“Mi dimetto”. Così Renzo Bossi, figlio del leader della Lega Nord, annuncia al Tgcom24 la decisione di lasciare l’incarico di consigliere regionale lombardo. Un passo indietro che, nelle ultime ore, era stato chiesto da militanti ed esponenti leghisti con sempre maggiore forza. “Non sono indagato – ha spiegato – ma credo che sia giusto e opportuno per il mio movimento fare un passo indietro”. E ha aggiunto: “Senza che nessuno me l’ha chiesto faccio un passo indietro in questo momento di difficoltà, do l’esempio – ha detto – Sono sereno, so cosa ho fatto e soprattutto cosa non ho fatto e non sono indagato. In consiglio regionale negli ultimi mesi ci sono stati avvenimenti che hanno visto indagate alcune persone. Io non sono indagato, ma credo sia giusto e opportuno fare un passo indietro per il movimento”.
Le inchieste su Belsito, infatti, non vedono al momento altri politici indagati all’infuori dell’ex tesoriere, anche se è verosimile che il numero degli indagati possa salire nei prossimi giorni. Nell’intervista il “Trota” ha parlato anche sulle dimissioni di suo padre da segretario federale del partito: “”Mio padre? E’ stata una scelta difficile fatta per salvare il movimento e dare alle domande che tutti si pongono le risposte che nel giro di poco tempo si avranno”.
Il padre Umberto: “Ha fatto bene”. La decisione è stata commentata positivamente anche dal Senatur: “Ha fatto bene a dimettersi. Erano due mesi che mi diceva che era stufo di stare in Regione” ha risposto all’uscita della sua abitazione di Gemonio. Ai cronisti che gli chiedevano delle eventuali espulsioni dal partito ha risposto: “Poi vediamo”.
Formigoni: “Bene così”. “Domani mattina Renzo Bossi formalizzerà ufficialmente le sue dimissioni, da me” conferma Stefano Galli, capogruppodella Lega Nord in consiglio regionale lombardo. “Ha fatto bene” ha aggiunto. Galli ha assicurato che la decisione di Renzo Bossi lo ha colto di sorpresa: “A me non aveva mai manifestato la voglia di lasciare il consiglio regionale, poi se ne ha parlato in famiglia, questo non lo so, francamente io non me lo aspettavo”.
Condivide la scelta il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni: “Bene così” ha scritto su twitter. “E’ una scelta e opportuna davanti a un quadro accusatorio da verificare, ma che delinea una situazione grave. E’ bene che le dimissioni siano arrivate in maniera tempestiva” ha poi aggiunto in un’intervista a Tgcom24.
Secondo Monica Rizzi, assessore regionale della Lega: “è un atto di estrema sensibilità e maturità politica, da un ragazzo che non è nemmeno indagato. Ha dimostrato di non essere attaccato alle poltrone ed in questa maniera eviterà che gli sciacalli che si aggirano giornalmente a buttar benzina sul fuoco continuino ad attaccare suo padre per colpa sua. Chi conosce Renzo sa quel che vale ed il tempo farà venir a galla tutta la verità di questo complotto con l’aiuto della magistratura. Come sta accadendo per me”. Dispiaciuto al contrario l’europarlamentare Matteo Salvini: “Pare che Renzo Bossi si dimetta. Un vero peccato…” scrive su facebook.
Non sembrano in sintonia con Salvini diversi militanti che su facebook hanno commentato – con molta ironia – in serie le dimissioni di Bossi Jr. Sulle pagine di alcuni esponenti della Lega, a parte chi “grida” la sua contentezza con degli “Olé olé” o con varie affermazioni stile “Era ora”, prevalgono i commenti che manifestano finta tristezza come “Siamo tutti dispiaciuti!” o “E ora bandiere a mezz’asta?”. E ancora: “Un vero peccato… carismatico, colto e onesto”, ma anche “Sto piangendo”. Tra gli altri compaiono anche vari post in cui si auspica che lo stesso gesto venga deciso anche dalla vicepresidente del Senato Rosi Mauro, nell’occhio del ciclone.
