Nonostante il baratro del fallimento sia sempre dietro l’angolo, il parlamento greco è riuscito ad approvare un finanziamento di 29 milioni di euro ai cinque maggiori partiti impegnati nella campagna elettorale per le elezioni nazionali del prossimo 6 maggio. Una scelta a dir poco “discutibile” visto lo stato non solo delle casse del Paese, praticamente vuote, ma soprattutto delle condizioni della popolazione greca, colpita da licenziamenti, tagli a stipendi e pensioni e aumenti vertiginosi del costo della vita. Ma si sa, la politica costa.
Su 300 deputati (tanti se si pensa che i greci sono poco più di 11 milioni), 155 hanno votato a favore e 56 contro. Gli altri non erano nemmeno in aula. Insomma, una bella maggioranza che vedrà cinque partiti (il socialista Pasok, il conservatore Nuova democrazia, il partito comunista Kke, la Coalizione della Sinistra radicale Syriza e l’Unione popolare ortodossa) aggiudicarsi la bellezza di 29 milioni di euro per le imminenti spese elettorali. Una cifra irriverente se si pensa che la Grecia non ha nemmeno i soldi per pagare i dipendenti pubblici che saranno tagliati del 22 per cento entro il 2015 (150 mila licenziamenti), la disoccupazione galoppante (dal 7,7% del 2008 al 17% del 2011, e le previsioni del Fondo monetario internazionale indicano che salirà al 19,5% nel 2013), l’età pensionabile a 65 anni anche per le donne, le nuove tasse introdotte dal governo e l’Iva al 23 per cento.
A calmare gli animi ci ha provato il ministro degli Interni Tassos Yiannitsis, che ha detto che i soldi saranno usati “per pagare i dipendenti non retribuiti, i debiti, e quanto dovuto all’Ika, il principale fondo di sicurezza greco”. Ma non ci credono nemmeno alcuni deputati, come Anna Dalara, precedente ministro al lavoro del Pasok, che ha votato contro perché “è evidente che i partiti dovrebbero ridurre drasticamente i loro finanziamenti pubblici vista la situazione economica senza precedenti”. Anche Yiannis Ragousis, ministro ombra della difesa e sempre in quota Pasok, non se l’è sentita di votare a favore del finanziamento, attirandosi così le ire del suo leader, Evangelos Venizelos, appena eletto a capo del partito socialista, che lo ha minacciato di toglierlo dalle liste elettorali. Gli unici partiti apertamente contro questo finanziamento sono quelli più piccoli, che guarda caso non beneficeranno dei soldi pubblici.
A Bruxelles la notizia non è stata accolta con favore. Il più arrabbiato di tutti è stato Guy Verhofstadt, leader del gruppo dei liberali e democratici al Parlamento europeo, che ha scritto addirittura al presidente della Commissione europea José Barroso una lettera tutta ferro e fuoco. “Il costo della politica in Grecia è uno scandalo. Il finanziamento dei partiti greci è tra i più alti in Europa. Questi in teoria dovrebbero servire i propri cittadini e non strizzarne via i soldi”, si legge. “Pasok e Nuova Democrazia sono responsabili per tutti i problemi strutturali della Grecia, e come sanguisughe si stanno appropriando di milioni di euro pagati dai contribuenti”.
Inutile ricordare che proprio la Grecia ha ricevuto ben due tranche di aiuti internazionali dalla cosiddetta ‘Troika’, composta da Ue, Bce e Fmi, per un totale di 240 miliardi di euro (110 lo scorso luglio e altri 130 in questi mesi stanziati in modo graduale). E, come se non bastasse, la paura che nemmeno questo possa bastare a salvare la nave Grecia dal naufragio sta prendendo sempre più piede. Economisti e funzionari a Bruxelles parlano da settimane dell’inevitabilità di un terzo bailout o di un abbonamento fisso di Atene al nuovo fondo salva Stati Ems che entrerà in vigore il prossimo luglio. Ma per il momento le certezze restano due: i partiti greci si aggiudicano 29 milioni di euro. E il 6 maggio si va a votare.