Il proclama cerca l’immediato sostegno e il riconoscimento internazionale appellandosi allo “slancio di giustizia e di pace” delle comunità e soprattutto assicurando il riconoscimento delle frontiere degli stati limitrofi in vigore e la loro inviolabilità, l’adesione totale alla Carta delle Nazioni Unite e l’impegno a creare delle condizioni di pace stabili e durature, nonché a dare inizio ai fondamenti istituzionali dello Stato di Azawad basato su una Costituzione democratica.
Il portavoce del Movimento nazionale per la liberazione del Mali Mossa Ag Attaher ha dichiarato: “Accettiamo completamente il ruolo e la responsabilità che per noi è doverosa di rendere sicuro questo territorio. Abbiamo terminato una battaglia molto importante, quella di liberazione […] ora inizia il compito più grande”.
Il Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad è uno dei due gruppi che hanno preso il controllo del territorio dopo il colpo di stato che ha rovesciato il governo. Il gruppo tuareg di opposizione armata alla fine del gennaio 2012 ha lanciato una rivolta militare nel Mali settentrionale. Nel frattempo l’Ansar Dine, gruppo islamico che vuole implementare nel paese la Sharia, la legge religiosa, ha cominciato a combattere contro l’esercito nazionale. I due gruppi il 21 marzo 2012 hanno rovesciato il regime del presidente ed ex generale Amadou Toumani Touré attaccando diverse località della capitale Bamako, tra cui il palazzo presidenziale, la televisione di stato e la caserma militare, e hanno preso il controllo delle città di Kidal, Gao e Timbuktu.
Diversamente dal movimento dei tuareg il gruppo Ansar Dine, che è stato accusato di avere legami con Al Qaeda, non è in favore dell’indipendenza del Mali settentrionale.
La dichiarazione di indipendenza è stata fatta subito dopo l’appello rivolto ai tuareg e ai gruppi islamici con cui Amnesty International ha denunciato le razzie in edifici pubblici e privati, incluso gli ospedali, e vari abusi dei diritti umani da parte dei gruppi che si sono impossessati delle città di Kidal, Gao e Timbuktu. Hanno anche denunciato l’inizio di un’emergenza umanitaria a causa della quale sempre più famiglie stanno cercando di lasciare le loro case. Dalla fine di gennaio, gli inizi della rivolta, Amnesty stima che siano fuggite oltre 200.000 persone dal Mali settentrionale, di cui 100.000 hanno attraversato le frontiera dei paesi confinanti Mauritania, Niger, Algeria e Burkina Faso. Diverse agenzie umanitarie hanno anche denunciato che a causa dell’ultima siccità tra il Mali e i paesi confinanti circa 13 milioni di persone abbiano bisogno di cibo.