E’ infuriato Mancini nel dopopartita: il Manchester City, perdendo all’Emirates contro l’Arsenal è scivolato a -8 dal Manchester United e ha visto volatilizzarsi ogni residua speranza di lottare per il titolo. E’ infuriato Mancini, in particolare con un suo giocatore che ne ha combinate di ogni: dopo soli 19 minuti è graziato dall’arbitro, che non vede un’entrataccia col piede a martello, un intervento da rosso diretto; dopo 36 minuti è ammonito per gioco pericoloso per un’inutile mossa in stile kung-fu; dopo 89 minuti riceve il secondo giallo ed è espulso per uno stupido quanto cattivo fallo da dietro. E’ infuriato Mancini. Il giocatore autore di quest’orrenda serie di falli è Mario Balotelli: doveva essere la punta di diamante di uno squadrone allestito per vincere tutto e invece è stato colui che ha messo la parola fine ai sogni di gloria. Ora Balotelli rischia da tre a sei giornate di squalifica, di essere ceduto a fine campionato come simbolo del clamoroso fiasco miliardario del City e, soprattutto, di saltare l’Europeo con la nazionale italiana.
“Balotelli deve cambiare atteggiamento – dice Mancini nel dopopartita – Sono molto dispiaciuto e non ho parole per il suo comportamento. E’ un giocatore fantastico e gli voglio bene come persona, ma deve cambiare altrimenti fra tre anni sarà un calciatore finito”. E sul futuro prossimo del calciatore, l’ex tecnico dell’Inter è categorico: “Ne ho abbastanza. Ci restano sei partite e lui non le giocherà. Tutte le volte rischiamo un’espulsione e di giocare in inferiorità numerica come oggi. Se sarà ceduto? E’ probabile, ma non lo so. Dipende, perché è un giocatore fantastico”. Parole dure come pietre, soprattutto se pronunciate dall’allenatore che lo ha voluto, difeso e protetto contro tutto e tutti. Talento puro, prestanza atletica unita a eccellente abilità tecnica in velocità. Potenziale da fuoriclasse insomma, Balotelli avrebbe (avuto?) tutto il bagaglio necessario per diventare uno dei più forti al mondo. E invece, tra espulsioni, risse coi compagni in allenamento e negli spogliatoi, mancate esultanze dopo i gol, incidenti in macchina, litigi nei ristoranti, visite a strip-club alla vigilia di importanti partite, il ragazzo rischia di perdersi e il giocatore, a soli 21 anni, di avere imboccato un triste e precoce viale del tramonto.
Chi lo conosce, e continua a difenderlo, parla di un’infanzia difficile. Di un ragazzino di colore cresciuto troppo in fretta in un paese razzista che, fin dalle giovanili nel Lumezzane, doveva sempre dimostrare qualcosa in più degli altri. Di un carattere difficile che si è lasciato adulare dai gatti e le volpi che popolano il sottobosco pallonaro. In quest’ottica, molti leggono le sue ultime bizze come un atteggiamento voluto per costringere il Manchester City a lasciarlo partire a fine stagione per la sua destinazione preferita: Milano. In questo senso, le parole del suo procuratore Mino Raiola, excusatio non petita, suonano come un’ammissione di colpevolezza: “E’ vero, a Mario mancano molto l’Italia e il campionato di Serie A, ma non credo che un giocatore che vuole andar via debba fare queste cose. E’ sufficiente sedersi al tavolino del club e chiedere di essere ceduto”.
Chi ha imparato a conoscerlo, e non lo sopporta più, come i quotidiani inglesi, attacca a testa bassa. “Tutta colpa di Balotelli”: il titolo principale del compassato Guardian riassume una sfilza di titoli cubitali e di editoriali che lo condannano senza possibilità di appello. I voti in pagella, dall’uno al tre, non fanno sconti. Già Balotelli era il facile bersaglio dei tabloid per le sue mattate fuori dal campo, tanto che non appena sbarcato in Inghilterra nell’agosto 2010 il Daily Mirror lo ribattezzò “Mad Mario“. Ora lo è anche per le sue pessime prestazioni in campo. Per quell’aria indolente e strafottente che la patria del football non ammette. Tra i mille difetti del calcio inglese una regola fondamentale vige ancora: in campo si sputa sangue. Così in Inghilterra. E in Italia?
Detto che sia Milan che Inter lo prenderebbero subito (un pensierino potrebbe farlo anche il Napoli di De Laurentiis), la palla passa ora a Prandelli. Non convocato da Lippi per la disastrosa spedizione sudafricana, Balotelli è stato chiamato in azzurro per la prima volta da Prandelli, che ne ha fatto il simbolo del nuovo corso azzurro. Il commissario tecnico della nazionale, però, al momento del suo insediamento ha varato un codice etico: niente convocazione per chi è colpevole di comportamenti antisportivi. Per adesso Prandelli glissa: “Valuterò le immagini del fallo da espulsione di Balotelli, se si tratta di fallo di gioco non applicheremo il codice etico”. Ma per tacer degli altri, il primo fallo, quello non punito, è emblema di antisportività. Soprassedere significa rinnegare il codice etico. Lasciare a casa Balotelli significa indebolire fortemente la nazionale. In entrambi i casi Prandelli rischia di sbagliare e di attirarsi gli improperi di un paese di commissari tecnici. Ecco perché prende tempo.