“Rosi Mauro si dimetta”. La decisione di Bossi Jr mette ora in una posizione complicata la senatrice Rosi Mauro, la segretaria del Sindacato Padano e vicepresidente del Senato, che al pari del “Trota” non è indagata, ma al pari del “Trota” e di Belsito ricorre nelle intercettazioni telefoniche e nelle deposizioni delle dipendenti amministrative della Lega Nord. “Non mi dimetto” aveva assicurato, indignata, Rosi Mauro alcuni giorni fa. Oggi diverse voci autorevoli chiamano allo stesso gesto di responsabilità dei due Bossi anche la Mauro: “”Tutti coloro che hanno avuto a che fare con questa situazione di malaffare devono fare tre passi indietro per il buon nome del nostro movimento” ha chiarito per esempio Attilio Fontana, sindaco leghista di Varese. Ciò riguarda anche Rosy Mauro? “E’ uno dei nomi più eclatanti” ha risposto. “Siamo all’inizio di un’indagine e indipendentemente da tutto la scelta di fare un passo indietro è opportuna e davvero rende onore a Renzo Bossi” ha rincarato il senatore Massimo Garavaglia. “Io al posto di Rosy Mauro mi sarei già dimesso” ha tagliato corto.
A suo modo lo dice perfino un altro dei triumviri (visto che l’opinione di Maroni in merito è arcinota) Roberto Calderoli: “Un passo alla volta, e comunque dipende dalla sua volontà. Lasciamo a tutti il tempo per riflettere. Certo sarebbe un gesto positivo dimettersi da vice presidente del Senato. Cosa che invece Fini non ha ritenuto opportuno fare quando è stato coinvolto in altre inchieste”. “Oggi ho visto Bossi – ha aggiunto Calderoli, anche lui soddisfatto per le dimissioni di Renzo che “aiutano il partito” – Il Capo è il solito combattente. Domani incontrerò Manuela Dal Lago e Roberto Maroni. Ci stiamo muovendo. Sono convinto che ci sia passato sopra uno tsunami e ora dobbiamo dimostrare di essere come il Giappone che ha saputo ricostruire e non come le baracche che purtroppo sono ancora in piedi in tante zone terremotate di casa nostra”.
Una furia il prosindaco di Treviso Giancarlo Gentilini: “Le dimissioni di Renzo Bossi sonouna mossa obbligata, ora tocca alla sindacalista, alla Rosy Mauro, perchè quel cerchio magico va distrutto in tutti i suoi elementi” afferma. “Va fatta pulizia – avverte – oserei dire una pulizia etnica, radicale, perchè lì c’era un muro costruito attorno a loro che non permetteva a nessuno di mettere il naso dentro per vedere ciò che combinavano. Ora per quel che mi riguarda tocca anche a Giorgio Stiffoni che aveva il compito di controllare i conti; è inutile che si giustifichi dicendo che non glielo lasciavano fare, che non poteva doveva agire o reagire. Bisogna dare risposte immediate facendo pulizia alla base del movimento: quella base che per la Lega si è spesa in questi anni perchè ha creduto nel partito e che adesso si sente tradita e alla quale ora diventa sempre più difficile parlare”.
La corsa verso il congresso. Lo aveva già anticipato nei giorni scorsi, lo ha ripetuto oggi. Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia non ha intenzione di candidarsi alla segreteria federale della Lega Nord. Il suo nome era infatti iniziato a circolare dopo che i “veneti” del Carroccio avevano espresso l’intenzione di contendere la guida del partito al lombardo Roberto Maroni. “Ringrazio tutti i militanti per la fiducia e la considerazione che da sempre mi dimostrano in merito ad una mia candidatura ai vertici della Lega, partito che mi ha dato tanto e che mi ha permesso di fare un’esperienza unica, ma dico che non la prendo minimamente in considerazione. Sarebbe poco serio da parte mia disattendere gli impegni che mi sono preso con i veneti due anni fa”, sottolinea Zaia. Il presidente della Regione è “cosciente del fatto che il Veneto non ha bisogno di un governatore part-time per i tanti problemi che abbiamo sul tappeto, ad iniziare da una forte crisi che attanaglia la nostra comunità e che mi vede oggi impegnato più che mai, assieme alla mia squadra, a dare risposte agli oltre 150mila veneti e venete disoccupati e ai tanti giovani in cerca di lavoro in un Veneto dove su quattro ragazzi sotto i 30 anni uno è disoccupato e due sono precari”. “L’azione e il rispetto nel nostro partito, la Lega si guadagna a iniziare dalla buona amministrazione”.
