Il linguista ed esperto di filosofia del linguaggio e della cultura ha scosso il suo paese con Il mostro mite, in cui, partendo dalla scomparsa della sinistra tradizionale italiana, espone le cause della scelta del mondo di andare a destra.
Testata: Clarin
Data di pubblicazione: 26.03.2012
Traduzione di Elena, Michela, Amina per italiadallestero.info
Articolo originale di Pedro Vallín
Linguista ed esperto di filosofia del linguaggio e della cultura, Raffaele Simone è riuscito a scuotere le coscienze del suo paese con Il mostro mite (Taurus) provocatoriamente sottotitolato Perché l’Occidente non va a sinistra? nel quale, partendo dalla scomparsa della sinistra tradizionale italiana che si è fusa nella democrazia cristiana, espone le cause della svolta a destra del mondo e della trasformazione del capitalismo in una cornice confortevole che avvolge tutto – e per questo è una misura buona e invisibile – da lui definita mostro mite. Parla in castigliano perfetto, con grande dettaglio di finezza, sorprendente quando non si padroneggia la lingua madre.
– Una delle conclusioni del suo libro allude alla “naturalità” del pensiero di destra, contro la condizione “artificiale” del pensiero di sinistra nella misura in cui va contro la tendenza naturale all’egoismo
– Esattamente, è proprio questo.
– Gli evoluzionisti, nonostante tutto, hanno affermato che la generosità, la filantropia e la morale sono naturali, un vantaggio evolutivo nella misura in cui l’uomo è un essere sociale. Nel mondo primitivo le società con regole si impongono sulle altre perchè permettono la crescita demografica e la nascita di occupazione, e così via.
– Sta dicendo esattamente quello che affermo. L’idea che descrivo nel libro, per cosi’ dire drammatizzando un po’ (non è una teoria ma un’allegoria un po’ drammatizzata), è la stessa di 2001 Odissea nello spazio di Kubrick: quando teoricamente tutto ha avuto inizio, un’epoca cui nessuno ha potuto assistere, gli uomini primitivi si massacravano tra loro. A un certo punto, per evitare lo sterminio, per così dire, e in conseguenza del diffondersi della paura, sono state create gradualmente delle regole. E applicando questa metafora alla relazione tra sinistra e destra, credo che stare a sinistra sia meno “naturale” che stare a destra perchè la persona di destra dice: “Questo è mio e nessuno deve toccarlo. Nessuno deve discutere cio’ che io voglio fare”. Sono argomenti di tipo “primitivo”, (lo metta) tra virgolette per piacere, sono argomenti ancora non elaborati.
Al contrario la sinistra dice: “Tu devi rinunciare a una parte del tuo perchè c’è gente che ne avrà più bisogno di te”. O meglio: “L’interesse pubblico (che è un concetto molto sofisticato) prevale sull’interesse privato. Quello che tu decidi di fare deve esser mediato dal pensiero dell’interesse degli altri”. E’ un atteggiamento per cui impiego l’immagine della molla in tensione, perchè la tendenza naturale è verso l’egoismo, e dividere quello che si possiede tra persone che neanche si conoscono è contro natura, nel senso che incontra la resistenza della molla.
– Questo si collega all’eterno dibattito, molto vivace tra i gruppi femministi e tra gli educatori, tra cio’ che è naturale e cio’ che è culturale. Naturale sarebbe di destra e culturale di sinistra.
– Si, l’opposizione è questa, appoggiata in questo momento dagli studi degli etologi che lei menzionava, gli studi sul comportamento delle scimmie più evolute e così via. Sappiamo moltissimo dell’umano, molto di più di quello che ne sapeva Rousseau, che a suo tempo simpatizzava con le posizioni della Chiesa, che suppongono che l’uomo sia originariamente buono e che peggiori con il passare del tempo. Istintivamente credo il contrario. E in questo caso è un’immagine per spiegare il fatto che è molto più frequente e facile il passaggio da sinistra a destra a livello individuale che il contrario.
– E oltretutto è simmetrico.
– In che senso?
