A Varese, le sezioni del partito hanno chiesto la cacciata del segretario provinciale Canton, reo di avere partecipato ieri alle contestazioni contro Maroni. Mentre tra iscritti e militanti circola un documento che chiede "la testa" di "chi ha rubato e tradito gli ideali del popolo Padano"
Nello stesso documento si torna sulla questione delle risorse, su quei soldi che sarebbero potuti servire per sostenere le spese delle sezioni che “durante tutto il periodo dell’anno organizzano iniziative, producono volantini e materiale informativo, spesso chiedendo agli iscritti sovvenzioni straordinarie per far fronte alle spese”, alla luce di ciò, vedere che chi era chiamato a gestire le risorse del movimento: “ha distratto i fondi verso finalità non compatibili con i nostri ideali, ci indigna e ci fa chiedere al nuovo amministratore l’immediata distribuzione dei fondi alle sezioni in modo che si possa proseguire nell’opera di diffusione degli ideali Padani con risorse adeguate allo scopo”.
L’umore che si respira oggi tra i leghisti è quello della festa triste. Tra i maroniani c’è infatti la consapevolezza che la fine dell’odiato cerchio magico è vicina, ma nello stesso frangente manca la voglia di festeggiare. Per i leghisti la scelta presa del Capo è pesante da digerire: “Le sue dimissioni ci hanno colpito e lasciato affranti – ha spiegato da Varese Stefano Candiani, leghista vicinissimo a Roberto Maroni – mai avremmo voluto che succedesse tutto ciò”. Ora però il percorso è ancora lungo e si dovrà arrivare gradualmente all’individuazione e all’allontanamento di chi ha vissuto sulle spalle del movimento.
Oggi l’insofferenza della base nei confronti di queste persone si è aggravata. Fin dalle primissime ore dopo la diffusione della notizia, in tutto il nord tanti leghisti si sono incontrati nelle sezioni per discutere e affrontare il difficile momento di passaggio. Giovedì pomeriggio nella prima e più rappresentativa sede del Carroccio, i militanti si sono riuniti in fretta e furia, attendendo notizie fresche da via Bellerio. Il giovane segretario cittadino di Varese, Marco Pinti (maroniano), ha sintetizzato gli umori di tutti i tesserati varesini: “Prendiamo atto ancora una volta con orgoglio di avere con noi il più grande politico del dopoguerra: Umberto Bossi, che assumendosi delle responsabilità che non gli competevano, ha scelto di fare un passo di lato, diventando presidente della Lega per vegliare sul rinnovamento della Lega stessa. Un gesto ancora una volta per il bene del partito”.
In molti si chiedono che ne sarà ora della Lega: “Il futuro sta nel lavoro quotidiano che non si fermerà, poi abbiamo i congressi che delineeranno la nuova classe dirigente che dovrà determinare la linea politica – continua Pinti – chiaramente do per scontato che se qualcuno ha sbagliato pagherà. Chi ha fatto qualcosa di non leghista ancora prima di non legale sarà dimostrato che con la Lega non c’entra niente”.
Ora però il pensiero di tutti i militanti, cerchiomagisti o barbari sognanti, va soprattutto ad Umberto Bossi, il Capo di sempre, che se ne è andato da uomo ferito, riuscendo ancora una volta a cogliere tutti di sorpresa. I leghisti hanno deciso di salutarlo con un abbraccio collettivo, un evento organizzato per martedì prossimo a Bergamo, al PalaCreberg. Matteo Salvini ha spiegato che la riunione è stata autoconvocata da tutte le città del Nord per abbracciare Bossi ma ancora non si sa se lui sarà presente. E poi, sulla situazione del partito ha puntualizzato: ”Ripartiamo da oggi. Io rimango all’abbraccio commosso fra Bossi e Maroni di ieri. L’unità del movimento è una priorità e non c’è spazio per pirla e furbi”.
Voci vengono raccolte anche nel terreno bossiano, è il caso del senatore Armando Valli, che al quotidiano La Provincia di Como dichiara tutta la propria amarezza per il passo indietro del Capo: “Per me è stata una pugnalata, buttano fango su di lui ma lui non c’entra nulla. Ci metto due mani sul fuoco, non ho il minimo dubbio”. E poi continua: “Mi dispiace tanto, gliel’hanno fatta sporca. D’altra parte lui non poteva seguire tutto, anche per colpa della malattia. Bossi e la Lega sono una cosa sola, se lascia lui lascerò anch’io, finirò la legislatura e poi basta”.