Simpatizzanti scatenati a Radio Padania. Che fosse destinato a finire il periodo delle “mani sul fuoco” contro tutto e tutti si era già capito in mattinata. Gli elementi imbarazzanti si stanno moltiplicando e anche la base della Lega, fatto salvo l’affetto per Umberto Bossi, inizia a non sopportare più quello che sta leggendo e ascoltando. E così in tanti si sono sfogati a Radio Padania: anche nel giorno di Pasquetta l’emittente della Lega ha ricevuto decine e decine di telefonate di sostenitori e simpatizzanti.
Qualcuno ha provato a difendere la classe dirigente leghista e lo stesso Senatur, sostenendo che le inchieste “sono una mossa politica per denigrare la Lega” e “se il figlio di Bossi è arrivato lì vuol dire che non c’era altra gente disponibile”. Ma la maggior parte delle telefonate sono state di leghisti amareggiati e delusi.
“Umberto come Bettino”. E c’è chi è arrivato a paragonare il leader storico della Lega a Bettino Craxi, uno dei simboli considerati dal “popolo padano” emblema del centralismo romano, della I Repubblica e di Tangentopoli (durante la quale, nel 1993, Luca Leoni Orsenigo, deputato della Lega, sventolò alla Camera il celebre cappio). “Nella Lega vedevamo un partito diverso e dei militanti diversi – dice Maria da Genova – ma quando tirarono le monetine a Craxi non era forse per la stessa ragione che stiamo vedendo in questi giorni? Io detesto i giornalisti – chiarisce la signora – però non bisogna dire dire che la Lega è fuori da quel sistema: se è venuto fuori questa storia del figlio di Bossi qualche perplessità bisogna averla. Da lui non ce l’aspettavamo ed è una ulteriore delusione di questa Italia”.
Giorgio da Monte Brianza, incalza. “Chi l’ha nominato Belsito? Onore delle armi a Bossi, ma stiamo attenti perché c’è molto scontento in giro. L’unica soluzione è Maroni segretario”. “Bossi da padre doveva verificare quello che faceva il fglio – continua Giovanna da Torino – la Lega non può smentire il ‘Roma ladrona’, a meno che non siamo contenti che rubino tutti”. “Uno tende a fidarsi dei familiari – replica la conduttrice – ma purtroppo…”.
Il paragone con Craxi però scatena la reazione della frangia “innocentista”: un ascoltatore da Sesto San Giovanni ribatte che “Craxi ha preso le tangenti, quelli della Lega sono finanziamenti che teoricamente sono proprietà della Lega stessa, non sono soldi sfilati da tasche citadini con tangenti occulte. Noi abbiamo usato male i soldi – aggiunge – ma non abbiamo preso le tangenti”. “Io ho sempre votato un po’ per la Lega e un po’ per il Pdl – dice un’ascoltatrice – ma oggi ho sentito che la Angela Merkel è in Italia, lei è venuta col volo di Stato, ma il marito è venuto con un volo low cost. Come mai Calderoli quando era ministro andò a Disneyland con 8 persone di scorta?”. E a chi ripete che “è il sistema che è marcio” e che tutti i partiti hanno qualcosa da nascondere, la conduttrice risponde: “Certo, le indagini dovrebbero farle in tutti i partiti, ma quello che è emerso in questi giorni non è piacevole”. “Se ha sbagliato Renzo Bossi restituirà i soldi – chiude un altro ascoltatore – ma Maroni non deve fare processi prima dei giudici”. Attesa adesso per la serata dell’ “orgoglio padano” che si terrà domani a Bergamo. Ma i segni di scontento sono inequivocabili. Tanto che su un muro di Pontida, cuore dei raduni leghisti, lo striscione con su scritto “Padroni a casa nostra” è diventato “Ladroni a casa nostra”.