– Quando uno proviene da posizioni estreme di sinistra finisce in posizioni estreme di destra, e se uno è moderato, finisce con l’avere posizioni moderate. Dallo stalinismo al fascismo, e dalla socialdemocrazia alla democrazia cristiana, per così dire.
– Si, si. In Italia abbiamo molti casi. E’ esattamente così. In Italia il partito socialista si è quasi totalmente spostato sugli standard di Berlusconi senza subire cambiamenti. E la gente realmente socialista continua a chiedersi come abbiano potuto. Secondo la mia interpretazione è la molla: a un certo punto, stanchi di tenerla tesa, decidono di allentarla.
– Arrendersi?
– Esatto.
– Lei, e anche chi ha scritto il prologo, citate la scena di Aprile di Nanni Moretti (1998), nella quale il protagonista rimane davanti al televisore gridando a Massimo D’Alema: “D’Alema, dì qualcosa di sinistra!”. Moretti aveva già proposto una satira carnevalesca sul disfacimento del comunismo italiano, Palombella rossa (1993), trasformato in una partita di pallanuoto, con un testo esplicito sulla crisi della sinistra.
– In Moretti ci sono molti elementi di questo tipo. Inoltre fu Moretti che diede il via alcuni anni fa ad una manifestazione di protesta contro la gestione attuale della sinistra che si concluse in manifestazioni importanti, il movimento dei Girotondi. Fu lui uno dei promotori. In un dato momento il movimento si sgonfio’ perchè era troppo informale e forse mancavano leader, ma è stato un movimento importante che durò diversi anni.
– Lei è molto pessimista?
– No, no. Ho speranza.
– Si fa fatica a vederlo nel libro.
– Credo sia meglio analizzare i dati in maniera approfondita prima di elaborare una risposta.
– Non crede che la perdita dei principi o delle idee forti della sinistra che Lei denuncia si siano prodotte parallelamente nella destra, che il tradizionalismo o le espressioni più reazionarie in campo morale siano retrocesse?
– Per questo parlo di neodestra, è una destra diversa rispetto alla precedente. Non sono fascisti, hanno solo interessi materiali.
– Lei enumera le mete non raggiunte dalla sinistra in Europa negli ultimi 150 anni. Afferma che “non si è prodotto un progresso costante nell’istruzione e nella cultura”… Le statistiche sul progresso umano delle Nazioni Unite dicono un’altra cosa, che gli indici di alfebetizzazione non hanno smesso di crescere.
– Non abbiamo raggiunto l’obiettivo.
– Però lei sostiene che non ci sono progressi. Successivamente aggiunge che “non si è prodotta nessuna rivalorizzazione dell’attività intellettuale e creativa”. Non le posso fornire dati, però l’impressione è che sia il contrario, che il lavoro creativo non sia mai stato tanto remunerato come di questi tempi.
– Però non sto parlando della modernità e del risultato nel tempo attuale della tradizione precedente di sinistra.
– Dice anche che non si è raggiunta “la diffusione generalizzata di una mentalità minimamente razionale e laica”. Questo ha avuto alti e bassi.
– Varie fasi, si. Quello attuale è un momento difficile in Spagna, Italia e Francia. Voi avete un futuro di controriforme durissimo.
– Però continuo: “Nemmeno si è raggiunta una coscienza civica solidale e di uno spirito di pace collettivo”. Ci sono esempi di progresso morale molto evidenti: nel 2003 per la prima volta c’è stata una mobilitazione sociale globale e di massa contro una guerra che ancora non era cominciata e che avrebbe avuto luogo a centinaia di chiometri di distanza. Non ci sono precedenti.
– Quello che volevo dire è che non sono tutti risultati di tipo socialista. Sono risultati di una coscienza nuova, post moderna, più o meno, nella quale la cultura giovanile gioca un ruolo fondamentale non necessariamente di tipo socialista. Significa che le grandi illusioni del socialismo possono essere state parzialmente realizzate però non totalmente. Per esempio, l’uguaglianza è un tema in grave crisi ed è uno dei tratti principali della sinistra. La disuguaglianza trionfa praticamente in tutto il mondo ed era uno dei tratti principali della modernità. C’è un’altra lista nel libro, le date storiche, i grandi momenti non raggiunti dalla sinistra…
– Però ciò che lei denuncia della sinistra non accade anche alla destra? Vale dire la de-ideologizzazione?
