Una catasta di bottiglie d’acqua minerale vuote. Forse “catasta” è eccessivo. Sono qualche decina. Ammucchiate di fianco al lavandino della cucina. Non è la mia cucina e non sono mie nemmeno le bottiglie: io bevo solo l’acqua pubblica che sgorga dal mio rubinetto e guardo con malcelato disgusto le bottiglie di plastica che invadono le case dei miei concittadini. Le bottiglie in questione, però, dovrebbero rappresentare il “male minore”: sono prodotte con un materiale bio-vegetale compostabile. Insomma, possono (e devono) essere smaltite nell’umido, insieme agli avanzi di cibo. Avendo la fortuna di abitare in un comune dell’hinterland milanese che ha raggiunto il 66% di raccolta differenziata, la comparsa delle “eco-bottiglie” dovrebbe contribuire ad aumentare questa percentuale. Invece no. Capita che gli sfortunati cittadini che hanno scelto di consumare acqua in contenitori biodegradabili si trovino costretti a stoccarne quantità inimmaginabili nei loro appartamenti. Il motivo? È politico.

Andiamo con ordine. La raccolta differenziata, nel mio comune come in molti altri, è supportata da un robusto sistema sanzionatorio che punta a “educare” i trasgressori a suon di multe. Infilare delle bottiglie di plastica biodegradabile nel contenitore dell’umido diventa un rischio. Se si abita in un condominio, poi, al rischio della multa si aggiunge quello di attirare il biasimo dei condomini. Cosa può fare quindi il bravo cittadino? Telefona all’ufficio ecologia del comune per chiedere istruzioni. La prima risposta è un meraviglioso esempio di non-sense: “le metta insieme alla plastica”. Quando il bravo cittadino mi riferisce la vicenda, decido di provare a chiamare anch’io. Un po’ per curiosità, un po’ per “fare massa”.

L’impiegata con cui parlo sembra già più preparata del collega (il capo ufficio, sigh!) che ha somministrato la risposta-choc al bravo cittadino. Mi spiega che sanno dell’esistenza delle bottiglie ecologiche, ma purtroppo l’amministrazione non ha ancora fatto informazione in merito. Per fortuna concorda sul fatto che non si possano mettere insieme alla plastica. Quindi? Ecco le soluzioni proposte:

Il metodo clandestino: “potrebbe schiacciarle bene e metterle nell’umido chiudendole dentro i sacchetti in modo che non si vedano”. Faccio notare alla gentilissima impiegata che sarebbe scocciante prendere una multa nel caso fossero individuate e scambiate per plastica. La gentilissima impiegata concorda.

Il metodo creativo: “allora potrebbe smaltirle insieme all’indifferenziata, poi vanno all’inceneritore”. Certo, con doppio danno: il solito rischio della multa e, in più, la beffa di trasformare materiale compostabile in fumi dispersi in atmosfera. Magari non saranno velenosi ma… Anche in questo caso la gentilissima impiegata si trova costretta a concordare.

Infine: “vede, in questa situazione sarebbe necessaria una presa di posizione della politica…”

Qualche secondo di silenzio.

“Scusi, vuol dire che la questione delle bottiglie ecologiche deve passare dal consiglio comunale?”.

Altra pausa.

“Mandi un’email al Sindaco”.

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