calo dello 0,5), mentre Sarkozy balza in testa con il 29,5% (in crescita di due punti percentuali). E’ la prima volta che avviene nelle inchieste di Ipsos, uno degli istituti di sondaggi più affidabili in Francia. Al secondo turno il candidato socialista è dato ancora come vincente (in maniera netta, il 55% dei voti contro il 45% per Sarkozy). Ma si tratta comunque di un campanello d’allarme. I socialisti hanno capito che la partita non è ancora vinta.