Il bimbo disabile cui è stata negata la comunione potrebbe ricevere alla fine il sacramento. Lo annuncia la diocesi di Ferrara per bocca del suo vicario, Antonio Grandini. Lo stesso monsignore che il giorno prima sembrava quasi giustificare l’operato del parroco di Porto Garibaldi, don Piergiorgio Zaghi, facendo leva sull’incapacità di intendere e volere del piccolo di dieci anni affetto da gravi problemi psichici e quindi “non in grado di distinguere tra un pezzo di pane e un’ostia” .
Ora la versione ufficiale della curia estense ripiega sul fatto che “in questo momento è impossibile ricevere l’eucaristia”, perché il bambino rifiuterebbe la particola: “Adesso la rigurgita, cosa facciamo? Gliela ridiamo da mangiare ancora? C’è bisogno di un percorso di accompagnamento”. Percorso che “il parroco è sempre stato disposto a seguire con lui, in collaborazione con le catechiste e le insegnanti di sostegno. Ma bisogna considerare che questo bambino ha frequentato un solo mese di catechismo, era sempre ammalato”.
Insomma, il sacerdote “non ha mai negato la comunione” e “se a maggio il bimbo smetterà di rifiutare la particola, si vedrà”. Problema chiuso per la diocesi di Ferrara che di fronte a un caso scoppiato ormai a livello nazionale assicura che “la possibilità di somministrare l’eucaristia al piccolo l’abbiamo sempre concepita, fin dall’inizio”.
Un caso che forse doveva rimanere confinato nell’ambito della parrocchia. Ma “i genitori sono ‘partiti in quarta’ – prosegue monsignor Grandini -. Noi restiamo disponibili al confronto”. E invece sembra lontanissima dal voler far polemiche la mamma del bambino, che all’agenzia Agi confida la speranza “di un ripensamento”, affinché “mio figlio possa fare la comunione con tutti i suoi compagni, che hanno dimostrato di tenerci: anche loro hanno insistito perché facesse la comunione con loro, sono stati tutti molto solidali con noi”.
“Il fatto che poi non possa capire il mistero del sacramento dell’Eucarestia mi sembra che anche un bimbo di 10 anni ‘normale’ non possa comprenderlo fino in fondo” prosegue la donna, che assieme al marito si sarebbe anche rivolta a un legale per portare il caso davanti alla Corte Europea dei diritti dell’uomo.
A confermare la delicatezza del caso – non solo dal punto di vista canonico – è anche il fatto che a Comacchio, il comune di cui Porto Garibaldi è frazione, quasi nessuna voce politica si sia alzata a commentare la vicenda. Nel paese lagunare tra un mese si va al voto per rinnovare l’amministrazione comunale ed evidentemente il timore di toccare la sensibilità dell’elettorato cattolico è forte. Fa eccezione alla batteria di bocche cucite Rifondazione comunista (alleata con Pdci, Sel e Idv), che chiede alla comunità cattolica di “stigmatizzare con nettezza un atto discriminatorio grave e offensivo”. Al clero invece la richiesta di “porre rimedio attraverso scuse ufficiali e permettendo al ragazzo di ricevere al più presto il sacramento”.
“Per fortuna esistono anche i parroci – aggiunge Rifondazione – che non temono la vicinanza e l’accettazione della diversità e che svolgono una vera funzione sociale e culturale di crescita per i nostri giovani. E forse don Zaghi farebbe bene a visitare la comunità di San Benedetto al Porto e don Andrea Gallo”, che proprio al Fatto Quotidiano.it ha parlato di “sconfitta della Chiesa.