La Dia di Reggio Calabria ricostruisce la vicenda degli investimenti del Carroccio. Giulio Tremonti avrebbe dato il via libera per il trasferimento dei fondi, di cui la rete di Roberto Maroni era a conoscenza. L'ex ministro dell'Economia smentisce
La citazione di Tremonti – E a poco servono le rassicurazioni che avrebbe dato, stando al racconto di Bonet, un vecchio amico della Lega, l’ex superministro Giulio Tremonti, che avrebbe incontrato Belsito nell’agosto del 2011. L’ex Tesoriere della Lega avrebbe detto a Bonet che c’è poco da preoccuparsi per i soldi trasferiti all’estero . E Bossi, sempre secondo questa ricostruzione, era d’accordo con lui, perché la Lega doveva diversificare gli investimenti. Che si trattasse di soldi pubblici, contava poco, perché la Lega “dei risparmi può fare quello che vuole, e se loro non credono nell’euro non vede dove sia il problema, anche in virtù del fatto che fra due mesi l’euro sarebbe saltato”. Nella tarda serata di ieri Tremonti ha smentito tutto con una nota alle agenzie: “Solo dai giornali ho avuto notizia delle operazioni tanzanesche che sarebbero state organizzate dal signor Belsito Francesco . Non ho mai formulato commenti a riguardo, non avendone titolo. Mi riservo ha concluso di querelare il nominato in oggetto”.
A saltare, invece dell’euro, sono i nervi dell’allegra combriccola, prima unita dal sistema di interessi che ruotava intorno a Francesco Belsito, poi divisa dal crollo della piramide e in preda alla sindrome del “si salvi chi può”. Una lotta non solo interna al gruppo, ma anche dentro la Lega. Da una parte il cerchio magico, dall’altra i maroniani. Tutto ricostruito nell’inchiesta del pm della Direzione antimafia di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo.
“Tutti uomini suoi” – Chi manovra contro Belsito e il “cerchio magico”? “Baffetto”, vale a dire Roberto Maroni, l’uomo che punta al vertice della Lega. Ne sono certi Romolo Girardelli e il suo interlocutore Lombardelli in una telefonata contenuta nel dossier che la Dia di Reggio ha consegnato ai magistrati. “Il 23 ci sarà il Consiglio federale, ha organizzato tutto Baffetto perché vuole vedere tutto in fondo. Si sono divisi la torta e sapevano già venti giorni prima che sarebbe stato sferrato l’attacco e per questo erano pronti a difendersi e il Baffetto ha messo tutti uomini suoi, lui è stato in un posto chiave (il Viminale, ndr) per quattro anni”. E allora i due si dicono d’accordo sul fatto che “conviene chiamare il Baffo per dargli gli elementi per affondare Belsito”. E allora è guerra di dossier, girandola di incontri. Il primo tra l’imprenditore Bonet e Maroni lo organizza Lubiana Restaini, una impiegata della Camera molto vicina all’ex ministro dell’Interno. “Vedrai, riuscirò a riabilitarti ai loro occhi”. Loro sono Maroni, Giorgetti e Calderoli.
“Spingere su Formigoni” – Il summit viene fissato per il 27-28 gennaio in una villa di Varese. La donna rassicura l’imprenditore veneto. “Ormai la linea della Lega è tutta in mano a Maroni, cambierà il capogruppo della Lega e sarà un maroniano, e anche Zaia è passato sotto la sua corrente. Stiamo spingendo su Formigoni che ci aprirà tutta la Lombardia”. La mia disponibilità è totale, è la risposta di Bonet. Un uomo terrorizzato che comincia a intuire cosa c’è dietro la fuga di notizie sui 5 milioni e 700 mila della Lega che Belsito ha investito a Cipro e in Tanzania.
L’ammiraglio – Tutti vogliono parlare con “Baffetto-Maroni”: anche Romolo Girardelli, “l’ammiraglio”, ritenuto dalla Procura antimafia di Reggio Calabria, uno dei referenti della cosca De Stefano al Nord. In una telefonata del 27 gennaio informa il suo sodale Bonet che presto incontrerà Maroni, Castelli e Calderoli. Ma cosa spaventava il gruppo, tanto da indurre Stefano Bonet a scrivere un memoriale-dossier da inviare addirittura in Vaticano, per “evitare problemi con la Santa Sede qualora qualcuno gli avesse richiesto delle spiegazioni nella vicenda Belsito e i soldi della Lega”? La pubblicazione dei primi articoli sullo scandalo dei fondi esteri. Il primo è del Secolo XIX e viene pubblicato l’ 8 gennaio. C’è tutto sui soldi transitati a Cipro e diretti in Tanzania, tutto particolareggiato.
Talpe maroniane? – Il sospetto che Belsito scarica addosso all’intimorito Bonet è che sia tutta opera di “talpe” leghiste legate a Maroni che passano veline ai giornali. È iniziata la guerra.
“Hai preso gli orologi” – Girardelli litiga ferocemente con Belsito. “Ti ha regalato gli orologi e non me ne hai dato neanche mezzo a me … e i soldi che ti sei pigliato da shampato (Bonet, ndr) per i cazzi tuoi …”. Quanto basta per iniziare una campagna per “distruggere” Belsito. L’ 8 gennaio Girardelli parla con un amico che è pronto “a dare ai giornali nuovi elementi su Belsito”.
Castelli e i telefoni – Ma bisogna stare attenti ai telefoni e alle cose che si dicono. Stefano Bonet lo avverte del rischio che i telefoni siano intercettati. “Me lo ha detto il senatore Castelli” (ex ministro della Giustizia, ndr). Bonet & compagnia hanno la certezza che la parabola politica di Belsito, di Bossi e del suo cerchio magico è alla fine.
“Vuole un altro partito” – Il 16 gennaio Belsito commenta una drammatica riunione del Consiglio federale della Lega. “Il capo (Bossi, ndr) si vuole dimettere, vuole fare un altro partito. Ora sta parlando calderoli…la Lega senza Bossi viene giù e anche quell’altro (maroni, ndr) se lo rpende nel culo.”. Il potente tesoriere sa che le cose stanno cambiando . “fanno fuori il cerchio ma a me mi tengono, il problema sono i giornalisti, sono scatenati. Chiamano quelli del Fatto, di Repubblica”. Cominciano a uscire notizie e una interrogazione parlamentare del Pd collega la scoperta di fondi esteri della Lega in Tanzania alla vendita di due pattugliatori d’altura realizzati da Fincantieri, società della quale Belsito è stato vicepresidente. E altre notizie possono venir fuori e sommergere Bossi e la Lega sotto una montagna di fango. L’acquisto di appartamenti e locali commerciali a Milano per la Bossi family, investimenti in Argentina. “La verità – dice Stefano Bonet in un momento di sconforto – è che Belsito ci ha usato al limite del riciclaggio”.
di Enrico Fierro e Lucio Musolino, da Il Fatto quotidiano del 12 aprile 2012 articolo modificato da redazioneweb
Aggiornamento del 19 dicembre 2022
Il gip presso il Tribunale di Reggio Calabria ed il gip presso il Tribunale di Genova, a cui il procedimento era stato trasmesso dal Tribunale di Milano per ragioni di competenza territoriale, hanno disposto l’archiviazione di tutte le accuse originariamente formulate nei confronti di Bruno Mafrici e a cui fa riferimento il presente articolo.