Politica

Umberto Bossi, grande semplificatore

Le squallide vicende di questi giorni della Lega Nord e del suo gruppo dirigente ci inducono ad una riflessione amara sull’immeritato successo elettorale di cui questo partito (come molti altri) ha goduto in precedenza.

La società moderna è complessa: gestirne anche i più ovvi servizi è difficile, e richiede grande professionalità e specializzazione. Gli ospedali, le scuole, le università, la giustizia, i trasporti hanno ciascuno problemi, la cui soluzione è costosa per l’erario e rappresenta comunque un compromesso di non facile raggiungimento. I partiti politici, ai quali gli elettori affidano tramite il voto il potere legislativo e delegano il sostegno dell’esecutivo, spesso non sono all’altezza.

Il partito in democrazia viene votato perché propone all’elettore un modello sociale comprensibile e attraente, in pratica perché “convince”. La Lega Nord e il Pdl, in misura minore gli altri partiti, hanno riscoperto una strategia per convincere che era già stata usata in precedenza dal Fascismo e dal Nazional Socialismo: si affidano ad un leader che ha le doti del “grande semplificatore”.

Il grande semplificatore è capace di parlare al popolo in modo comprensibile e, appunto, convincente: di spiegargli in due parole problemi sociali complessi e di trovarne la soluzione. Ma il problema sociale in genere non è semplificabile e la sua soluzione è sgradevole per l’elettore: di solito richiede soldi, cioè tasse. Allora il grande semplificatore crea, inventa: i Leghisti ci hanno detto che all’origine dei problemi della nostra società c’erano gli immigrati e Roma ladrona; Berlusconi invece ci ha detto che c’erano il comunismo e la mancanza di amore/ottimismo/allegria. Entrambi hanno creato programmi elettorali a partire da vecchi pregiudizi e preconcetti.

Se il grande semplificatore riesce nel suo intento, viene votato, ottiene la maggioranza parlamentare e va al governo. Ma il suo programma elettorale non ha alcun potere di risolvere i problemi veri del paese, anzi è intenzionalmente inadeguato e peggiora i problemi che dovrebbe affrontare. A volte il grande semplificatore o un suo sottoposto, grazie anche all’aiuto di giornalisti compiacenti, ha una ulteriore trovata che gli guadagna qualche consenso anche di fronte alla sua manifesta inadeguatezza al ruolo istituzionale che ricopre. Ad esempio l’ex ministro Brunetta era riuscito a convincere almeno qualcuno del fatto che l’inadeguatezza dei servizi pubblici era dovuta al personale che ci lavora e non alle decisioni politiche, nella fattispecie al taglio delle risorse, operato dal suo governo. Ma in generale il grande semplificatore, prima o poi è condannato all’insuccesso perché la grande semplificazione è un imbroglio che non può restare sempre nascosto.

Non ci stupisce affatto che il gruppo dirigente della Lega Nord sia indagato per malversazioni economiche fatte con denaro pubblico, se ne era avuto già sentore. D’altra parte cosa ci si poteva aspettare da un partito che si è fatto una bandiera e un programma dei pregiudizi e dei preconcetti di una fascia minoritaria dell’elettorato? Che non ha avuto vergogna di cavalcare e sdoganare un razzismo in precedenza latente? Ad un certo punto però bisognerà lasciar perdere questi grandi semplificatori, anziché premiarli col voto, e affrontare i problemi del paese per quello che sono, senza scorciatoie e semplificazioni, pagando i costi necessari.