Si è chiusa tra euforia e delusione la serata dell’orgoglio leghista andata in scena negli spazi della fiera Bergamo. Qualche migliaio di militanti (più di 10mila secondo gli organizzatori, circa tremila secondo stime più realistiche) ha assistito al comizio di Roberto Maroni e Umberto Bossi, due leader sulla via della successione alla guida del partito. Uno pervaso dalla voglia di cavalcare l’onda lunga che lo ha portato sul tetto del Carroccio, l’altro apparso stanco e arrancante.
Euforia per chi si aspettava una piccola Pontida, con i soliti cori da stadio, gli inni cantati con la mano sul petto e quella soddisfazione un po’ perfida di farla pagare all’avversario (e allora giù slogan irriverenti nei confronti di Marco Reguzzoni, Rosi Mauro, Francesco Belsito, Monica Rizzi, Renzo Bossi e compagni). Al contrario è stata una delusione per chi credeva in una lucida presa di coscienza da parte di Bossi. A microfoni rigorosamente spenti si raccoglie infatti tutta l’amarezza tra i militanti dello zoccolo duro maroniano: “Non capiamo se Bossi abbia capito o se sia ancora sotto l’influenza di qualcuno che lo guida e gli dice a cosa pensare”, o ancora: “Questa serata, va metabolizzata. Certamente non possiamo esprimere una valutazione totalmente positiva”.
Insomma, c’è chi si aspettava di più, non tanto da Maroni, che ha detto tutto quanto avesse facoltà di dire, quanto da un Umberto Bossi, mai così spaesato, mai così giù di tono. Per la prima volta il Capo si è trovato faccia a faccia con un popolo che non sentiva più suo. Una platea capace sì di incitarlo con dei vigorosi “Bossi, Bossi”, ma capace anche di far sentire tutto il proprio disappunto davanti al tentativo del Senatùr di spiegare, se non di giustificare, le cattive condotte di una parte dei dirigenti del partito.
Ad assistere alla serata anche uno spumeggiante Luca Zaia, che ha seguito il discorso di Roberto Maroni in mezzo al popolo leghista, concedendo qualche considerazione sulla Lega e sul suo futuro del movimento: “Adesso la Lega decolla – ha detto sicuro di sé -, una cosa così, con una sala piena di gente e l’uscita dell’autostrada intasata non la organizzi se non sei un movimento più che solido. Adesso si fa quello che si deve fare e dopo si riparte meglio di prima”. Se gli si chiede della faccenda della segreteria federale, non ha dubbi nel rispondere che: “Certo, i veneti vogliono che il loro contributo abbia un peso nel partito, ma io non ho nessuna velleità di mettermi in competizione sulla partita del segretario federale, assolutamente”.
A Bergamo c’era anche Manuela Dal Lago, la più bossiana dei triumviri a cui è stata affidata la guida temporanea del Carroccio dopo le dimissioni di Bossi. A margine della manifestazione ha chiesto cautela e rispetto delle regole per il caso di Rosi Mauro: “C’è un consiglio federale giovedì e prenderemo delle decisioni. La Lega non fa giustizialismo e non fa vendette. Fare pulizia è una cosa, il giustizialismo e le vendette sono un’altra cosa”.
Meno diplomatico Matteo Salvini, che sposa in pieno la politica della ramazza, ammiccando alla base più forcaiola: “Rosy Mauro dovrebbe avere la dignità di fare un passo indietro. Se non lo farà qualcuno glielo farà fare” e poi ha aggiunto: “Noi vogliamo soprattutto pulizia e trasparenza e chi non è in grado di garantirli esce dalla Lega”. Interrogato sul difficile momento del partito, il presidente della regione Piemonte Roberto Cota si è limitato a puntualizzare che “la Lega sta già rispondendo con grande chiarezza e la dimostrazione migliore è questa serata”.
All’orgoglio leghista di Bergamo anche il neosegretario amministrativo, Stefano Stefani, che ha esposto il suo punto di vista sull’operazione di pulizia intrapresa nella Lega: “Per prima cosa si deve controllare tutto e poi si deve cacciare via qualcuno se c’è da cacciare”. Assieme a lui anche il segretario della Liga Veneta, Gian Paolo Gobbo, che ha parlato di “un segnale di unità” dalla serata di Bergamo.
Ha fatto capolino all’evento bergamasco anche l’eurodeputato Mario Borghezio, che ha sottolineato la valenza positiva del gesto di Bossi nella direzione dell’unità del movimento. Come lui anche l’eurodeputato Francesco Speroni (suocero dell’onorevole Marco Reguzzoni, uno dei principali esponenti del Cerchio magico), che ha cercato punti di contatto con il discorso di Maroni, dicendosi concorde sulla necessità di ritrovare l’unità del partito dopo le doverose verifiche da compiere.