“Le imprese sono insoddisfatte perché avrebbero voluto la sparizione complessiva della parola reintegro”, ma non devono preoccuparsi perché “la permanenza di questa parola è riferita a fattispecie estreme e improbabili”. Il premier Mario Monti rassicura le aziende all’indomani della presentazione del ddl lavoro che ha reintrodotto il reintegro sui licenziamenti per motivi economici. Ma Emma Marcegaglia in un’intervista al Financial Times definisce “molto brutto” il testo.

Secondo il presidente di Confindustria ”sarebbe meglio non avere niente, oppure cambiarlo in Parlamento”, perché “questa riforma del lavoro non è quello di cui ha bisogno il Paese”. Alla richiesta di un giudizio sul governo Monti, la leader uscente degli industriali dà un parere ‘contrastato’, scrive il Ft: “L’inizio è stato buono. Eravamo – spiega Marcegaglia – così vicini all’abisso”. Ma i seguenti tentativi di riforma, fra cui la liberalizzazione del settore dei servizi, hanno deluso: “Sui tagli nella spesa pubblica, non abbiamo visto niente finora”, ha sottolineato.

Monti però evidenzia la bontà della riforma e invita la Marcegaglia “a prendersi le sue responsabilità” perché la Confindustria è “il sindacato dei datori di lavoro” e il governo deve guardare “all’interesse generale”. E puntualizza che “Confindustria fino a tre mesi fa si sarebbe sognata una riforma del genere”. ”Per la prima volta in Italia si introduce un sistema di protezione non del singolo posto di lavoro ma del singolo lavoratore – ha detto il presidente del consiglio – Si favorisce la formazione continua dei lavoratori, in modo che possano adeguarsi ad una società dinamica, un mercato del lavoro dinamico, senza incrostare le imprese a ciò che esiste”. Per Monti, inoltre, “per la prima volta in Italia si riduce un pò la protezione per i lavoratori che hanno una occupazione regolare, protezione che era in Italia più forte che nella maggior parte degli altri Paesi, e si aumentano la protezione, le chances e le opportunità di coloro che un lavoro regolare non ce lo aveva”. In un’intervista alla Reuters poi, il premier spiega che il ricorso alla fiducia ”potrebbe essere utile”, visto che “l’abbiamo usata diverse volte in questi 4 mesi e mezzo”.

La Cgil considera “positiva” la riconquista della possibilità di reintegrazione nei casi di licenziamento per motivo economico. Il sindacato ritiene che sia ricostituito “il potere di deterrenza dell’art.18” e scongiurata “la pratica dei licenziamenti facili che Governo e Confindustria intendevano introdurre”. Il problema per il segretario Susanna Camusso però, è che “la riforma non contiene una prospettiva di crescita”.

Il primo ministro incassa anche il placet dell‘Unione europea che, in una nota della Commissione, fa sapere che “lo slancio della riforma deve essere mantenuto”. Per Bruxelles è “importante che l’obiettivo ed il grado di ambizione del testo finale restino commensurati alle sfide del mercato del lavoro italiano, in linea con le raccomandazioni specifiche del Consiglio europeo”. Il problema, per la Ue, è che in Italia “oggi, molti lavoratori, tanti giovani, sono disoccupati o hanno impieghi precari, mentre rimangono generose garanzie solo per chi ha un contratto a tempo indeterminato”. La Commissione chiede al Parlamento italiano di approvare “rapidamente” il testo, rispettando “il livello di ambizione iniziale, commisurato alle sfide italiane”.

Il primo ministro parla da Napoli dove si trova per la presentazione del progetto ‘Pompei’ cofinanziato dall’Unione europea. Per Monti “la situazione al Sud è seria e il Mezzogiorno sente la crisi in maniera più accentuata che altrove” anche se “esistono numerose eccezioni, frutto della voce dei cittadini, della determinazione dei politici locali che a quella voce sanno rispondere”. Per il presidente inoltre, i ritardi del meridione, sono da imputare ad “un minor peso dell’industria dell’export e di divari gravi nelle infrastrutture, nella scuola, nella formazione”. Un sud che, secondo il presidente del Consiglio, “patisce la crisi generale dell’economia e la fase recessiva del paese a causa del minore peso dell’industria esportatrice” che rappresenta solo il 10% del volume nazionale e soffre di una “minore capacità della scuola di compensare l’effetto del divario sociale sulla competenza degli studenti” oltre a una peggiore qualità dei servizi pubblici e di formazione. Ma assicura che il governo interverrà con strumenti specifici sul rilancio del Mezzogiorno ma “nell’ambito di una politica generale che deve tenere conto di vincoli finanziari stretti”.

Oltre a Monti, nel capoluogo campano per presentare il rilancio del sito archeologico sono presenti anche il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, quello dei Beni culturali, Lorenzo Ornaghi, il responsabile della Coesione territoriale, Fabrizio Barca, e quello ha presentato i contenuti dei primi 5 bandi per il rilancio di Pompei, mentre il ministro Cancellieri ha illustrato le linee del Protocollo di legalità stipulato per prevenire eventuali infiltrazioni criminali nell’ambito dei lavori di recupero e messa in sicurezza dell’area archeologica. All’incontro, tenutosi alla presenza del Prefetto Andrea De Martino, anche il presidente dalla Provincia di Napoli, Luigi Cesaro e il sindaco di Pompei, Claudio D’Alessio.

Gli obiettivi di governo italiano e Commissione europea nel progetto ‘Pompei’ sono principalmente due: la messa in sicurezza degli scavi e il rispetto della legalità nei lavori. Cinque le linee di azione: rilievi e diagnostica (8 milioni e 200mila euro), consolidamento delle opere (85 milioni di euro, 47 dei quali per il finanziamento di 39 progetti già redatti dalla Soprintendenza archeologica di Napoli e Pomoei e 38 milioni di opere da progettare), adeguamento dei servizi per i visitatori (7 milioni di euro), potenziamento dei sistemi di sicurezza e di telesorveglianza (2 milioni di euro) e rafforzamento della struttura organizzativa e tecnologica della Soprintendenza (2 milioni e 800 mila euro).

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