Due anni fa.
L’uomo, sui settanta, vedovo, con un figlio che vive in Canada, non sa che pesci pigliare.
Gli han detto: Ha un tumore, non è operabile, possiamo provare con la chemio.
Operatemi, aveva provato a chiedere nel piccolo ospedale della sua piccola città.
Sarebbe inutile, gli avevano risposto.
Alla fine si decide: e telefona al figlio e il figlio, immediatamente, si mobilita. Da bravo figlio.
Telefona a una sua amica, che è anche una sua lontana parente e che vive dove vivo suo padre. Vai da lui, fatti dare tutta la documentazione medica che ha, poi scannerizza, mandami tutto e fai prima possibile.
L’amica esegue e lui si rivolge a un ospedale canadese.
Possiamo operarlo, dicono.
L’uomo, a questo punto, si precipita in Italia, stupido paese che non sa curare i malati, pensa.
Quando arriva, però, l’attende una sorpresa: ha preso informazioni anche la sua amica-lontana-parente: a Milano c’è un ospedale dove possono operare tuo padre, gli dice.
E così sia.
Operare l’uomo significa – almeno – lasciare aperta la porta della speranza.
L’operazione riesce, il sessantenne torna a casa, il bravo figlio in Canada.
Pochi giorni fa.
Il settantenne non si sente per niente bene: e torna nell’ospedale della sua piccola città.
Non vuole rompere le scatole al figlio, che ha la sua vita e le sue grane, lontano.
Certo, è preoccupato.
Si fa visitare.
L’oncologo scuote la testa. Fa una smorfia. Dice al settantenne: Deve prenotare una tac.
Poi?, domanda lui.
Poi torna e vediamo il da farsi.
Il settantenne vorrebbe dire, ma non osa, Scusi dottore ma perché non me la fate subito questa benedetta tac?
Macché: fin da piccolo gli hanno insegnato a rispettare gli altri, e non essere invadenti. Così saluta il dottore e, con la testa che gli gira forte forte, esce dal reparto. Mogio mogio, a testa china.
Buongiorno, si sente dire.
E’ una giovane dottoressa, che aveva conosciuto due anni prima.
Come va?, gli domanda la dottoressa.
Il settantenne sintetizza due anni in due minuti: l’intervento chirurgico a Milano, i nuovi malesseri, la visita appena fatta, la Tac da fare dopo aver seguito tutto l’iter (medico di famiglia, prenotazione, ticket).
La giovane dottoressa, però, gli domanda: Scusi, mi ripeta bene. Cosa le ha detto il mio collega?
Che devo prenotare una Tac, risponde.
La giovane dottoressa, scuotendo la testa, dice: Venga con me, la Tac la facciamo subito.
Il settantenne ringrazia, stupito. Quasi quasi è contento.
Brava gente, i dottori. E anche no.