La parabola della famiglia padana, ormai, non è più una curva, ma una linea verticale. Ad accelerare la caduta nel precipizio sono le dichiarazioni dei protagonisti. Specie di Renzo Bossi, significativa punta dell’iceberg quando afferma:
“Non ho mai preso soldi dal partito”
“La mia famiglia non ha mai preso soldi”
”Sono sereno, non ho mai presosoldi dalla Lega, nè in campagna elettorale e neppure adesso da consigliere regionale”
Eppure ci sono il video del suo ex autista, e i pagamenti per il diploma, l’auto, la benzina. Ad esempio.
Il giovane padano si sente anche un uomo retto e nobile, che addirittura dà l’esempio, perché
“Senza che nessuno me l’ha chiesto faccio un passo indietro in questo momento di difficoltà, do l’esempio. Sono sereno, so cosa ho fatto e soprattutto cosa non ho fatto e non sono indagato. In consiglio regionale negli ultimi mesi ci sono stati avvenimenti che hanno visto indagate alcune persone. Io non sono indagato, ma credo sia giusto e opportuno fare un passo indietro per il movimento”.
La base esulta come tanti dirigenti di partito, Maroni incluso, e il Trota forse ha parlato troppo presto. Non ci stupirebbe. E come se non bastasse dagli atti delle inchieste condotte a Milano, Napoli e Reggio Calabria emerge che Renzo Bossi e la sua fidanzata Silvia Baldo” sono stati insieme alla sede della Lega di via Bellerio e si sono portati via i faldoni della casa per timore di controlli”. Insomma, nemmeno il dono del silenzio.
Quei soldi pubblici sottratti alle casse della Lega hanno pagato anche la rinoplastica dell’ultimogenito Eridano Sirio e le multe del primogenito Riccardo. Direte: vabè, si salva Roberto Libertà, l’ultimogenito. Niente affatto. O meglio: non è lambito dall’inchiesta, ma pochi giorni fa è stato condannato per il lancio di un gavettone alla candeggina contro un militante di Rifondazione Comunista.
Eppure, anche i figli padani so’ piezz’ e’ core, e padre Umberto non si risparmia nella difesa del figlio Trota. Certo, ha ammesso di averlo candidato per errore. Però fa quadrato intorno a lui: “Mio figlio Renzo mi ha portato le prove che l’automobile è sua, l’ha pagata lui, di questo sono certo, perché l’ho visto con i miei occhi”. Fu amor di papà anche per il mite Borghezio. Anche se a complicare l’interpretazione ci sono le conclamate difficoltà di salute del Senatùr che fanno vacillare anche il pugno di ferro. “C’è stata indulgenza, – ha detto l’europarlamentare – forse principalmente da parte di papà e questo è umano, ma teniamo conto delle condizioni del Bossi dopo malattia, un uomo solo alle prese con la malattia. E’ stata una debolezza e la sta pagando pesantemente”.
L’indulgenza di Bossi padre è infinita e tocca il suo apice quando giustifica le dimissioni del figliolo: “Erano due-tre mesi che mi diceva che era stufo di stare in Regione”. Si era scocciato, povero.
Addio, famiglia padana.