– Ma alla destra non interessa allo stesso modo, perchè essere di destra suppone che i fenomeni, i processi, alla fine vadano avanti da soli.
– Quindi la neodestra è apolitica?
Diciamo che non ha interesse a modificare i processi, e in questo senso, lo spiego nel libro, la sinistra ha finito per adottare lo stesso atteggiamento della destra, perchè ha abbracciato quello che io definisco “l’infinita tolleranza verso il sociale”, che significa che non conta quello che succede ma l’importante è che fluisca tranquillamente. In questo senso il tema dell’immigrazione clandestina è centrale. Nessun paese d’Europa ha elaborato un modo o un progetto per governare questo fenomeno che è immenso e che modifica l’aspetto del mondo in pochi anni. Altro tema che mi sembra molto rilevante, altro tema mancante della sinistra, è la rivoluzione digitale, che è considerata come un’ innovazione tecnologica pura e semplice mentre in realtà è un cambio di mentalità.
– Uno dei motori tradizionali della sinistra è l’idea di progresso, anche se originariamente non è marxista ma propria dell’Illuminismo.
– Si, l’idea che l’umanità è in moto, che cammina in modo ascendente.
– La sinistra l’ha abbandonata?
– Perchè lo dice?
– Perchè i messaggi che lancia, anche se legittimi, sono conservatori: salvaguardiamo l’ambiente, i diritti sociali, il benessere… cioè un atteggiamento difensivo, come se la sinistra, che è la sovrana del futuro, ora avesse, per così dire, paura del futuro.
– Esattamente. La sinistra ha perfino paura a presentarsi come sinistra. Sono d’accordo con lei, il posto del progresso è stato occupato dalla crescita, il mito attuale è quello della crescita, e credo che sia un altro mito pericolosissimo della neodestra. Io sono abbastanza favorevole alla decrescita, se non alla Latouche in un altro modo più dolce, però la mia idea è che la crescita sia un errore gravissimo. E’ un altro pezzo del mondo che va distrutto.
– Non si parla nemmeno molto del fatto che l’evoluzione demografica è preoccupante
– Si, è un problema, ovviamente. In Italia se ne parla poco. E’ un tema importantissimo perchè il mondo fatto a misura di un determinato numero di abitanti, che non si può superare. Però è evidente che ci scontriamo di nuovo con il mito della crescita. Perchè il futuro deve essere necessariamente di crescita e non di stabilizzazione o redistribuzione. Per concludere, le dirò che la sinistra ha assunto i miti della destra, liberali o neoliberali senza rendersi conto di quello che stava facendo.
– Lei parla molto della perfida alleanza tra la socialdemocrazia italiana e la democrazia cristiana. Condividono un substrato filosofico non minoritario: l’esigenza di uguaglianza, la solidarietà, la compassione. Probabilmente non è un’alleanza contronatura.
– No, non lo è in assoluto. Hanno due elementi in comune, oltre allo spirito della Chiesa che è stato attribuito alla sinistra per anni. E’ l’elemento fondante dello statalismo, cioè lo Stato occupa il centro della vita della società, e inoltre, per lo meno in Italia, anche se credo che in Europa le cose vadano più o meno allo stesso modo, lo spirito dell’assistenzialismo, ovvero che lo Stato dev’essere obbligato ad assistere le persone che versano in gravi condizioni. Questi due elementi unificano le due componenti, in questo senso non è un’alleanza contro natura. Contro natura è il carattere chimicamente infelice di tale fusione, che si rivela a proposito di temi incandescenti, come per esempio quelli bioetici. Però quello che mi impressiona di più è che il termine stesso di socialismo in Italia sia scomparso completamente. Il suo amico Walter Veltroni dichiarò a qualcuno che lo accusava di inserire uno spirito socialista nel programma dell’appena nato Partito Democratico: “Ma per favore, non c’è niente di socialista”, come se fosse un’accusa, un’insinuazione offensiva.
