Con le dimissioni di Umberto Bossi da segretario della Lega finisce un’epoca. E una speranza.
La Lega è un prodotto del più grande sconvolgimento avvenuto in Europa nel dopoguerra, il tracollo dell’Unione sovietica, che portò alla fine di un Impero, alla liberazione dei ‘Paesi satelliti’, delle Repubbliche baltiche, alla riunificazione della Germania, alla disgregazione della Jugoslavia. Più modestamente in Italia molti elettori che per decenni avevano votato, turandosi il naso, per la Dc, il Psi, il pentapartito, scomparso il pericolo comunista, rivolsero la loro attenzione a questo movimento strano e nuovo, nel linguaggio, nei contenuti, nei programmi e nella dichiarata intenzione di dare battaglia alla partitocrazia, alle sue pratiche clientelari e lottizzatrici, alla sua corruzione di sistema.
Contro la Lega i partiti, le tv, i giornali (tutti, perché tutti erano compromessi con la Prima Repubblica) organizzarono un fuoco di sbarramento quale non si era visto nemmeno all’epoca delle Brigate Rosse. Ma il movimento di Bossi riuscì a resistere. Dopo vent’anni di consociativismo era nata finalmente una forza di opposizione. Ciò permise alla magistratura di avviare le inchieste sull’endemica corruzione dei partiti. Crollava così la Prima Repubblica.
Ma alle elezioni del 1994 si assistette a un fatto strabiliante. Bossi aveva scosso l’albero, ma i frutti li aveva colti Berlusconi, il principale sodale economico di colui che era ritenuto l’emblema stesso della corruzione della Prima Repubblica, Bettino Craxi. Fiutato il pericolo, Bossi nel 1995 col suo più bel discorso tenuto in Parlamento, fece cadere, dopo solo un anno, il primo governo Berlusconi. E si mise con le sinistre. Ma in breve queste lo regalarono di nuovo a Berlusconi, per insipienza (la sola cosa intelligente che D’Alema ha detto in vita sua è: “La Lega è una costola della sinistra”. Bossi è sempre stato un uomo di sinistra, lui stesso me lo confessò, una notte, davanti alla solita pizza).
L’alleanza duratura con Berlusconi fu l’inizio della fine della Lega. Perse tutti i suoi connotati fondanti. Era un movimento che puntava sull’identità e si alleava con uno che viveva nell’etere. Era un movimento localista e quindi, in sé, antiglobalizzazione e si alleava con un globalizzatore assatanato. Era un movimento antiamericano e si alleava con uno più americano degli americani. Le sue fortune erano andate di pari passo con le inchieste giudiziarie e dovette allinearsi con la devastante campagna di delegittimazione della magistratura condotta da Berlusconi e dai suoi. Berlusconi è stato il primo assassino di Bossi. Il resto l’ha fatto il sistema dei partiti.
La melanconica parabola della Lega dimostra che non si può entrare in questo sistema senza assumerne i connotati. La prima Lega era partita lancia in resta contro la lottizzazione, soprattutto in Rai e ha finito per lottizzare come tutti. Aveva fatto della lotta alla corruzione la sua bandiera e si è corrotta. Adesso la meschina soddisfazione dei partiti e dei loro reggicoda (“Vedete, anche la Lega è come tutti gli altri, è come noi”) è del tipo di quella del marito che, per far dispetto alla moglie, si taglia i coglioni. Il collasso della Lega fa crollare definitivamente la credibilità della forma-partito, già ai minimi termini, e mette anche in serio dubbio la validità della stessa democrazia, almeno così come si è realizzata in Italia.
Infine, due parole su Bossi. Considero Umberto Bossi l’unico, vero, uomo politico comparso sulla scena negli ultimi vent’anni, il solo animato da un’autentica, disinteressata, passione che ha finito per pagare con la salute. E in quest’ora della sua fine politica voglio dirgli, con rispetto, con ammirazione e con affetto: grazie Umberto.
Il Fatto Quotidiano, 7 Aprile 2012