Quando negli uffici modenesi dalla Cna Fita, l’organizzazione dedicata al settore dell’autotrasporto che riunisce 21 mila imprenditori e 800 addetti, è stata recapitata una busta gialla, gli impiegati di via Dalton hanno pensato a normale corrispondenza. Però, una volta aperta, il contenuto è risultato tutt’altro che normale: tre proiettili e lettere scritte con un normografo hanno subito rivelato che di minacce si trattava. Minacce indirizzare personalmente a due dirigenti, Cinzia Franchini, presidente provinciale e nazionale, e a Mirko Valente, responsabile dell’articolazione dedicata ai trasporti. E più in generale ce n’era anche per la rappresentanza locale della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa.

Se saranno le indagine partite dopo la denuncia presentata alla Digos di Modena a dare un nome al mittente e una matrice, sulle ragioni qualche ipotesi la si formula già. E l’origine più probabile, a una prima analisi, ricondurrebbe alle infiltrazioni della criminalità organizzata lungo la via Emilia. Intanto Cinzia Franchini ed Enrico Bini, dal 2008 presidente della Camera di Commercio di Reggio, negli ultimi anni si sono esposti in prima persona, sia a livello territoriale che nazionale, nella lotta ad aderenze in odor di mafia all’interno delle loro organizzazioni.

E più nello specifico, per quanto riguarda la Cna Fita di Modena, dura è stata la presa di posizione dei dirigenti contro il movimento dei forconi siciliano che a inizio anno ha bloccato l’autotrasporto nell’isola. “Per quanto riguarda noi e soprattutto Cinzia Franchini”, dice Ermes Ferrari, responsabile delle comunicazioni esterne per la confederazione modenese, “si è cercato di adottare una via morbida con il governo osteggiando il fermo degli automezzi”. Questo ha portato a qualche risultato, come la possibilità di richiedere in anticipo il rimborso delle accise sui carburanti. “Ma ha destato in qualcuno forme di malcontento”, aggiunge Ferrari, “perché ci sono imprenditori che avrebbero voluto altre risposte, più dure”.

Di fatto la busta con le minacce recapitata nei giorni scorsi alla Cna Fita non giunge improvvisa. Era stata preceduta, nelle settimane precedenti, da una serie di telefonate anonime e di invettive contro i dirigenti dell’organizzazione. Però, finora, non si era giunti ai termini espliciti dell’ultimo fatto, termini in base ai quali i destinatari delle intimidazione dovrebbero temere forme di violenza fisica nei loro confronti. Inoltre nell’aver radicalizzato il fronte delle minacce potrebbe centrare anche la collaborazione avviata con l’Associazione Libera dalle Mafie di don Luigi Ciotti.

Solidarietà a Cinzia Franchini e Mirko Valente è stata espressa da Luigi Mai, presidente provinciale della Cna, che in una nota dichiara: “Quel che è certo è che non sarà questa vicenda a fermare il nostro impegno sul fronte della tutela delle imprese e della lotta alle infiltrazioni malavitose, attività perseguita con senso di responsabilità in un contesto economico e sociale particolarmente difficile”. Contesto che, tra Reggio Emilia e Bologna, è già sotto l’osservazione di strutture investigative territoriali e nazionali, a iniziare dall’inchiesta partita un paio d’anni fa e che vede tra i suoi punti nevralgici il pericolo mafie dal sub pontino.

In base alle risultanze emerse nel corso del tempo, infatti, sulla rotta della via Emilia il settore vedrebbe una presenza di soggetti legati alle cosche della ‘ndrangheta insediatisi sia tra Modena e Reggio che a Bologna (il clan Mancuso in primis). E il settore degli autotrasporti più contaminato, ancor prima di quello della movimentazione terra, sembrerebbe quello legato alla distribuzione ortofrutticola che da sud prevede carichi che si muovono verso il nord, Emilia Romagna compresa. A questo ambito potrebbero ascriversi recenti incendi dolosi di automezzi verificatisi in zona, tra Vignola e il reggiano. Lo stesso sembra infine potersi dire, per altro settore produttivo, anche a proposito di un rogo che ha devastato nel fine settimana un cantiere a San Bartolomeo e sul quale sta indagando la Direzione distrettuale antimafia di Bologna.

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