E questo mi sembra un tradimento grave, un tradimento storico, perchè c’è gente che continua a credere nei principi del socialismo, come me, e non credo di essere il solo.
– Un’altra caratteristica che avvicina il socialismo e la democrazia cristiana è la visione paternalistica della società, forse addirittura accondiscendente.
– Credo di si, perchè nonostante la loro preoccupazione per così dire di democrazia democratica, sia gli uni che gli altri continuano ad avere fortissime gerarchie, praticamente una sfera di intoccabili. In Italia, ma anche in altri paesi, c’è una durissima polemica contro i costi della casta. Lo spirito democratico non è così incisivo da eliminare lo spirito di casta.
– Tra le forme aberranti della politica attuale, sia di destra che di sinistra, c’è il populismo. Sembra che la democrazia digitale punti a quello.
– E’ dovuto alla mediatizzazione del mondo. E’ qualcosa che accade in tutto il mondo, perchè i media permettono a chiunque di arrivare al singolo individuo e di indurlo a pensare che il potente è come lui. E che ha gli stessi bisogni, gusti, costumi, lo stesso linguaggio…
– Il movimento 15-M [cioè degli indignados, dal “15 maggio”, giorno del 2011 in cui è sorta la protesta, NdT] è sicuramente più un sintomo che un fenomeno…
– Si, è più un sintomo che un risultato.
– …è un indice del fatto che esiste una sinistra, però anche una disaffezione per i partiti di sinistra.
– Sono fenomeni in ebollizione, però l’ebollizione nella politica è una cosa diversa delle proposte e dall’elaborazione dei programmi. Nel momento in cui ci mettiamo a elaborare idee e programmi e progetti, dobbiamo creare una struttura, che è il contrario dello spirito che si manifesta nel fenomeno degli indignati. Inoltre gli indignati incorporano un’idea che storicamente si è dimostrata non falsa, ma impossibile, quella della democrazia diretta.
– Indesiderabile?
– Per me è indesiderabile, pericolosissima. Però sempre presente come illusione, come speranza, in un momento determinato della vita. Per questo motivo i partiti di sinistra non lo capitalizzano [il movimento degli indignados, NdT]. In ogni caso mi sembra che i politici dovrebbero riflettere con attenzione e in modo puntuale su questo fenomeno perchè implica l’espressione di un’inquietudine, un punto di saturazione nel quale non ci siamo mai ritrovati prima.
– Li si accusa di non avere un discorso articolato, però in ogni caso è molto più articolato rispetto a quello del maggio del ‘68, che oltre ad avere slogan molto meno sofisticati come “sotto i ciottoli c’è la sabbia”, a poco a poco ha influito anche su tutto il pensiero della sinistra dei tre decenni successivi.
– E’ vero, però se si ricorda misero alle corde lo stato francese. In Francia ci fu davvero il timore di un colpo di stato. Inoltre c’era un sentimento di gioia di vivere che negli indignati non è presente. E’ qui che appare la mediatizzazione e la cultura digitale. Ci sono vari elementi molto diversi. Nel momento in cui un movimento si concretizza in forma di proposta si è già convertito in partito. La differenza fondamentale è la perseveranza. Nella misura in cui il movimento dura, avrà i suoi capi e responsabili. Nel momento in cui li crea e si rende conto che alcuni capi sono necessari per la sopravvivenza, si sarà trasformato in partito. Il movimento come pura forma di ebollizione è solo un sintomo di inquietudine, niente di più.
– Non crede che riveli l’esistenza di una maggioranza sociale di sinistra non articolata?
– Non so se di sinistra, ma sicuramente esprime una saturazione. Non so se è solo di sinistra, perchè c’è una grande base proletaria nei movimenti della destra storica. Il fascismo nacque sulla spinta delle classi più svantaggiate.