Quatrocentotrentanovemila tra bambini e ragazzi nella miseria, alunni che svengono a scuola perché affamati e il cui corretto sviluppo psicofisico è considerato seriamente a rischio. Sono alcuni degli angoscianti contenuti del recente rapporto realizzato da Unicef Grecia e Università di Atene che accende i riflettori su una delle categorie da sempre e ovunque più a rischio in situazioni di crisi economica: quella dei minori. I bambini presi in esame fanno parte di quel 20% di famiglie greche considerate povere dalle statistiche ufficiali. Nuclei familiari che si trovano ad affrontare problemi come l’impossibilità di riscaldare la casa a sufficienza (nel 37% dei casi), il dover abitare in abitazioni malsane (50%) o addirittura l’insufficienza dell’alimentazione (21%). Il rapporto stigmatizza anche l’incremento degli abbandoni scolastici dovuto probabilmente anche al fatto che circa 100 mila minori sono costretti a lavorare per contribuire al sostegno della famiglia.

Il problema è però anche un altro: lo studio si basa sulle statistiche ufficiali europee che sono ferme al 2010 e incorpora pertanto solo in parte gli effetti della crisi andata intensificandosi nel corso del 2011. Lo scorso anno il Pil è calato del 7%, la disoccupazione è balzata dal 14 al 21% (50% quella giovanile) e secondo la Commissione Ue i salari si sono ridotti mediamente del 22%. Per di più pensioni, stipendi pubblici e prestazioni sociali sono stati tagliati con l’accetta per venire incontro alle richieste di Unione europea, Bce ed Fmi. Le stime di Bruxelles presentano inoltre un rischio: viene infatti considerato povero chi vive con meno del 60% del reddito medio nazionale. Pertanto se tutti guadagnano meno e il reddito medio si abbassa scende anche la soglia di indigenza e dunque il numero di “ufficialmente poveri” non cambia. Questo spiega perché non ci siano praticamente variazioni rispetto ai valori pre-crisi.

Rilevazioni più accurate hanno calcolato la povertà ancorando il reddito ai valori del 2009. Risulta così come solo nel 2010 con un Pil in calo del 4,5% oltre mezzo milione di greci, il 5% della popolazione, sia scivolato nella povertà. E’ probabile che nel 2011 sia accaduto lo stesso se non peggio. Appaiono dunque ragionevoli stime che collocano la quota di poveri almeno al 30% della popolazione. Significa che quasi 3 milioni e mezzo di persone, ossia un cittadino greco ogni tre, vivono una situazione di grave indigenza. Di questi almeno 500mila sono bambini o ragazzi.

Il deterioramento delle condizioni sociali è fotografato anche da altri indicatori indiretti. Una ricerca della rivista The Lancet segnala un grave deterioramento delle condizioni sanitarie del paese dal 2007 ad oggi. Mentre le strutture mediche pubbliche hanno subito tagli nell’ordine del 40% quasi un greco su tre si rivolge ai presidi sanitari delle organizzazioni non governative originariamente pensati per gli immigrati. In forte aumento anche il consumo di eroina, salito del 20% mentre i programmi di sostegno e recupero per tossicodipendenti sono stati ridotti di un terzo.

Non può stupire che l’insofferenza verso le misure di austerità imposte per tentare di risanare i conti sia in crescita esponenziale. Un’insofferenza che o esplode in proteste e scontri di piazze o trascina le persone nella più cupa disperazione. Secondo un’indagine del Parlamento greco da inizio 2010 si sono registrarti 1725 suicidi, con un aumento del 40% all’anno. L’ultimo a togliersi la vita è stato un farmacista in pensione che si chiamava Dimitris Christoulas. Si è ucciso mercoledì scorso davanti al Parlamento lasciando un biglietto indirizzato al governo in cui si legge “i tagli hanno azzerato la mia capacità di sopravvivere, basata su una pensione rispettabile che avevo versato in 35 anni. Non trovo alternative a una conclusione dignitosa prima di finire a rovistare tra la spazzatura per vivere”.

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