Ma se l’Italia è in bancarotta e se la rotta attuale è dettata dalle banche, occorre chiedersi come mai tutto ciò avvenga e di chi siano le responsabilità. Si discute difatti di democrazia e del futuro delle nuove generazioni. Mica di quisquilie.
C’è sicuramente un problema globale: l’economicizzazione dei diritti e della democrazia mediante un capitalismo cinico, perverso ed incontrollato che sta monetizzando ogni politica, subordinando ogni condotta a dogmi quali “la crescita dello sviluppo”, il “default”, i “tassi di interesse”, lo “spread”, l’”andamento dei mercati”, a ben vedere tutto appannaggio delle banche mondiali e poi a pioggia, locali.
C’è oramai un groviglio quasi inestricabile tra potere economico e potere politico che detta le nostre azioni, le nostre agende e i nostri respiri. Le nostre vite paiono oramai sospese, condizionate da scelte economiche da noi non controllabili.
La crisi di questi anni, devastante per milioni di persone, è partita da alcuni speculatori e si è propagata come la spagnola. Sappiamo bene che al di là delle mere intenzioni dei Grandi di volere ridiscutere le regole dell’economia mondiale, quasi nulla è stato fatto. Gli speculatori continuano a speculare, le banche continuano a condizionare l’economia e le nostre vite, per di più agevolate da enormi prestiti con tassi zero o uno che le hanno indotte a continuare una pericolosissima (per noi) politica speculativa, lucrando con un utile elevato.
C’è un problema mondiale dinanzi al quale sembriamo impotenti. Anche se lo Stato italiano potrebbe giocare un ruolo di primissimo piano, dettando un tavolo risolutivo. Appunto, potrebbe se solo avesse un profilo credibile, affidabile e autorevole.
Invece scontiamo un grave problema locale: l’Italia è di fatto fallita e la rotta attuale è guidata dalle banche, con l’estrema unzione data dal Vaticano. Una miscela esplosiva. Intanto occorre che tutti noi si rifletta attentamente sui motivi del fallimento. E’ forse fallita a causa dell’operato dei privati, dei milioni di operai, del 90% di piccole imprese, dei 2 milioni di liberi professionisti, degli impiegati statali che lavorano diligentemente, dei brillanti ricercatori, dei creativi? Direi di no.
Forse è fallita perché la classe politica degli ultimi decenni ha mantenuto (illecitamente, sia ben chiaro) i propri privilegi, non ha saputo pensare al bene comune, non ha governato con una prospettiva del futuro, ha alimentato la corruzione e l’illegalità. Un Paese in mano a squallidi farabutti, che si sono autoregolamentati (il legislatore fai da te con uno stillicidio di norme ad partitum che ha creato una enorme stalagmite di impunità). Come definire la truffa del rimborso ai partiti, ergo finanziamento pubblico ai partiti abrogato dal referendum di vent’anni fa? Come definire la prescrizione dei reati sempre più breve? Come definire un voluto e mantenuto sistema di grave inefficienza della giustizia e del fisco? Come definire il voluto e mantenuto sistema di un mercato illiberalizzato, statalizzato e colmo di privilegi per le Banche, assicurazioni, energia, trasporti?
Come definire la politica di Monti Python, il quale mandato dalla provvidenza bancaria, benedetto dalla Chiesa e certificato dal giovane sognante Napolitano, con la sua elegante e nera (nerissima) Monti blanc, ha oramai steso un programma di rigor Montis, certificando che il cadavere è tale, senza programmare una vera politica di risanamento, dunque strutturale, durevole e soprattutto equa ma saccheggiando e distruggendo la classe media.
L’uomo apparso come autorevole, rigoroso, indipendente ha forse in parte restituito credibilità internazionale ma a quale prezzo interno? Invece di tagliare la spesa pubblica parassitaria, irragionevole, collusiva con la politica (taglio netto degli sprechi, degli enti inutili, dei rimborsi elettorali, dei finanziamenti alle grandi imprese e ai giornali etc.), introdurre una patrimoniale sui grandi redditi, varare una norma granitica anti corruzione, il premier vara una politica di austerità verso i deboli, fortificando ancor di più i privilegi dei forti (l’esenzione dell’Imu per le Fondazioni bancarie è uno dei tanti esempi).
Come uscire da questa gravissima situazione che si palesa oramai in un deficit di democrazia (siamo passati dall’uomo biscione all’uomo pitone), posto che il regime oligarchico perpetua la propria forza in modo autoreferenziale, sdegnando i lamenti e l’agonia del popolo? L’inarrestabile antipolitica che governa i nostri sentimenti si deve tradurre in politica attiva (dal basso verso l’alto) tesa a spazzare questi farabutti, dalle amministrative sino alle elezioni politiche, sostituendoli integralmente. Oggi più che mai il voto sarà determinante e il non voto sarà solo la certificazione che il cadavere è rigido.