Vorrei proporre un’iniziativa al direttore di questo sito: una rubrica intitolata L’Ottimista e dedicata ogni giorno a una buona notizia! La crisi catalizza l’attenzione, le paure di catastrofi future bloccano la creatività, le società s’irrigidiscono, le porte si chiudono, le tasche si cuciono proprio nel momento in cui, non avendo certezza del domani, dovremmo cercare le soluzioni più creative, azzardate. Tanto che c’è da perdere?
Vendere l’automobile per pagarsi finalmente quel corso di cinese che da tempo si voleva fare, follia? Chissà: magari l’inizio di una vita più ecologica e di un ricco business con l’estremo oriente…
Eppure l’ottimismo non incontra sempre simpatie: ha qualcosa di thatcheriano, di reaganiano, di sorriso all’americana con troppi denti di quello che ti dice: “I’m feeling lucky, and if you don’t, it’s your fault”. L’ottimismo sa di visione della vita muscolare, dove l’iniziativa personale diventa l’unica salvezza, e chi non ha immaginazione non ha scampo. Il pessimismo è invece spirito critico, è disincanto: è sapere che anche quando ti raccontano che le cose vanno bene, in realtà vanno male…Insomma, l’ottimismo è ingenuo e stupido. Ma dato che nessuno ci racconta più che le cose vanno bene e che quindi non ci vogliono maestri del sospetto per svelare la verità – ossia che le cose vanno malissimo – forse è il momento di credere un po’ più in noi stessi e provare a immaginarci quale mondo migliore siamo capaci di costruire.
Ecco qualche esempio.
Un designer israeliano quarantunenne, padre di famiglia, stufo delle minacce incombenti sul futuro di un possibile bombardamento dell’Iran da parte di Israele, ha cominciato a diffondere su Facebook e su YouTube manifesti con su scritto: “Iranians, We Love You: We Will Never Bomb Your Country”
L’iniziativa ha avuto un enorme successo: i manifesti girano per tutto il mondo, i cittadini iraniani hanno cominciato a rispondere con altrettanti manifesti: “Israelis we love you”. La notizia è stata ripresa dalla Cnn, dai siti più di tendenza americani, insomma, un successo, e una voce che i governanti non potranno ignorare quando dovranno prendere le decisioni cruciali.
Oppure, restiamo in Italia. A Sambuca di Sicilia, meravigliosa cittadina della provincia di Agrigento, esisteva la tradizione nell’Ottocento, per la festa di Santa Maria dell’Udienza, di illuminare l’elegante corso principale di “un’illuminazione fantastica alla Veneziana, con 7800 palloncini e bicchieri di vetro di svariate forme e colori ritirati appositamente dall’antica e premiata fabbrica di Murano”, come recita il manifesto affisso nelle strade nel 1899 per annunciare la festa. Il corso Maggiore si presentava così come “una vasta galleria di un aspetto sorprendente, adorna di 24 archi, 60 candelabri di diverse e bizzarre forme e di una bellissima ed artistica fontana luminosa”. Della tradizione, a poco a poco dimenticata, rimaneva qualche traccia in vecchi magazzini della città: pilastri impilati ricoperti di polvere, vetri rotti, e sempre meno abitanti che ne conservavano un ricordo personale. Così, un gruppo di fieri ed entusiasti sambucesi (così si chiamano gli abitanti di Sambuca) ha lanciato un appello e un gruppo su Facebook: Salviamo l’illuminazione alla Veneziana chiedendo sostegno, materiale, morale, economico etc., per rimettere in sesto questa vecchia gloria della città. E il miracolo è avvenuto. Su Facebook si possono vedere le foto di decine di volontari al lavoro, che hanno ripristinato le vecchie gallerie, soffiato il vetro, rimesso in sesto per la pura gioia di ammirarlo nella loro città, un patrimonio culturale italiano. Quest’anno, a maggio, per la festa della Madonna dell’Udienza, i cittadini e tutti quelli che ne hanno voglia, potranno ammirare questo piccolo gioiello siciliano. Bello, no? Perché non provarci? Perché non provare a crederci e a scegliere un mondo migliore?
Va bene, per oggi ho già trovato due buone notizie. Aspetto suggerimenti e, con un po’ di ottimismo, incoraggiamenti.